Il Vangelo proposto in questa domenica (Mt 22, 34-40) ci comunica con particolare chiarezza che tutta la Legge Divina si riassume nell’esercizio dell’amore.
Nella pagina evangelica si narra di un dottore della Legge che si avvicina a Gesù e gli chiede: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” Come già accaduto altre volte, Gesù deve rispondere ad un’altra domanda provocatoria, insidiosa e che rivela fondamentalmente una preoccupazione comune a tutti i Giudei, quella cioè, di non riuscire a trovare una formula adeguata capace di unificare le varie espressioni della volontà di Dio. Una domanda non semplice, se si considera che l’antico Israele doveva osservare 613 precetti, scaturiti tutti dalle interpretazioni della Legge mosaica.
Come scegliere, dunque, tra i tanti comandi quello più grande? Gesù, risolve l’enigma e con semplicità risponde: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento”. Dalle labbra del Maestro si ode lo Shemà Israel, la preghiera che il pio ebreo recita più volte al giorno, i cui versi esprimono l’amore totale e completo che l’uomo deve nutrire nei confronti di Dio. Dopo aver risposto, Gesù aggiunge qualcosa che non era stato chiesto dal dottore della Legge, e cioè: “Il secondo comandamento poi è simile a quello: amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Il Maestro, quindi, – ed ecco l’aspetto sorprendente – stabilisce una somiglianza tra il primo e il secondo comandamento; i due precetti, considerati inscindibili, sono il ‘principio cardine’ sul quale poggia tutta la Sacra Scrittura: “Da questi due comandamenti – afferma Gesù – dipendono tutta la Legge e i Profeti”. Il Vangelo odierno illumina sia “l’essere” che “l’agire” di tutti i discepoli di Cristo. Seguire il Maestro significa, infatti, mettere in pratica i suoi insegnamenti attraverso l’esercizio dell’amore.
Anche la prima lettura (Es 22, 20-26) insiste sul grande principio dell’amore da mettere in pratica nei confronti del forestiero, dell’orfano, della vedova, dell’indigente e di tutti coloro che non possono difendersi attraverso la collaborazione, il rispetto ed il reciproco aiuto. La seconda lettura (1Ts 1, 5-10), allo stesso modo, ci offre uno spaccato di vita riguardante una primitiva comunità cristiana, quella di Tessalonica, ai cui membri S. Paolo insegna come amare. Anche all’interno di questa piccola Chiesa tessalonicese, fondata, tra l’altro, dall’Apostolo stesso, non mancano i dispiaceri e le difficoltà; tuttavia tra quei credenti trionfa sempre l’amore perché essi sono in grado di mettere in pratica gli insegnamenti del Maestro, ricevuti dall’ascolto della predicazione di Paolo. Da questa suggestiva immagine ricaviamo un grande insegnamento, quello cioè, di far nascere il nostro amore per il prossimo dall’ascolto docile della Parola di Dio. Diventa importante, allora, “ascoltare” la Parola, ma soprattutto “incarnarla quotidianamente” nella vita di fede, prima personale e poi comunitaria.
L’amore per il prossimo, dunque, nasce dall’ascolto docile della Parola di Dio, questo è l’alto insegnamento che oggi Gesù vuole consegnarci. E quante volte avvertiamo l’irrinunciabile bisogno, oggi particolarmente emergente, di ascoltare più intimamente la voce di Dio, di ricevere una conoscenza più approfondita della sua parola, di condividere maggiormente la bellezza della nostra fede. Ma è difficile: chi crede di aver compreso le Scritture e non si impegna a mettere in pratica l’amore di Dio e del prossimo, dimostra, in verità, di essere mille miglia lontano dalla comprensione della Parola.
E come possiamo mettere in pratica tale precetto senza un vero contatto con le Scritture? Il Concilio Vaticano II afferma: “è necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura” (Dei Verbum, 22), perché conoscendo la verità essi possano crescere nell’amore vero. E questo, oggi, per le direttive che programmano la ‘nuova evangelizzazione’, risulta essere un requisito indispensabile. Sovente accade, purtroppo, che l’approccio con la Scrittura da parte dei laici è di natura “personale” e non un “fatto di Chiesa”. Pertanto, diventa indispensabile la ‘conoscenza seria’ delle Scritture per annunciare, celebrare e vivere il messaggio della Parola, per dialogare con le tante culture presenti nei nostri territori, per servire la verità e per respingere le fuorvianti ideologie correnti. A questo scopo va curata in modo speciale la formazione biblica dei laici e non, prestando una particolare attenzione alla sensibilità dei giovani e a quella di chi liberamente “vuole” rimanere lontano dalla verità.
La liturgia, infine, è il luogo privilegiato in cui risuona la Parola di Dio ed in essa la Bibbia diventa il libro di un popolo e per un popolo; una preziosa eredità da custodire ed amare per attualizzare nella nostra vita ciò che è stato comunicato attraverso lo scritto. La Bibbia, ricordiamolo, è stato, è e rimarrà per sempre il ‘Libro vivo’, capace, quindi, di parlare ad ogni uomo, mente ed epoca. Scrittura e liturgia, dunque, si sposano felicemente per accompagnare i credenti ad instaurare con il Signore il dialogo d’amore. Carissimi, preghiamo perché dall’ascolto della Parola di Dio e sostenuto dallo Spirito Santo possa nascere un vero rinnovamento nella Chiesa. Maria, nostra Madre e “serva del Signore”, ci insegni il primato di Dio, ma soprattutto ci educhi a vivere il messaggio di amore contenuto nelle Divine Scritture, portato al mondo attraverso la venuta del suo Figlio Gesù, unico Salvatore dell’uomo, ieri, oggi, sempre.
Fra’ Frisina
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