Con una decisione controcorrente, la Germania ha deciso di spiazzare i suoi partner europei. I profughi siriani saranno accolti senza essere rimandati nei paesi dove sono stati registrati prima di transitare verso la Germania. Il regolamento comunitario noto come Dublino II verrà sospeso. L’ha detto Angela Merkel e la notizia è stata confermata dal BAMF (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge, ndr) l’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati.
Qualcosa si muove in Europa. Non solo muri alle frontiere dunque. La Germania le sue frontiere le tiene aperte e non vuole sottrarsi al suo ruolo di nazione leader, politicamente ed economicamente, del vecchio continente. Solo poche settimane fa il ministro degli interni Thomas de Maizière ha affermato che quest’anno sono attese 800.000 richieste d’asilo, quattro volte quelle ricevute nel 2014. Quante di esse verranno accolte è un’altra cosa e le statistiche indicano che nei primi sei mesi del 2015 il 37,4 % delle 114.000 richieste esaminate sono state rifiutate (fonte: BAMF). Anche considerando i respingimenti, Il peso economico di questa massa di profughi è tutt’altro che trascurabile. Ma in Germania le finanze godono di buona salute. Lo stesso ministro Wolfgang Schäuble ha rassicurato i Länder e i comuni dicendo che verranno adeguatamente supportati.
D’altronde la nazione locomotiva d’Europa non è nuova a imprese ciclopiche in campo sociale. Basti pensare alla ricostruzione della ex-DDR che è ancora in corso dopo oltre 25 anni dalla caduta del muro e di cui si sono fatti carico i lavoratori tedeschi versando il cosiddetto Solidaritätszuschlag (soprattassa di solidarietà, ndr). Dunque la solidarietà è una parola concreta in Germania. E lo si vede anche nei numeri relativi all’accoglienza dei profughi. Nessun altro paese europeo ne ha accolti tanti. Anche negli anni ‘90 fu in prima fila accogliendone oltre un milione provenienti dall’ex Yugoslavia. Fu quasi un esodo, ma il paese resse il colpo. Ora però l’emergenza umanitaria è ben più grave e l’Europa appare incapace di affrontarla. Ma non solo di incapacità si tratta. Una parte del problema è causata non dal fenomeno in sé, sicuramente complesso, ma dalle regole che l’UE si è data.
Il regolamento Dublino II ad esempio. Esso stabilisce che lo Stato competente a esaminare una domanda di asilo è quello sul cui territorio il richiedente giunge inizialmente, una regola che non poteva non suscitare polemiche tra gli stati dell’UE. Chi l’ha concepita non deve aver primeggiato in geografia. Dublino II è solo la punta dell’iceberg del complesso sistema di accordi UE riguardanti l’immigrazione. Di tale sistema fa parte anche il cosiddetto codice comunitario dei visti che, stranamente, non riguarda i visti per motivi umanitari. Esso fissa i requisiti necessari per presentare la domanda per il rilascio di un visto di transito o di soggiorno la cui durata però è limitata a non più di tre mesi. Chiaramente i profughi che scappano dalle guerre in Europa vogliono restarci più a lungo. Solo “a titolo di deroga”, una domanda che non soddisfi i requisiti può essere considerata ricevibile per motivi umanitari. A titolo di deroga. Cosa voglia dire questa espressione è tutt’altro che scontato e l’interpretazione del paragrafo è lasciata, presumibilmente, al buon cuore dell’impiegato consolare di turno che può chiudere un occhio o no, che può fare o non fare un favore al malcapitato che gli sta di fronte, derogando dalla norma.
Ma è proprio nelle contraddizioni e nelle intercapedini interpretative di convenzioni, trattati, regolamenti e direttive che si consuma il dramma del diritto di asilo in Europa: i profughi hanno diritto di avere asilo e protezione, tuttavia affinché questo diritto gli venga riconosciuto hanno bisogno di un visto che è praticamente impossibile ottenere. E’ chiaro che senza visti, o documenti di viaggio assolutamente ineccepibili, i profughi per salvarsi la vita sono costretti a rischiarla, affrontando il viaggio con mezzi di fortuna, disposti a pagare a trafficanti e scafisti il doppio o il triplo (o forse più) di quello che gli sarebbe costato un regolare biglietto su una nave regolare o su un aereo regolare. Il 21 agosto scorso le migliaia di siriani, iracheni, afgani, tra loro intere famiglie e centinaia di bambini, bloccati al confine tra Grecia e Macedonia un visto non ce l’avevano e il transito gli è stato negato. Poi, fortunatamente per loro, sono stati fatti passare. Poi in Ungheria di nuovo bloccati da un muro di filo spinato.
Qualcosa si muove in Europa. Non solo muri alle frontiere dunque. La Germania le sue frontiere le tiene aperte e non vuole sottrarsi al suo ruolo di nazione leader, politicamente ed economicamente, del vecchio continente. Solo poche settimane fa il ministro degli interni Thomas de Maizière ha affermato che quest’anno sono attese 800.000 richieste d’asilo, quattro volte quelle ricevute nel 2014. Quante di esse verranno accolte è un’altra cosa e le statistiche indicano che nei primi sei mesi del 2015 il 37,4 % delle 114.000 richieste esaminate sono state rifiutate (fonte: BAMF). Anche considerando i respingimenti, Il peso economico di questa massa di profughi è tutt’altro che trascurabile. Ma in Germania le finanze godono di buona salute. Lo stesso ministro Wolfgang Schäuble ha rassicurato i Länder e i comuni dicendo che verranno adeguatamente supportati.
D’altronde la nazione locomotiva d’Europa non è nuova a imprese ciclopiche in campo sociale. Basti pensare alla ricostruzione della ex-DDR che è ancora in corso dopo oltre 25 anni dalla caduta del muro e di cui si sono fatti carico i lavoratori tedeschi versando il cosiddetto Solidaritätszuschlag (soprattassa di solidarietà, ndr). Dunque la solidarietà è una parola concreta in Germania. E lo si vede anche nei numeri relativi all’accoglienza dei profughi. Nessun altro paese europeo ne ha accolti tanti. Anche negli anni ‘90 fu in prima fila accogliendone oltre un milione provenienti dall’ex Yugoslavia. Fu quasi un esodo, ma il paese resse il colpo. Ora però l’emergenza umanitaria è ben più grave e l’Europa appare incapace di affrontarla. Ma non solo di incapacità si tratta. Una parte del problema è causata non dal fenomeno in sé, sicuramente complesso, ma dalle regole che l’UE si è data.
Il regolamento Dublino II ad esempio. Esso stabilisce che lo Stato competente a esaminare una domanda di asilo è quello sul cui territorio il richiedente giunge inizialmente, una regola che non poteva non suscitare polemiche tra gli stati dell’UE. Chi l’ha concepita non deve aver primeggiato in geografia. Dublino II è solo la punta dell’iceberg del complesso sistema di accordi UE riguardanti l’immigrazione. Di tale sistema fa parte anche il cosiddetto codice comunitario dei visti che, stranamente, non riguarda i visti per motivi umanitari. Esso fissa i requisiti necessari per presentare la domanda per il rilascio di un visto di transito o di soggiorno la cui durata però è limitata a non più di tre mesi. Chiaramente i profughi che scappano dalle guerre in Europa vogliono restarci più a lungo. Solo “a titolo di deroga”, una domanda che non soddisfi i requisiti può essere considerata ricevibile per motivi umanitari. A titolo di deroga. Cosa voglia dire questa espressione è tutt’altro che scontato e l’interpretazione del paragrafo è lasciata, presumibilmente, al buon cuore dell’impiegato consolare di turno che può chiudere un occhio o no, che può fare o non fare un favore al malcapitato che gli sta di fronte, derogando dalla norma.
Ma è proprio nelle contraddizioni e nelle intercapedini interpretative di convenzioni, trattati, regolamenti e direttive che si consuma il dramma del diritto di asilo in Europa: i profughi hanno diritto di avere asilo e protezione, tuttavia affinché questo diritto gli venga riconosciuto hanno bisogno di un visto che è praticamente impossibile ottenere. E’ chiaro che senza visti, o documenti di viaggio assolutamente ineccepibili, i profughi per salvarsi la vita sono costretti a rischiarla, affrontando il viaggio con mezzi di fortuna, disposti a pagare a trafficanti e scafisti il doppio o il triplo (o forse più) di quello che gli sarebbe costato un regolare biglietto su una nave regolare o su un aereo regolare. Il 21 agosto scorso le migliaia di siriani, iracheni, afgani, tra loro intere famiglie e centinaia di bambini, bloccati al confine tra Grecia e Macedonia un visto non ce l’avevano e il transito gli è stato negato. Poi, fortunatamente per loro, sono stati fatti passare. Poi in Ungheria di nuovo bloccati da un muro di filo spinato.
.
Che molti dei regolamenti in vigore siano inadeguati per governare efficacemente l’emergenza migratoria e che, per di più, alla loro applicazione siano riconducibili, almeno in una certa misura, le tragedie e le drammatiche condizioni in cui versano i migranti durante le loro odissee è cosa ben nota. Ha fatto quindi bene la cancelliera ad annunciare la sospensione di Dublino II almeno per i siriani. Che cosa si celi dietro questa mossa è presto per dirlo, tuttavia c’è da ritenere che la Germania voglia assumere un ruolo leader in ambito europeo dando il buon esempio e lanciando un messaggio agli altri partner, soprattutto quelli meno generosi. Soprattutto quelli che innalzano muri. Lode alla Germania dunque. C’è da sperare che si apra una nuova fase virtuosa della politica europea sull’immigrazione e che questa fase parta dalla revisione delle normative in vigore.
.
di Pasquale Episcopo
Scrivi