Non è un periodo felice per i dittatori nel mondo. Dopo la morte di Saddam e Gheddafi, le rivolte in Siria contro il regime di Bashar al-Asad e la perdita del potere da parte di Moubarak in Egitto, sabato scorso il capo di Stato Nord Coreano Kim Jong-il è morto.
L’annuncio del decesso è stato dato prima dall’agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang, la Kcna, e poi dalla televisione di Stato da un’annunciatrice vestita di nero che è scoppiata a piangere in diretta. Sono state numerose le scene di disperazione di massa alla notizia del decesso. Di queste, non sappiamo quante sono state veritiere, considerato anche l’elevato numero di militari spiegati per controllare la popolazione.
Il “caro leader”, così era chiamato dai suoi sostenitori, è stato colpito da un infarto durante un viaggio in treno. Gli succederà il terzogenito 28enne Kim Jong-un, dall’anno scorso promosso generale e asceso ai vertici del Partito Comunista, pur non avendo mai partecipato alla vita pubblica del Paese. Il successore di Kim Jong-il, che ha studiato a Berna ma non ha ricevuto nessuna influenza occidentale come voleva il regime, avrà il compito di allestire i solenni funerali di Stato, che si terranno il 28 dicembre prossimo a Pyongyang senza la presenza di nessuna delegazione straniera. Il lutto nazionale è stato proclamato retroattivamente dal 17 dicembre al 29 del mese.
Il futuro capo di Stato sembra non avere il carisma del vecchio “caro leader”, che aveva creato un vero culto sulla sua persona, al pari di Stalin in Russia.
La morte del dittatore apre scenari pericolosi. Giappone e Corea del Sud hanno contattato i loro alleati, Cina e Stati Uniti, per tenere sotto controllo la situazione. Il confine fra le due Coree è sempre stato un territorio tormentato da sporadiche scaramucce ed ora, con la morte di Kim Jong, si teme che la Corea del Nord, che non ha mai nascosto di perseguire un programma nucleare a scopo militare, possa iniziare una guerra.
Matteo Testa
foto : ilsussidiario.net
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