La Parola di Dio, l’unica Parola valida in mezzo a tante parole vane

messale

La Parola di Dio proposta nell’odierna liturgia ci comunica un’importante verità il cui messaggio ci riempie di stupore e di meraviglia: per redimere l’uomo, Dio si serve degli stessi uomini!

Se guardiamo all’opera della creazione Egli ha agito da solo; se, invece, guardiamo all’opera della redenzione e più precisamente alla storia della salvezza, narrata questa nel libro delle Sacre Scritture, ci accorgiamo che Dio l’ha operata anche attraverso l’uomo. Questo atteggiamento di Dio nei nostri confronti è il filo conduttore che lega sia la prima lettura (Am 7,12-15) che il Vangelo (Mc 6,7-13) di questa domenica estiva.

La seconda lettura (Ef 1,3-10), invece, è un inno di ringraziamento al Signore per coloro che Egli ha chiamato in Cristo a collaborare al suo progetto di salvezza. La prima lettura ci ha fatto riflettere sulla difficile missione di Amos, chiamato da Dio ad esercitare il ministero di Profeta in condizioni di vita molto difficili e turbolente. Parliamo di tantissimi secoli fa, eppure il panorama socio-religioso che ci viene proposto non è poi così differente da quello che si vive attualmente. Amos, infatti, si trova ad affrontare una società corrotta a causa di ingiustizie sociali, sfruttamento dei poveri, ricchezza, lusso, relativizzazione del culto e assolutizzazione del potere. E profetizzare in questa situazione era davvero un’impresa difficile, anche perché, dal momento che era accusato di fare il Profeta per interesse, la sua predicazione veniva derisa e messa continuamente in discussione. Ma Amos non fa il Profeta per interessi personali perchè è stato chiamato da Dio stesso per compiere una missione specifica.

Pertanto, le parole taglienti che egli proferisce per quella società corrotta sono le stesse parole di Dio che Egli, a differenza dei tanti falsi profeti di oggi, ha saputo accogliere ed interiorizzare. Su questo luminoso esempio, la Chiesa del nostro tempo, libera da ogni interesse personale o comunitario, al fine di ritrovare la sua originaria credibilità perduta a causa del secolarismo imperante, deve necessariamente ritornare a far valere onestamente la Parola di Dio, l’unica Parola valida, in mezzo a tante parole, purtroppo, vane. Vivendo anche noi, come Amos, all’interno di un panorama sociale votato alla violenza, alle ingiustizie e ad un credo molto superficiale, difficilmente potremo rendere contagiosa la nostra testimonianza cristiana.

Essa sarà veramente autentica solo se legheremo al cuore, alla mente e alla personale condotta di vita la persona di Cristo Gesù, unica Parola di Dio incarnata. Questo è lo scopo della nostra missione, sottolineato con semplicità da Paolo nella seconda lettura: proclamare ed annunziare il mistero della volontà divina. L’Apostolo delle genti ci dice che la Chiesa non propone sé stessa, ma soltanto Gesù Cristo, grazie al quale ognuno di noi diventa a tutti gli effetti figlio di Dio. In questi termini, ogni cristiano diventa naturalmente missionario se fa valere nel suo ambiente le esigenze e le gioie del Vangelo.

A questo punto, non possiamo non guardare alla nostra coerenza di cristiani e non possiamo non domandarci se essa è o non è proporzionale a ciò che ogni giorno noi crediamo e testimoniamo. In altri termini, pesiamo la nostra missionarietà sulla bilancia della fede, consapevoli che “la missione divina, affidata da Cristo agli Apostoli – dice la Costituzione Conciliare Lumen Gentium al n° 20 – dovrà durare sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo che essi devono trasmettere è per la Chiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo”. E tutto questo si realizza mentre i credenti, che rappresentano i nuovi discepoli di Gesù, attendono speranzosi la sua ultima venuta.

E qual è la nostra missione? Il brano del vangelo di oggi sottolinea che la missione degli Apostoli è in continuazione con quella di Gesù ed ha alcune caratteristiche: scacciare i demoni, liberarsi dalle cose terrene, guarire le infermità ed impegnarsi nel personale cammino di conversione. Gesù si è fidato dei suoi amici e vuole fidarsi anche di noi. Attraverso il nostro Battesimo intende continuare a portare avanti l’avventura stupenda della sua bimillenaria missione nell’oggi della storia. Dobbiamo però fidarci del suo aiuto ed accogliere l’invito di Gesù che scelse gli Apostoli “perché stessero con lui”. Anche noi dobbiamo stare con Lui. In questo semplice programma è contenuto tutta la nostra adesione a Lui, non quella intellettuale che segue l’insegnamento di un maestro, ma quella del cuore che ci porta inevitabilmente ad intessere con Cristo un rapporto personale e privilegiato. I discepoli di Gesù, infatti, non fanno propaganda di dottrina né sono attivisti di una specifica corrente di pensiero.

Il Signore ancora oggi ci invia nel mondo “a due a due” per sostenerci reciprocamente, per non cadere nella tentazione dell’individualismo, per vivere l’amore fraterno in modo visibile e, soprattutto, per mostrare la dimensione comunitaria del suo Regno: la proclamazione del Regno non è un’azione individualistica, nata da un’iniziativa privata, ma è un atto ecclesiale, perché “dove due o tre sono riuniti nel nome di Gesù, il Signore è presente in mezzo a loro” (cf. Mt 18,20). Carissimi, ci venga in aiuto la Beata Vergine Maria, l’ausilio dei cristiani e la Madre della Chiesa, perchè solo se impostiamo su questi termini la nostra testimonianza di fede, coloro che ci osservano potranno percepire subito che il Regno di Dio è veramente vicino.

Fra’ Frisina

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