La musica di Ligabue “fa sempre il proprio dovere”

Ligabue-stadioLuciano Ligabue, classe 1960, infiamma gli stadi italiani con il suo “Mondovisione Tour”, dopo aver deliziato i Palasport delle piccole città. Ha conquistato doppi sold-out per le date di Roma, Milano e Catania, ha scatenato Padova, Firenze e Pescara, e domani 23 Luglio si troverà allo stadio Arechi di Salerno, per poi continuare il giro con Trieste, Torino, Bologna e Bari.

Quasi due ore e mezzo di concerto, 26 canzoni ed un medley, ripagano le interminabili attese dei fedelissimi fan, disposti ad esserci a dispetto del sole cocente come dell’acquazzone improvviso. L’artista mette in atto la sua constatazione: “Il rock va suonato al volume che serve”, e lo fa sublimamente insieme alla sua band: al basso Davide Pezzin, Michael Urbano alla batteria, alle tastiere Luciano Lusi, alle chitarre Niccolò Bossini e la storica spalla del Liga, Capitan Fede Poggipolinni. E con questi ingredienti il concerto è una vera festa.

Fin dalle prime ore dell’alba: attese, tende, pranzi al sacco, cori che si sollevano, idranti rinfrescanti… Quando i cancelli finalmente si aprono inizia la corsa alla transenna ed una volta dentro comincia un’altra attesa, stavolta sul prato dello stadio..e quando alle 21.30 il sole è appena calato e le luci si spengono inizia la magia, con un Luciano aggressivo, affascinante e molto carico, capello brizzolato, occhiali da sole e chitarra in spalla. Il “più bel pubblico di tutti” è un complimento che Luciano Ligabue si sente spesso ripetere, un pubblico pronto a lasciarsi trasportare, a commuoversi, a ballare sulle note dei successi del rocker di Correggio.

A questo pubblico il cantautore e la band offrono perle storiche come “Certe Notti” ed “Urlando contro il cielo”, fino alle recenti “La neve se ne frega”, “Con la scusa del rock&roll”. Ma se il suo pubblico è il più bello una particolarità ce l’ha anche lui: Ligabue è un rocker fuori dagli schemi, che (per fortuna) si scaglia contro il pregiudizio del cantante “bello e maledetto”, dalla vita balorda, esagerata, breve come una canzone… e ce lo dice ironizzando in più di un pezzo “dicono che devi proprio farti fuori, se vuoi fare rock in qualche modo, che ti portiamo i fiori lì nei cimiteri mitici”, “ma io non mi vergogno se suono per restare vivo!”. La musica del Liga è al contrario un omaggio alla vita, da assaporare tra i suoi alti e bassi.

È un artista che vive il palco ed il contatto con il suo pubblico come una necessità per sé stesso, un cantante che forse proprio grazie alla naturalezza e spontaneità che questo comporta, ha la grande capacità di emozionare chiunque lo ascolti dal vivo, persino i più scettici. Anche nel tour attuale non si preclude alcuna strada Ligabue, passando dalla denuncia sociale de “Il muro del suono” ed “Il sale della terra”, per l’amore, l’affetto, i sentimenti di “Tu sei lei” , le immagini ed i ricordi personali di “Per sempre”, “Ho messo via”, le risposte alla miriade di domande esistenziali che ogni giorno ci si pongono di fronte sul chi siamo e chi dobbiamo essere di “Leggero”, “Nati per vivere (adesso e qui)”, “Siamo chi siamo”, fino alle canzoni che il pubblico ha eretto a fonte di forza, coraggio e tenacia per affrontare le difficoltà ed i dolori della vita come “Quella che non sei” ed “Il giorno di dolore che uno ha”.

Ed è proprio in questi momenti che, assistendo dal vivo alla magia che si crea tra il rocker ed il suo pubblico, si comprende quanto la musica e le parole possano avere un effetto catartico, espressivo, catalizzatore di emozioni, e possano dare a tutti, giovani che vedono “il futuro fuori garanzia” ed adulti che vivono la loro Italia “con gli sfregi nel cuore”, la forza per andare avanti e non arrendersi, dicendosi a vicenda che è necessario convincersi che “Il meglio deve ancora venire”.

di Lara Baldassi

foto: boxmusica.it

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