A parlare è Suzy Menkes, editore internazione di casa Condè Nast (nata in Vogue) ed una delle donne più potenti del Regno Unito.
Più che una cattiveria possiamo prenderlo come un consiglio, spiattellato in prima pagina (certo!), ma forse è di questo che i grandi del fashion system abbiano bisogno: essere spronati a guardare avanti.
«Sì, ci sono stiliste come Stella Jean, nata in Italia con sangue haitiano, che oltre a richiamare dettagli multiculturali sui suoi vestiti fa anche lavorare le donne di Haiti. – così parla la Menkes ai cronisti lungo la front wow di Armani – Ecco, questo mi sembra un bel modo, positivo, da parte della moda di mandare un messaggio sociale».
Prendiamo per buono, quindi, che un pezzo grosso dal sangue spagnolo possa bacchettare gli stilisti italiani: «Ma c’è un’altra cosa che mi preme dire: non riesco proprio a capire perché gli stilisti in Italia continuino a riproporre gli Anni Settanta. Voi ora avete un primo ministro, Renzi — continua — che è una persona molto dinamica. Lui, nel 1970 non c’era ancora perché è nato nel ‘75. Per cui sarebbe bene che anche la moda proponesse qualcosa di nuovo, più dinamico».
Della stessa filosofia è il New York Times: «In Italia – scrive Vanessa Friedman – i discorsi sull’indipendenza sono stati rimpiazzati da discussioni sulle riforme, grazie al premier Renzi e alla sua parola d’ordine “via il vecchio, avanti il nuovo”. Ma sulla passerella di Gucci non è del tutto chiaro se il direttore Frida Giannini abbia recepito il messaggio… Rivisitando gli Anni 70, momento d’oro per la griffe, ha offerto una collezione vintage», anche se ammette che «è una collezione piena di verve ed energia». La Friedman aggiunge, infatti, che «saper cercare tra il passato non è poi una brutta idea (almeno nel contesto della moda) se sai rimescolare quel che trovi»”
di Mauro Stano
Scrivi