Per questo pomeriggio è annunciata una conferenza stampa del Presidente del Consiglio Antonio Conte. L’attesa è ovviamente forte e se, come nel suo stile, per ora non ci si attendono colpi di teatro, leggi annunci di dimissioni, che pure, data la conflittualità marcata all’interno della coalizione governativa potrebbero non essere relegate al mondo del fantasy, nondimeno trapelano sentori di un richiamo (l’ultimo?) ai duellanti per cercare di ottenere se non la pace quantomeno una decorosa convivenza forzata.
Se è vero che in Europa i risultati conseguiti dalla Lega non le consentono di poter agire in autonomia facendo valere tutto il peso di cui dispone, discorso ben diverso è quello domestico. Alle prese con la sconfitta elettorale e le rese dei conti interne Luigi Di Maio non è più in grado, ove mai lo sia stato di tenere testa al suo “alleato”. Appare questo ad oggi ancora il male minore.
Eppure non è ancora detto che questo sia il momento degli addii e, paradossalmente, la debolezza sistemica creata dagli interventi governativi in economia potrebbe essere un collante ancora più forte del potere, a tenere assieme, ancora per qualche tempo, la coalizione di maggioranza.
La crescita del PIL nel 2019 è stata rivista da 0,2% a 0,1%. La variazione tendenziale di periodo scende a -0,1%. Dopo la revisione, la crescita per il 2019 diventerebbe così pressoché nulla. Del declino degli indicatori di fiducia avevamo già detto nei giorni scorsi.
Il MEF ha inviato alla Commissione Europea la comunicazione con l’analisi dei fattori rilevanti che spiegherebbero l’aumento del rapporto debito/PIL nel 2018. Nella lettera di accompagnamento, il MEF ammette chiaramente che sarebbe necessario un avanzo primario più elevato (e quindi maggiori entrate fiscali) per far calare il rapporto debito/PIL, ma sostiene che l’introduzione di misure (fiscali) restrittive sarebbe stata controproducente, visto il rallentamento dell’economia.
Ciò non ostante il Ministro Tria insiste nel prevedere un risultato 2019 migliore della previsione della Commissione Europea, grazie all’andamento delle entrate. Riguardo alle prospettive, le indicazioni sono tuttavia estremamente vaghe: si ammette che il parlamento ha chiesto al governo di non aumentare l’IVA e di riformare l’imposta sui redditi, ma non si fornisce alcuna indicazione specifica riguardo alle misure che il governo intende adottare per garantire il raggiungimento degli obiettivi fiscali indicati nel programma di stabilità.
Si ipotizza anche un ampio piano di spending review e di efficientamento delle entrate, ma non si forniscono ulteriori chiarimenti. La già di per sé complessa situazione si complica anche a causa di numerose dichiarazioni dei membri della maggioranza, in particolare dalla Lega, che hanno parlato di aumento del deficit nel 2020, promettendo tagli delle tasse e aumenti di spesa, attualmente, senza copertura, oltre che di irrilevanza dello spread e delle regole fiscali europee. Tutto ciò quando “persino” la Grecia nonostante i suoi persistenti conflitti politici interni, acuitisi ancor più di recente, mostra un differenziale rispetto al Bund migliore dell’Italia.
A valle di ciò, Il governatore della Banca d’Italia, Visco, ha avvertito che cominciano ad emergere segnali di tensione riguardo alla trasmissione del maggior costo dei titoli pubblici a quello dei prestiti, ricordando che 100 punti base di premio per il rischio in più implicano una riduzione del PIL di 0,7% dopo tre anni cosa che comprometterebbe già irrimediabilmente le stime di crescita governative per i prossimi due esercizi) , e senza ipotizzare impatti attraverso il clima di fiducia.
Il governatore ritiene che la bassa crescita non sia soltanto un problema di bassa domanda aggregata, ma anche un effetto di “un ambiente economico poco favorevole all’attività delle imprese, alla loro crescita, agli investimenti, al lavoro”: perciò, “limitarsi alla ricerca di un sollievo congiunturale mediante l’aumento del disavanzo pubblico, sostenuto per diverse ragioni e diversi fini sia da Lega che da M5S, può rivelarsi poco efficace, addirittura controproducente qualora determini un peggioramento delle condizioni finanziarie e della fiducia delle famiglie e delle imprese”.
Visco ha anche esortato a “definire una strategia rigorosa e credibile per la sua riduzione nel medio termine”, in quanto l’Italia presenta un mix indesiderabile di costo del debito più elevato e crescita economica più bassa rispetto al resto dell’Eurozona. Per far ciò occorrerebbe (i) “un’attenta disciplina di bilancio” per far risalire la fiducia nel mercato dei titoli pubblici, ormai la maggiore determinante del costo del debito, e (ii) “interventi profondi sulla composizione della spesa e delle entrate” per favorire un ritorno a più alti tassi di crescita.
Forza Antonio, siamo tutti Con…te.
Fonte foto: tpi.it
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