La Plastica: il mostro marino moderno

La Terra è l’unico pianeta che abbiamo. E’ l’unica casa che potremo mai avere. La sua superficie è ricoperta per il 70% di acqua. Gli oceani sono indispensabili per il mantenimento della vita e per la regolazione del clima. E’ un sistema chiuso: non potremo mai avere una quantità maggiore o minore di acqua di quella che esiste sul pianeta. Perciò è un bene preziosissimo.

Lo stato di salute dei nostri mari è pessimo: sono sporchi ed il loro tasso di inquinamento peggiora continuamente ad una velocità preoccupante. Allo stato attuale delle cose la situazione è drammatica: i nostri mari stanno, letteralmente, soffocando stretti nella morsa di materiali non biodegradabili o difficilmente biodegradabili che ne rovinano la fauna e la flora, ne compromettono l’equilibrio e li rendono nocivi anche alla nostra salute.

Un materiale od una sostanza si definisce biodegradabile quando, attraverso l’azione di batteri, enzimi, microorganismi ed altre cause esterne, si degrada in natura e viene assorbito dall’ambiente. Questa è la base della creazione del nutrimento per gli animali e le piante. Ma attenzione: non sempre i materiali biodegradati sono innocui. Ce ne sono alcuni che sono più inquinanti una volta decomposti rispetto al loro stato originale.

La natura è in grado di degradare in modo innocuo per l’ambiente molti materiali (tra cui addirittura alcuni metalli pesanti ed idrocarburi) ma non è in grado di farlo con la plastica. Nel corso dei decenni i mari, dove finisce l’85% della plastica prodotta, per effetto delle radiazioni UV del sole e del moto ondoso la sminuzzano e la riducono in una poltiglia composta da piccoli frammenti di dimensioni inferiori ai 5 millimetri che noi chiamiamo microplastiche.

Ogni singolo pezzo di plastica mai prodotto dall’uomo nella storia esiste ancora

Nei mari e negli oceani, secondo fonti ufficiali, abbiamo 65 milioni di tonnellate di rifiuti. Questo dato cresce di 8 milioni di tonnellate l’anno rendendoli una vera e propria discarica. La quasi totalità di questa spazzatura è costituita da vari materiali plastici: bottiglie, cotton fioc, pneumatici, cannucce, accendini. Inoltre, naturalmente, ci sono le letali microplastiche che sono composte da plastiche sminuzzate, polietilene contenuto nei cosmetici, nei dentifrici e microfibre sintetiche contenute nei nostri abiti.

La spazzatura uccide gli animali, in parte si deposita sui fondali e galleggia sulla superficie. I pesci, in particolare, sono molto attratti dalle microplastiche e le scambiano per cibo. La dimensione, il colore ed il fatto che galleggiano o sono in sospensione nelle acque la rende molto simile nell’aspetto al plancton che, come sappiamo, è alla base della catena alimentare marina. Perciò la mangiano. Queste particelle si depositano nei loro stomaci. Col tempo i pesci cominciano a sentirsi sazi e non sentendo più il bisogno di nutrirsi muoiono (questo è un fatto terribile) di fame.

Per effetto della diminuzione della quantità di fauna marina e dell’aumento della quantità di plastica si stima che entro il 2050 il peso complessivo della plastica nei mari sarà superiore al peso complessivo dei pesci e di tutti gli animali marini.

Produciamo materiale plastico, che è pressoché indistruttibile, con quasi l’unico utilizzo che non gli si addice ma anzi è il più controindicato: l’usa e getta. Si tratta di un errore gravissimo. 

Inoltre siamo molto indietro riguardo il grado di civiltà e di educazione ambientale. La media di riciclo mondiale della plastica è del 15%. Si va dal 30% dell’Europa al 10% del Nord America fino a meno dell’1% dei paesi in via di sviluppo come accade nel Sud Est asiatico, in Africa, in Cina ed in India (in questi due ultimi paesi viene prodotta il 30% della plastica mondiale). Tutto quanto non è riciclato finisce in mare al ritmo dell’equivalente di un camion al minuto. Nel tempo che impiegherete a leggere questo articolo saranno finiti in mare almeno 5 camion di spazzatura.

 I continenti di plastica

La plastica che finisce in mare galleggia sull’acqua. Ma dove va a finire? Per effetto delle correnti, della rotazione terrestre, dell’effetto di Coriolis e per altre cause si accumula soprattutto nelle zone medio oceaniche: né troppo a nord né troppo a sud. Ce ne sono almeno sei sulla Terra. La più grande di esse è la “Great Pacific Garbage Path”che si trova a metà strada tra le Hawaii e la costa della California. E’ grande come metà Stati Uniti e la parte con maggiore concentrazione di rifiuti è più estesa della Francia. Raccoglie la quasi totalità delle plastiche prodotte e disperse in mare da Cina, Malaysia ed India. Ce ne sono di enormi anche nel nord dell’Oceano Atlantico, nel sud del Pacifico e dell’oceano Indiano. Se ne sta formando una anche qui, di fronte a noi, sebbene di dimensioni ridotte. Si trova tra l’Isola D’Elba e la Corsica. Area famosa per la presenza di balene. Le poche che ci sono nel Mediterraneo.

Noi tendiamo a sottovalutare questo problema. Lo facciamo perché lo percepiamo come una questione che riguarda qualcun altro, un evento lontano che non ci tocca nel quotidiano. Sapete che, invece, il cotton fioc che avete usato stamattina tra qualche anno galleggerà migliaia di chilometri lontano da voi? Ci sono alcuni uomini  e donne, nel mondo, che nel loro piccolo puliscono spiagge. Come Captain Oh in Thailandia, Atroz Shah in India. C’è Mayra, in Kenya, che recupera bottiglie di plastica, le riempie di sabbia e le usa per costruire piccole abitazioni per gli abitanti del suo villaggio (Fonte: archivi Mediaset). Ci sono associazioni in tutto il mondo che lo fanno. Ma a cosa serve? Nel giro di pochi minuti la situazione torna esattamente come prima del loro intervento.

Il vero effetto delle loro azioni è la sensibilizzazione

Molte persone e molti governi, negli ultimi anni, stanno prendendo coscienza della situazione drammatica che viviamo grazie a loro. Il governo del Kenya è stato il primo a bandire totalmente l’uso dei sacchetti di plastica. Le sanzioni per i trasgressori sono severissime: multe che arrivano a 50.000 dollari e fino a 4 anni di carcere (Fonte: La Repubblica). Attenzione se ci andate in vacanza perché vale anche per voi. In Europa i primi a fare qualcosa sono stati la Francia ed il Regno Unito. Ora anche la UE ha vietato le plastiche monouso (Piatti, bicchieri, cannucce e posate) ed i paesi membri dovranno adeguarsi nel giro di pochi anni. In Nord America il paese più sensibile è il Canada che ha varato una serie di leggi atte a contenere l’utilizzo della plastica.

La situazione è estremamente difficile ma siamo ancora in tempo

L’oceanografa Statunitense di fama mondiale Sylvia Earle sostiene che ogni azione che intraprenderemo nei prossimi 12 anni sarà determinante per la soluzione del problema o, altrimenti, per la condanna alla distruzione degli oceani (Fonte: Fox News Magazine). La comunità scientifica condivide largamente questa interpretazione e, fortunatamente, qualche segnale positivo inizia a vedersi.

Cosa possiamo fare, nel quotidiano, per dare il nostro contributo?

Innanzi tutto prendiamo coscienza. Sensibilizziamo i nostri amici e parenti. Educhiamo i nostri figli. Saranno loro a non poter più contare sui mari e sull’ambiente; non noi.

Condividiamo sui social, iscriviamoci e sosteniamo le associazioni ambientaliste locali ed ogni tanto andiamo a pulire una spiaggia insieme ad altri volontari. Ma soprattutto intraprendiamo alcune semplici azioni che aiuteranno l’ambiente. Cambiamo alcune piccole abitudini che per noi saranno poca cosa ma per la natura saranno importantissime.

La biologa marina Mariasole Bianco suggerisce alcune piccole soluzioni da adottare nella vita quotidiana: non beviamo acqua in bottiglia ma usiamo una borraccia e riempiamola. L’acqua delle nostre città è ottima.

Usiamo bicchieri di vetro invece di quelli di plastica. Quando andiamo a bere qualcosa con gli amici rifiutiamo la cannuccia e beviamo dal bicchiere.

Quando siamo in giro usiamo posaceneri portatili di alluminio (si comprano per pochi euro). Non gettiamo i mozziconi dal finestrino dell’auto e non abbandoniamoli in spiaggia. Usiamo solo sacchetti biodegradibili.

Quando facciamo il bucato usiamo buste specifiche per abiti e mettiamoci dentro gli abiti sintetici prima di ogni lavaggio. Si possono acquistare con facilità e sono economiche.

Non usiamo cosmetici e saponi che contengano polietilene (si legge in etichetta) perché contengono microplastiche (ad esempio: dentifrici con microgranuli e prodotti esfolianti).

Ma soprattutto, per sconfiggere questo terribile mostro che è la plastica, ricicliamo!

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.