Ancora una volta i militari della Croce Rossa Italiana sono stati colpiti da gravi malattie (alcuni di essi sono già deceduti), a seguito del probabile impiego in territorio estero in zone ad alto rischio.
Nel corso di una serie di collaborazioni ci siamo continuamente scambiati delle impressioni con la Sig.ra Sandra Zacaglioni – Presidente dell’Associazione Nazionale Cremona – che presiede questa Associazione patriottica, apolitica, apartitica che tra i suoi obbiettivi statutari si pone da sempre l’obbiettivo della tutela degli interessi materiali e morali dei militari iscritti e delle loro famiglie.
In questo contesto, nell’ambito di alcune considerazioni, vogliamo portarvi a conoscenza di una serie di rischi che corrono i militari nelle loro attività istituzionali i quali, con la loro “specificità”, non hanno similitudine con il lavoro – pur encomiabile – svolto da tutti gli altri dipendenti dello Stato che svolgono mansioni di tipo amministrativo o burocratico.
Nel corso della conclusione di missioni in nazioni estere abbiamo spesso sentito parlare di molte malattie imputabili ad esposizione di sostanze tossiche che hanno interessato militari di varie forze armate appartenenti a molteplici contingenti multinazionali impiegati in teatri di guerra, ma solo ora si inizia a dare rilevanza anche a numeri statistici che divengono importanti.
Il caso “sindrome dei Balcani” è emblematico; scoppia in tutta la sua drammaticità all’incirca 14 anni fa. In silenzio cominciano ad ammalarsi o a morire di cancro i militari italiani di ritorno dalle missioni nei paesi della ex jugoslavia e in altre aree che si prospettano ad alto rischio.
La domanda sorge spontanea. Come si sono verificate questa serie di casi che drammaticamente si moltiplicano?
Presto detto. Le cause sarebbero da imputare ai bombardamenti che la coalizione della NATO ha effettuato dal 1995 al 1999 in Bosnia, Erzegovina, Serbia e Kosovo, particolarmente in zone dove risultano essere stati usati proiettili con uranio impoverito.
L’uranio impoverito (Depletet Uranium) é un elemento che deriva dal materiale di scarto delle centrali nucleari e viene usato, per fini bellici, in relazione alle sue alte capacità di perforazione di corazze o protezioni varie, comportando anche il vantaggio di uno smaltimento a “costo zero”.
In breve quando un proiettile con testa all’uranio impoverito colpisce un bunker, un carro armato o un altro obbiettivo da distruggere, la penetrazione avviene sulle lamiere o sul calcestruzzo senza che venga incontrata nessuna resistenza, come se una lama fosse affondata nel burro. A seguito dell’esplosione, a cui sono seguite altissime temperature, vengono rilasciate nelle immediate vicinanze dell’obbiettivo delle nano particelle di materiali pesanti. Questi sub composti, penetrando nell’ambiente, entrano in modo subdolo ed invisibile anche nel ciclo della catena alimentare contaminando acqua, terreni e animali, in un circolo continuo e perverso.
Diverse perizie medico-legali attestano che nei tessuti neoplastici dei militari sono state trovate molte nano particelle, estranee al tessuto biologico, che testimoniano un contigua esposizione dovuta ad una contaminazione ambientale.
Tra i molti militari delle nostre Forze Armate che si sono ammalati anche quelli del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana hanno pagato un caro prezzo. In quelle aree a rischio si trovavano ad operare di scorta ai convogli umanitari o chiamati a svolgere attività umanitaria nei confronti della popolazioni inermi, portando aiuti e soccorsi nelle stesse zone contaminate che hanno interessato svariate missioni internazionali (Iraq, Kosovo, Balcani, ecc.).
Un tributo in termini di vite umane visto che negli ultimi 10 anni sono deceduti, per neoplasie riconducibili molto probabilmente alle missioni all’estero, una decina di militari della Cri, e che altri risultano ammalati anche in forma grave.
Vi è stato per alcuni un riconoscimento ufficiale come “vittime del dovere” e, calcolando un contingente operativo non ampio qual’è l’organico del Corpo Militare della Cri, sotto l’aspetto epidemiologico si deve prendere atto che un’alta percentuale di militari della Cri ne sono stati colpiti.
Nel proseguo questa lista potrebbe essere purtroppo incrementata in quanto è stato statisticamente dimostrato che queste neoplasie iniziano a falcidiare vite umane dopo un “periodo finestra” della durata di 7 – 8 anni dagli eventi bellici.
In ultimo la beffa. E’ probabile che questi militari vengano congedati a seguito di una smilitarizzazione che ha previsto una riforma, da parte di burocrati, di un Ente prestigioso qual’é la Croce Rossa Italiana.
F.F.
foto: lanotiziagiornale.it
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