Intervistiamo oggi Roberto Lai, il luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, nativo di S.Antioco, Presidente dell’Associazione culturale Arciere Onlus, che dal 1992 combatte attivamente contro il traffico internazionale di opere d’arte.
Roberto tra le altre cose è il curatore della rivista “Annali di storia e archeologia sulcitana”, gratuitamente divulgata nel territorio, con l’obiettivo unico di diffondere un patrimonio culturale e storico che altrimenti andrebbe perso. Gli annali si concentrano in particolare sulla storia di S. Antioco, il Santo Protettore dell’isola sulcitana e dell’intera Sardegna.
Simona Mazza – Roberto, per iniziare ti faccio una domanda che suona come “E nato prima l’uovo o la gallina?”, ovvero è nato prima l’interesse per il tuo patrono S. Antioco e la carriera ti ha portato ad approfondirne la ricerca, oppure è stato il tuo lavoro a condurti da lui?
Roberto Lai – La figura di S.Antioco mi ha sempre appassionato, ne sono rimasto folgorato come S. Paolo sulla strada di Damasco dopo essere entrato nella Basilica a lui dedicata e aver visto l’immagine del Santo di colore. Da quel momento ho iniziato a fare delle ricerche per conto mio senza un secondo fine, fino a quando non si è presentato “l’ostacolo” dell’obbligo di leva. Non volevo fare il carabiniere, volevo continuare gli studi ma uno dei vertici militari mi convinse che avrei potuto fare carriera e continuare allo stesso tempo a coltivare la mia passione per la storia e l’archeologia. Fu così che mi arruolai come ausiliare.
S.M. Quando è avvenuta la “svolta”?
R. L. Durante il servizio di leva ero stato mandato a Firenze. Proprio in quel periodo era stata varata una riforma che garantiva stipendi piuttosto sostanziosi. Tra le altre cose avevo scoperto che avrei potuto lavorare in un reparto speciale che si occupava appunto della salvaguardia del patrimonio culturale senza dover interrompere i miei studi. Insomma tre piccioni con una fava.
S.M.Mi parleresti di un incontro particolare che in qualche modo ha segnato il tuo destino professionale in direzione del tuo Santo?
R. L. Sicuramente l’incontro con Mario Corongiu negli anni 70, premonitore delle mie ricerche sul santo sotto il suo mandato. Avevo rinvenuto un reperto e mi ero recato nel Santuario di S. Antioco per mostrarlo a Don Salvatore Armeni, esperto cultore del Santo. In attesa di una sua risposta, il prelato mi aveva affidato a una giovane guida, Corongiu appunto, che mi fece visitare le catacombe, raccontandomi con dovizia di particolari la storia del martire. Quando nel 2007 Corongiu è stato eletto sindaco, mi ha offerto una collaborazione nel settore cultura ed io ho accettato a condizione che venissero divulgati gratuitamente i libri sulla storia di S.Antioco e sul territorio sulcitano. Praticamente da quel momento non ho più smesso di studiare e ricercare. Oggi le pubblicazioni sono capillari, anche perché il culto di S. Antioco e la sua fama di predicatore sono diffusi in tutta la Sardegna. Addirittura è venerato anche in Corsica.
S. M. A questo punto parlaci del Santo. Chi era, da dove veniva, quando e perché è giunto in Sardegna?
R. L. Il martire, definito “il Santo che viene dal mare”, era arrivato dalla Mauritania Cesarea (zona del Nord Africa che comprende Algeria e Marocco) durante il periodo dell’impero romano sotto Adriano (117-138 DC). Antioco era stato esiliato ed era giunto in Sardegna per professare la fede in Cristo. Qui aveva stabilito dimora nell’isola sulcitana, collegata alla Sardegna per mezzo di alcuni ponti in modo da essere raggiunta agevolmente dai fedeli.
S. M. Perché S. Antioco è ricordato con l’appellativo di “Protomartire”?
R. L. E’ chiamato “Protomartire” perché è il primo martire sardo. Non risultano altre testimonianze che attestino la presenza di un Santo prima di lui.
S. M. Quando si è diffuso il culto di S. Antioco, quando si sono manifestati i primi “segni”di notorietà?
R. L. La sua fama è iniziata sin dall’arrivo in Sardegna, quando si era sparsa la voce delle sue guarigioni e dei suoi miracoli e non dopo la scoperta delle sue reliquie avvenuta nel 1615. Ne abbiamo diretta testimonianza nel libro ” il processo dei miracoli” della seconda metà del 500, da cui ho ricavato le fonti per le mie ricerche.
S. M. Tu dici che S. Antioco è un santo attuale, moderno, perché? Credi inoltre ci sia qualche nesso con la visita del Papa nell’isola di Lampedusa?
R. L. S. Antioco era un uomo nero e veniva dal mare perché la sua fede lo aveva costretto all’esilio. A suo modo rappresenta il dolore e il dramma dei profughi e dei clandestini che ogni giorno sbarcano nei nostri lidi. Ci piace vederlo come clandestino giunto sulle nostre coste pieno di speranza e che riesce nella sua missione di evangelizzatore.
S. M. Benissimo Roberto, divulgare la storia di S. Antioco fra la gente sarda non dovrebbe essere un problema, come non lo dovrebbe essere il fare parallelismi con i valori sociali attuali, tuttavia come si può evitare di cristallizzare l’attenzione di una piccola elite verso il Santo, perché i giovani, vere leve di ogni moto sociale, sembrano sonnecchiare al parlar di Santi?
R.L. Per evitare questo rischio, abbiamo pensato di pubblicare la storia di S. Antioco a fumetti. Ed è stato un successo. Abbiamo aperto una strada che parte dai giovani per poi arrivare agli adulti. Infatti, il fumetto è stato distribuito gratuitamente in tutte le scuole di primo e secondo grado dell’isola di Sant’Antioco, diventando oggetto di studio e dibattiti culturali su una figura che fino ad allora la maggioranza dei giovani quasi ignorava. Oggi è per me motivo di orgoglio sapere che i ragazzi si sono tanto avvicinati alla figura del santo, e quando m’incontrano, sia genitori che figli spesso mi chiedono se ne sono avanzate delle copie. Attualmente, è in corso un altro progetto di divulgazione nelle scuole di Scano Montiferro, un comune della provincia di Oristano ove S.Antioco è veneratissimo.
S. M. Com’è rappresentato S. Antioco nell’iconografia tradizionale?
R. L. A dire il vero l’iconografia è varia perché è stato raffigurato diversamente in ogni periodo storico, secondo come veniva visto. Certamente è stato sbiancato durante le incursioni saracene perché il nero rappresentava il male tuttavia spesso le mani sono state mantenute nere,per ricordarne l’origine africana. Abbiamo inoltre un’importante rappresentazione che lo ritrae accanto alla Madonna di Bonaria, protettrice dei naviganti. Fra di loro esiste il rapporto iconografico dell’intercessione: il santo che intercede presso la Madonna a nome dei fedeli che rappresenta e che lo considerano come loro patrono, affinché Ella venga loro incontro. Nella raffigurazione S. Antioco viene indicato come il Santo patrono della Sardegna. A questo proposito mi piace raccontare un altro aneddoto. Gli abitanti di Scano Montiferro, il comune sopra citato, ricordano che gli anziani, nelle loro preghiere, si rivolgevano a Dio affinchè intercedesse con S. Antioco per ottenere una grazia e qui cito le loro parole in sardo“Ohi, Deus meu, naradebilu a Sant’Antiogu chi mi fettat sa grassia!” Tradotto letteralmente: O Dio mio, dite a S.Antioco che mi faccia la grazia! Le interpretazioni sono diverse: 1) In un certo modo si scambiano i ruoli: Dio diventa intercessore presso il Santo. (quasi che il Santo sia più autorevole di Dio); 2) Un’altra interpretazione mette in risalto proprio l’autorità divina, tanto che a un suo cenno i santi non possono che obbedire. In entrambi i casi il miracolo è operato dal Santo. Il ricercatore e studioso di S.Antioco di Scano, Nanni Dologu riferisce che il Santo è venerato come “meigu protomista” cioè primo medico, primo fra i primi, o medico per eccellenza, che cura ogni malattia sia del corpo, sia dello spirito. (Vedi gosos di Scano M., ritornello e strofa n. 3).
Ma a Scano è anche venerato come (primo ed unico) DOTTORE della Chiesa sarda; e, ancora come Padre Babu, Avvocato, avvocadu, protettore e amante finissimu dei suoi devoti.” S.Antioco di Scano racchiude il concetto di “Megalomartire” infatti , questo concetto è rappresentato anche dalla statua alta 210 cm. Il proverbio dice: “Santos mannos, miracolos mannos; santos piticos, miraculos piticos”!
S. M. La diatriba sull’identità del vero Patrono della Sardegna è ancora aperta, come mai affermi che sia S. Antioco quello reale?
R. L. A fianco della Patrona Massima Nostra Signora di Bonaria, ho individuato il lui l’unico e vero coopatrono dopo anni di studi presso gli Archivi del Vaticano. (Cito la fonte principale, datata 26 ottobre 1648, si legge: aliqua Sanctorum, praecipue Sancti Antiochi Martyris Sulcitani Sardiniae Patroni cum debita veneratione [corpora] asservantur [1]. Con le stesse parole, nella relazione successiva, a sei anni di distanza, L’Arcivesco Bernardo della Cabra ribadisce al Pontefice il ruolo di S. Antioco quale Sardiniae Patroni.)
S.M. Qual è il rapporto dei sulcitani con il Santo?
R. L. Devozione assoluta. Ad oggi le catacombe, al cui ingresso si trova la tomba del Patrono, sono oggetto di culto e tra l’altro sono le uniche in Sardegna.
S. M. Quando è avvenuta la scoperta delle sue reliquie?
R. L. La scoperta risale al 1615, quando l’Arcivescovo Desquivel iniziò le ricerche per scopi ecclesiastici e politici.
S. M. Da secoli due città, Iglesias e Sant’Antioco si contendono le spoglie del Santo, come mai?
R. L. Anticamente l’isola di Sulcis era disabitata a causa delle invasioni barbaresche, così l’Arcivescovo decise di portare l’intero corredo a Iglesias, dove si trovava la sede vescovile, con l’intenzione di riportarle nell’isola non appena essa si fosse ripopolata. I fatti però andarono diversamente e gli abitanti sulcitani hanno dovuto smaltire l’umiliazione di aver perso il loro Santo. Poi nel 1853, durante una festa patronale, con un improvviso colpo di mano, i sulcitani si ripresero le reliquie e da allora vengono soprannominati “fura santus”ovvero ruba santi, epiteto che sulcitani e iglesienti si scambiano vicendevolmente.
S. M. Ogni anno spunta una nuova edizione dei tuoi annali, cosa c’è di diverso rispetto alle precedenti?
R.L. Gli Annali di storia e archeologia sulcitana sono “fonte viva”, nel senso che raccolgono inediti contributi in campo storico ed archeologico sulcitano, nonché tutte le novità relative al santo e ai suoi ritrovamenti. Tra i collaboratori ci sono Diliberto,Sgarbi, Bartoloni e tanti altri dotti Professori e ricercatori.
S.M. Qual è la cosa che più ti ha stravolto di piacere?
R. L. Le testimonianze di apprezzamento da parte del Vaticano. Il Cardinale Camillo Ruini, cui avevo inviato una bozza del mio libro, mi ha concesso l’onore di scriverne la prefazione. Ho raggiunto l’apice della felicità quando Papa Ratzinger mi ha concesso di pubblicarvi all’interno un suo scritto. Il Cardinale Ravasi ha altresì espresso il suo apprezzamento elogiandone il profilo documentale storico e il messaggio ai giovani attraverso il fumetto. Pochi giorni fa, ho ricevuto una nota di ringraziamento dalla segreteria di Papa Francesco cui ho inviato tutte pubblicazioni.
S. M. Secondo te perché S. Antioco è considerato talora, a torto, un Santo di serie B, snobbato dall’elite?
R. L. S. Antioco era il Santo dei pastori, dei contadini, della gente povera, del popolo, amatissimo dalle masse e comunque periferico e scomodo e non si poteva strumentalizzare più di tanto la sua immagine. Oggi insisto nel dire : “Abbiamo già subito troppe prepotenze, hanno tentato di cancellare la popolarità di Antioco , santo del popolo. Efisio non è “antagonista” di Antioco, poiché Antioco si basa su delle certezze, non è quindi in discussione la Devozione verso Sant’Efisio, cui va il mio reverente pensiero e rispetto, ma in realtà su di lui non si sono ancora trovate notizie certe. Ciò nonostante, pur non essendo neanche Patrono di Cagliari a discapito del povero S. Saturnino, la nobiltà cagliaritana ne fece una ricca icona. Così, mentre su S. Efisio circolavano e circolano succulenti finanziamenti, il povero S. Antioco, la cui esistenza è comprovata dalla refertazione, risulta ancora oggi un disturbatore di troppo. Dopo aver depositato negli uffici preposti della Regione Sardegna tutti i documenti che comprovano la storicità di S. Antioco, la Sagra di S. Antioco è stata riportata dalla fascia F (evento equiparato alla Sagra delle lumache) alla fascia A,riconoscendone quindi la storicità ma non è ancora proporzionalmente supportata finanziariamente, infatti i contributi sono rimasti gli stessi che si danno alla Sagra della lumaca. Io non ci sto a questa arroganza, invito pertanto i deputati alla tutela del nostro Santo Patrono a prendere serie iniziative per la tutela del nostro patrimonio storico religioso “Antioco il Santo venuto dal mare.” Ho altresì appreso con grande stupore che la candidatura della festa religiosa di S. Efisio quale patrimonio dell’umanità si baserebbe su un valore culturale di una storica tradizione che va avanti da 357 anni. Che dire allora della storicità di S.Antioco che si basa su una tradizione (documentata che va avanti da 655 anni) riconosciuta come la più antica della Sardegna?
S.M. Allora Roberto non posso che augurarti buona ricerca e che la verità storica emerga finalmente per sciogliere il nodo gordiano di equivoci che da secoli forniscono notizie parziali e circoscritte.
Scopro oggi un’interessante personaggio, complimenti signor Lai, in questo paese ci vorrebbero tante persone come lei, anímate da passione e competenza quella che oggi manca in diversi settori, questa bellissima storia mi ha appassionatoto, spero di poter venire presto a visitare la sua terra e conoscere questo santo. Complimenti alla giornalista finalmente si legge con piacere qualcosa sui santi.
Che bello percepire entusiasmo e passione. Conosco molto bene questo Santo essendo originario di Ozieri, ove S. Antioco e’ patrono dell’intera Diocesi, non sapevo che fosse così antica la sua festa. Mi piacerebbe conoscere di più ed avere indicazioni di dove trovare questi libri. Complimenti Roberto Lai, La Sardegna non può che essere orgogliosa di avere un così appassionato amante della sua terra.
Una storia interessante questa di Sant’Antioco. Mi piacerebbe saperne di più, in particolare conoscere la querelle tra Iglesias e Sant’Antioco “questa storia dei Santi rubati è davvero bella”. Meno bella è la noncuranza della Regione Sardegna nei confronti di una manifestazione storico religiosa così importante. Mi piacerebbe inoltre sapere cosa ha scritto il Cardinale Ruini su questa storia ed ancora di più il nostro amato Papa Francesco.
Ecco la Prefazione del Cardinale Ruini:
nel libro S.ANTIOCO DA PRIMO EVANGELIZZATORE DI SULCI A GLORIOSO PROTOMARTIRE PATRONO DELLA SARDEGNA.R.LAI M.MASSA
Sancti Antiochi Martyris Sulcitani Sardiniae Patroni, un messaggio inesaurito.
E’ sempre un’occasione propizia di riflessione, credo non solo di fede, quando ci si trova a meditare sulla memoria storica di un santo martire, così come ci invita a fare questo libro dedicato ad Antioco, fra i più amati in assoluto della devota terra di Sardegna, patrono dell’Isola omonima in cui si trova il suo vetusto santuario.
Forse non sempre poniamo la giusta attenzione al fatto che il culto dei santi martiri è stato originato, nelle forme e nelle misure in cui lo conosciamo, dalla religione cristiana. Nei santi martiri, noi riconosciamo l’exemplum supremo, in emulazione ideale di Cristo, di coloro che giungono a sacrificare la propria vita, il più delle volte dopo terribili sofferenze fisiche, per amore infinito di fede. Non sono semidei come quelli della mitologia greco-romana, che nati da esseri umani acquisiscono il dono dell’immortalità: i santi martiri rinunciano alla vita terrena per la gloria della vita ultraterrena, eterna, nella convinzione che all’esaltazione dello spirito corrisponderà, un giorno, anche la resurrezione della carne.
I santi martiri, dunque, vengono venerati perché i loro atti, estremi, da fedeli perfetti, li ha resi oggetti di speciale ammirazione. Ha meritato in questo senso anche S.Antioco, vittima delle persecuzioni dell’imperatore Adriano, del quale una tradizione consolidata ci riferisce che fosse un geriatra originario della Mauritania. Pur non essendo l’unico nella storia della Cristianità, Antioco era quindi un santo dalla pelle scura, come d’altronde ci conferma la sua iconografia più diffusa, ampiamente conosciuta non solo nella sua regione d’adozione, il Sulcis, ma anche in tutto il resto della Sardegna. Oggi fa ancora effetto una simile constatazione, quando, in realtà, non vi sarebbe ragione alcuna di avvertirlo, se non facendo riferimento a luoghi comuni che, per quanto estesi, ci allontanerebbero dal senso profondo della parola di Dio, invece di avvicinarci ad essa.
Non é stato forse il Cristianesimo la prima religione a predicare, senza possibilità di equivoco, l’uguaglianza fra tutti i figli del Signore, di qualunque razza essi siano? Si, lo è stata, anche se qualche volta, colpevolmente, lo dimentichiamo. E allora, perché sorprendersi di un santo dalla pelle scura? Quale sarebbe l’anomalia? Se pensiamo ai nostri cari fratelli di colore che godono del dono della fede, e al fatto che venerino santi e martiri i quali sono in nettissima prevalenza di pelle chiara, dovremmo ammettere di trovarci in una condizione psicologica per lo meno agevolata, in confronto a quanto non possa essere la loro. Ringraziamo Dio per questo privilegio, ma con la giusta umiltà, facendo in modo di non abusare della sua pazienza.
Piuttosto, ritorniamo ad Antioco, e continuiamo a verificarne la sorprendente modernità rispetto al nostro presente, secondo una visione che è intimamente cristiana, come è ovvio che sia, ma che, a pensarci bene, esula dalla sola prospettiva religiosa, acquisendo un valore essenziale anche per la sfera laica. Antioco, infatti, è la dimostrazione concreta, vissuta sulla sua e sulla nostra carne, di quel concetto di fratellanza comune che non è solo alla base dell’etica cristiana, ma, attraverso di essa, è diventata di fondamento storico per tutte le successive espressioni politiche e filosofiche che hanno sostenuto e sostengono l’uguaglianza di diritti fra gli uomini. E’ importante ribadirlo, in un momento in cui la lettura delle vicende millenarie del Cristianesimo sembra prestarsi fin troppo docilmente a superficiali revisionismi che vorrebbero addirittura negarne la funzione liberatrice ed emancipatrice per l’umanità.
Antioco ci indica la strada corretta: nel farsi simbolo di verità cristiana, egli lo diventa anche di autentica democrazia dello spirito, allo stesso modo di come la terra potrebbe farsi impronta del Cielo. E se già ci sembra molto quanto abbiamo finora constatato, ancora più straordinaria ci risulterà la modernità di Antioco se proiettiamo la sua mirabile, intensa, articolata figura sul passato. Da un certo momento in poi della storia, i mori come Antioco, provenienti dall’Africa mediterranea più vicina, non furono più amici per l’isola sulcitana, così come per gran parte delle coste sarde. Convertiti a una nuova religione, in nome della quale i più integralisti di loro concepivano la guerra all’infedele, si sentono legittimati a compiere vili imprese piratesche sui sulcitani, uccidendoli e depredando i loro beni, stuprando le loro donne, oppure catturandoli e rendendoli schiavi, deportati in terre lontane dalla Sardegna.
Sembra incredibile, ma i pirati moreschi hanno continuato a saccheggiare periodicamente le coste sulcitane fino al XIX secolo avanzato. Le loro scorrerie erano vere e proprie maledizioni per gli abitanti locali, condannandoli di fatto al terrore e alla povertà. Eppure, anche nei momenti più bui, mai la gente del Sulcis ha smesso d’invocare il suo patrono moro, ottenendone sempre debita consolazione. Avrebbero potuto, i sulcitani, emendare del santo quei caratteri che gli eventi avevano reso impopolari, la sua provenienza da terre diventate ora del demonio, la sua somiglianza fisica con quegli aguzzini che impersonificavano i loro incubi peggiori. La tentazione non deve essere neppure mancata, visto che esistono, per la verità in altre zone della Sardegna, raffigurazioni di Antioco con la pelle bianca, giovanile, al solito, ma solenne nelle vesti compite di uomo saggio e dotto, come si riconosceva a chi era pratico di scienze mediche. E invece i sulcitani sono voluti essere fedeli all’immagine del loro glorioso protettore, dando prova non solo di fedeltà, direi quasi filologica, alla tradizione più genuina del loro culto, ma, nondimeno, anche di eccezionale, cristianissima tolleranza nei confronti di chi solo apparentemente, per il solo aspetto esteriore, ci pare diverso da noi. Antioco il Mauritano doveva rimanere un santo riconoscibile da tutti allo stesso modo, dai chi aveva la pelle bianca, ma anche da quelli che l’avevano più scura, compresi quelli, innocenti, che i pirati avevano lasciato come conseguenza delle loro bestiali depravazioni, e che solo la più insopportabile delle ingiustizie avrebbe potuto discriminare. Antioco il Sulcitano doveva rimanere un santo sempre disponibile ai timorati di Dio, ma in fondo anche agli indemoniati, perché mai, come tante storie di martiri ci insegnano, bisogna perdere la speranza della conversione.
Quanta fede, ma anche quanto coraggio, quanta intelligenza, quanta avveduta lungimiranza in questo atteggiamento. E quanti suggerimenti preziosi, se applicati a un’attualità che presenta qualche similitudine da non sottovalutare col passato appena ricordato. Ecco il messaggio conclusivo, di significato universale, che mi sentirei di lasciare, a chiudere questi ragionamenti, spero proficui, su Sant’Antioco: essere veri cristiani non vuol dire solo aspirare alla grazia di Nostro Signore, come è logico che sia. Vuol dire anche appartenere a una civiltà culturalmente evoluta, ugualitaria e tollerante, la stessa che ha espresso il venerabile culto di Antioco, mauritano e sulcitano. Dobbiamo sempre sforzarci di esserne all’altezza. Card. Camillo Ruini
Quando si parla di Santi bisogna conoscerne l’origine, la fonte, la veridicità, inoltre non bisogna scordarsi che loro sono un umile ma utile strumento per arrivare a Dio.
La Sardegna non è certo povera di Santi, anch’essa ha dato il suo contributo di sangue nel nome di nostro Signore Gesù.
Tutta questa sana polemica “forse” serve a farci conoscere meglio i santi poveri quelli che sicuramente piacciano di più a Papa Francesco “almeno spero”. Noi abbiamo la nostra storia e ne andiamo fieri servirebbero più Roberto Lai. Dopo al venuta di Cristo, la Sardegna romana era ai margini degli avvenimenti più importanti che accadevano nel restante mondo romanizzato. I romani adoravano i loro dei, è ampiamente noto che non simpatizzavano per nostro Signore Gesù, il loro interesse era solo ed esclusivamente per il piacere terreno e materiale, la spiritualità era relegata ad una piccola frangia popolare. Per quanto ne sappiamo i principi della fede cristiana arrivarono in Sardegna, probabilmente, proprio con Antioco I secolo d.C., forse portato, ovvero esiliato per aver abbracciato la fede in Cristo. I romani, grandi strateghi di guerra e di rivoluzioni già nel 19 d.C. decisero di inviare nell’isola un contingente di 4.000 soldati formato interamente da ebrei. I latini disprezzavano quell’isola insalubre, dove imperversavano solo malattie che portavano alla morte, tra cui malaria e la peste, ci troviamo quindi in una terra povera e malata. Le miniere erano l’unica grande industria in attività che creava però ulteriori malcontenti, forse suggeriti dai deportati politici e religiosi. In questo triste quadro fece irruzione la nuova fede, che predicava uguaglianza, amore e disdegnava i beni terreni. È facile intuire che il cristianesimo fece proseliti nel ceto più povero, negli schiavi, negli emarginati e veniva visto come una minaccia da ricchi e da potenti.
In questo scenario, altri Santi sui quali abbiamo qualche riscontro sono: Callisto II secolo d.c. colui che diventerà Papa Callisto.Nel 284 d.C. sotto l’imperatore C. Aurelio Valerio Diocleziano, l’amministrazione pubblica fu radicalmente rinnovata. L’impero fu diviso in 12 diocesi, divise a loro volta in province; ogni provincia veniva amministrata civilmente da un preside ( Praeses) e militarmente da un Duce (Dux). Si diede nuovo impulso all’economia con una riforma fiscale efficace. Si affrontò anche il problema religioso con numerosi editti che permisero la confisca dei beni dei cristiani, il loro arresto e supplizio. Com’è noto le persone si possono sopprimere ma non le idee, per cui nonostante il regime di terrore instaurato, la fede cristiana continuò a espandersi nell’isola propagandosi anche tra l’esercito ed i ricchi patrizi. San Gavino martire a Turris Libissoni (Porto Torres) In questo contesto le fonti storiche, peraltro molto scarse, ci hanno riportato ad imperitura memoria, il nome di alcuni personaggi martirizzati per non aver abiurato la fede. Gavino a Turris Libissoni, Lussorio a Forum Traiani, Simplicio a Olbia, Saturno a Calaris.
Per Efisio ci dobbiamo rimettere esclusivamente alla leggenda ripresa dalla Passione stilata duecento anni dopo quella di S.Antioco. La leggenda di Efisio è il racconto delle vicende III ufficiale dell’imperatore Diocleziano (?) che, inviato in Sardegna per operazioni iolizia, non tarda a palesare la fede cristiana alla quale si è da poco convertito. In conseguenza di ciò, viene sottoposto per due volte a procedimento penale ed infine, atroci torture, è condannato a morte e decapitato presso Nora. La tradizione manoscritta degli atti del martirio di sant’Efisio consta di due stesu-isalenti evidentemente ad un unico archetipo: quella del Codice Vaticano-latino 3 (cc. 201-208, manoscritto pergamenaceo del XII secolo), e quella derivata «ex vetusto codice manuscripto archivi ecclesiae calaritanae sub folio 211»146. innegabili analogie dei testi efisiani con una delle stesure della leggenda di san Copio di Cesarea portarono il padre A. Delehaye alla conclusione che «l’esistenza sant’Efisio) e l’antichità del suo culto non sono garantiti … che da un titolo di insigne là »147. Evidente che l’influenza degli indirizzi culturali allora dominanti e la sfiducia o le cose sarde, lasciata dalle famigerate Carte d’Arborea, contribuirono non poco drastica condanna della Passione di Efisio, pronunciata dal noto bollandista. Non tardò il Filia ad esprimere le sue riserve sull’opinione del padre Delehaye: «Que;iudizio del ~ Delehaye – così scrive – mi sembra alquanto esagerato. Il culto risale per leno alla prima metà del sec. XI. Il Roncioni infatti nelle “Storie pisane”; il Manno e l~ri storici sardi narrano che nel 1 088 i Pisani, che in Sardegna fecero gran bottino di iie sante, ~rasportarono da Nora a Pisa le ceneri dei Martiri Efisio e Potito» 148. In Sardegna, come in tutto il mediterraneo i veri culti sorsero e si amplificarono in modo clandestino laddove per secoli si professò clandestinamente la fede: all’interno di catacombe, nei luoghi di martirio e all’esterno in altri siti improvvisati (vedasi catacombe di Sant’Antioco uniche in Sardegna). Sant’Antioco vanta un altro primato, in un’isola quasi deserta sorge un’importante sede Vescovile sotto la protezione del Beato Antioco, “STORIA” E NON LEGGENDA CI RICONDUCONO AL VESCOVO DI SULCI VITALE, CHE NEL 484 D.C. PARTECIPO’ AL CONCILIO DI CARTAGINE. Un’altra perla, nata sotto la benedizione del nostro Antioco è la Sua Basilica sorta sulle rovine del primitivo martyrion risalente a non prima del IV secolo. D.C. Per quanto riguarda la datazione della Sagra di S.Antioco ( la più antica della Sardegna) un documento, individuato presso l’archivio della Corona D’Aragona in Barcellona risale al 1360, ci informa sulla rivendicazione da parte dell’allora Vescovo di Sulci, Francesco Alegre (1359-1364) dei diritti per sé sulla vendita del vino e la pesca in mare durante i giorni di festa. Mi piace questa posizione di Roberto Lai su Antioco. Forza Paris Unidos si vince.
Forza Roberto Lai, sei sulla strada giusta le verità trionfano sempre.
La storia è sempre connotata da elementi in prima istanza considerati secondari e minori dagli storici, ma che ad uno studio analitico si rivelano come parte dell’essenza ed il fundus di un popolo e del suo percorso antropologico. Il Lai nei suoi decennali studi, ha scoperto la figura di S.Antioco e l’ha sviscerata anche in un attenta analisi filologica, che ne riporta un culto millenario e storico foriero anche di un futuro percorso culturale e turistico per la sua isola. Prof.Antonello Ferrero-Curatore del Museo-Archivio Duomo-Basilica di Monterotondo-Roma
Splendida intervista. Interessantissimo l’argomento, ottimamente sviscerato grazie alla competenza di Roberto Lai e alle acute domande della giornalista Simona Mazza che hanno reso questa intervista viva e a passo con i tempi, stimolandone la lettura e la curiosita’ nel lettore. Complimenti vivissimi a entrambi.
Sono di origine sarda quando vedo qualcosa che profuma di Sardegna, la divoro.
Ammetto la mia ignoranza ero convintissimo che S. Efisio fosse Patrono della Sardegna, così almeno lo avevano propinato. Ahimè non conoscevo Sant’Antioco, oggi, dopo aver letto quest’articolo ed essermi beato anche dei commenti, sintomo che parlar di Santi non è poi così noioso, ne ho dedotto quanto spesso, ci facciamo sfuggire grandi opportunità e qui mi riferisco “ non solo”, agli amici sardi. Antioco è un’icona eccezionale, ha una storia è un santo di colore, ciò lo rende particolare, interessante, misterioso, ha donato Suo nome all’isola eponima e alla cittadina (cose da pochi) apprendo che il suo culto è ancora vivo in tutta la Sardegna, allora cosa aspettiamo a rendere onore al santo con un cammino ispirato a devozione che parta dalla Corsica, ove è venerato per attraversare la Sardegna e finirsi nell’isola eponima? I nostri politici creano l’economia frugando nelle nostre tasche, ecco un altro esempio di turismo religioso, Santiago di Compostela insegna Italia impara. Roberto Lai hai tutta la mia stima, hai aperto una superstrada ora sta ad altri trasformarla in autostrada.
Mi piace ricordare che negli “Annali 2011” dell’Associazione Sulcitana di Storia e Archeologia onlus ho recensito il volume presentato da Roberto (pp. 61-64): ne inseriscol’incipit. “Amare il proprio luogo di nascita è facile, anzi naturale, come nutrire amore per la propria mamma; meno facile è fare amare il luogo agli altri, proporlo alla conoscenza e quindi all’attenzione della cultura, insinuando con garbata malizia nell’animo del lettore il desiderio di andarlo a visitare.
Quest’ultima finalità si può ottenere prevalentemente con la pubblicizzazione della nota storica, artistica, paesaggistica e etno-antropologica del paese; di qualsiasi paese, direi più in generale, poiché la Storia della “nazione Italia” potrà essere considerata completamente scritta e tramandata solo quando ogni comunità anche piccola che la compone, passata o contemporanea, avrà ricercata e tramandata la “sua storia”.
Ottima quindi l’idea dell’edizione del volume «S. Antioco da primo evangelizzatore di Sulci a glorioso Protomartire, ‘Patrono della Sardegna’» di Roberto Lai e Marco Massa supportati, nella davvero non semplice fatica, da uno stuolo di studiosi; questi, ciascuno nella propria specializzazione, hanno impreziosito e contribuito a dare consistenza storica all’intera opera.
Non serve un testo laudativo a questo elegante e corposo libro: basta notare che ha avuto l’onore della introduzione del Santo Padre Benedetto XVI (Santi. Gli autentici apologeti della Chiesa), della prefazione del card. Camillo Ruini e della presentazione di don Demetrio Pinna, rettore e parroco della Basilica. Ma è pure giusto ricordare come la cultura, nell’Isola di S. Antioco, sia stata e sia ancora tenuta in grande considerazione, grazie alla sensibilità del sindaco Mario Corongiu, rara avis fra i suoi colleghi”.
[…] La passione di Roberto Lai per Antioco il Santo venuto dal mare […]