Il terzo “incontro ravvicinato” della Festa del Cinema di Roma è stato con il premio Oscar, Paolo Sorrentino (La grande Bellezza, 2014), che ha svelato la sua idea di cinema mostrando cinque scene cult di cinque film tra i suoi preferiti, più un episodio del film “Rio eu te amo”, progetto al quale ha partecipato insieme ad altri nove registi di tutto il mondo.
“Lucky” è un cortometraggio girato a Rio de Janeiro in due giorni che racconta la storia di una coppia, un ottantenne e una trentenne, in cui si ribalta il cliché per il quale è lei a desiderare la morte del marito, e “secondo me – dice il regista – è molto vero, è difficile stare dietro a una moglie giovane e bella”. Arrivato un po’ in ritardo, a causa della partita del Napoli, ad aspettarlo sul palco della Sala Sinopoli dell’Auditorium c’era il direttore artistico della manifestazione, Antonio Monda, in camicia rossa e atteggiamento amichevole e salottiero, con una sala gremita di giornalisti e del pubblico, che ha pagato il biglietto e atteso in fila per oltre un’ora.
“Ho fatto finta che non mi piacessero Fellini, Coen e Scorsese, e ho scelto registi di cui non parlo mai”. Così il regista introduce la prima delle cinque sequenze analizzate che è “The Ice Storm” di Ang Lee. Un bellissimo film del 1997 che gli ha insegnato molto sulla sceneggiatura e che è stato in grado di coniugare, sempre secondo il regista, il bello e il vero cosa che “per i registi degli anni novanta, viene considerato un sacrilegio”. ” Da spettatore mi piacciono i film che parlano dei pericoli della famiglia”. Il secondo estratto è da “La notte” (1961) di Antonioni che “insieme a Bertolucci e a Fellini, sono gli unici in grado di girare qualsiasi cosa con una maestria pari a nessuno”. Inoltre, prosegue il regista, “ne La notte, più che nella Dolce Vita è evidente la disagevole condizione di stare al mondo”.
La scena in cui Tom Hanks spara a Paul Newman in “Road to perdition” (2002) di Sam Mendes, potrebbe, secondo Sorrentino tranquillamente far saltare due, tre anni di corso a uno studente di cinema perché riassume le regole di come si fa un film. E’ perfettamente recitato, perfetta la musica, la pioggia, la luce, e l’epica. “Un film vero, con il massimo dell’artefatto”. E’ come dovrebbe essere il cinema, verosimile. Il quarto film è “A Straight Story” (1999) di David Lynch scelto dal regista perché “è il più spirituale degli ultimi vent’anni e perché parla della forza sottovalutata delle cose insensate”. Si chiude con ” Mars Attack” (1996) di Tim Burton. La scena è quella in cui l’aliena entra nella Casa Bianca.
“E’ una delle scene più erotiche che abbia mai visto e poi non ho mai capito, appena incontro Tim Burton glielo chiederò, come fa a muoversi l’aliena se su dei pattini o uno skate”. Alla domanda provocatoria di Monda: “Ti piace sempre Burton?”, il regista napoletano risponde con un secco: “Si”. Prima di congedare Sorrentino, Monda lo omaggia con una scena tra le più belle della sua filmografia: la passeggiata di Andreotti (Toni Servillo) all’alba, su via del Corso. “Il senatore faceva davvero quella strada a piedi?”. ” No, quando gli ho chiesto come si muovesse, mi ha raccontato una cosa che non mi piaceva”.
di Patrizia Angona
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