La riforma costituzionale Boschi-Renzi e il suo corrispondente nelle altre democrazie

meboschiLa Camera dei deputati ha approvato, in prima lettura, la riforma costituzionale che trasforma il sistema parlamentare italiano in bicameralismo imperfetto. La riforma, già approvata alla Camera, era stata emendata in Senato e ora dovrà essere approvata nello stesso testo, in seconda lettura, trascorso un periodo di riflessione di almeno tre mesi.

Si tratta di uno dei punti fondamentali del programma di governo di Matteo Renzi, che ricalcava quello da lui stesso presentato al proprio partito, al momento di insediarsi come nuovo segretario politico. Per la sua redazione, il neo-segretario aveva fatto alcune considerazioni su ciò che non andava nel sistema costituzionale italiano: il bicameralismo perfetto, cioè la presenza contemporanea di due camere (Camera dei Deputati e Senato) con le stesse funzioni ed elette nello stesso modo (a parte una regionalizzazione del sistema al Senato); l’elevato numero complessivo dei parlamentari (630 alla Camera e 315 al Senato, oltre ai senatori a vita), con conseguenze nei costi a carico del bilancio dello Stato; la concorrenza legislativa tra Stato e regioni in talune e troppo numerose materie e la necessità di riaccentrare nelle mani dello Stato talune importanti funzioni; la previsione costituzionale di alcuni enti, da lui definiti “inutili” e costosi.

Il testo della modifica costituzionale, ora approvato in prima lettura, attribuisce alla sola Camera dei deputati il potere di accordare o revocare la fiducia al governo in carica; riduce i senatori a 100 e modifica il loro sistema di elezione, in quanto saranno scelti tra i sindaci delle maggiori città e i consiglieri regionali, senza aggravio di costi a carico dello Stato; pone – soprattutto – il Senato in posizione subordinata, rispetto alla Camera, nel processo di formazione delle leggi, in quanto sarà titolare esclusivamente di un potere di veto sospensivo. La riforma, inoltre, opera una netta separazione tra le competenze legislative regionali e statali, riaccentrando allo Stato le materie concernenti la sicurezza, l’energia e il governo del territorio; anche nelle materie di competenza regionale, inoltre, lo Stato potrà legiferare quando ritiene che ricorra l’esigenza di una disciplina unica (cosiddetta “clausola di supremazia”). Infine, si aboliscono definitivamente province e CNEL.

Per pronunciarsi se la riforma sia avanzata e in linea con le altre democrazie occidentali, occorre, però, andare a curiosare come funzionano le cose all’estero, in particolare per quanto riguarda il bicameralismo e il numero dei parlamentari. Cominciamo dal caso che meno si attaglia a quello italiano: gli Stati Uniti d’America, trattandosi di una repubblica federale e presidenziale, al contrario dell’Italia, che è uno Stato unitario e una repubblica parlamentare.

Negli USA vige un bicameralismo quasi perfetto. Esiste una Camera dei rappresentanti, attualmente composta da 435 membri eletti su base statale in proporzione alla popolazione e un Senato composto da 100 membri, due per ogni stato federato. Il numero complessivo dei parlamentari, quindi (535) sarà inferiore a quello del Parlamento italiano anche dopo la riforma Boschi-Renzi (730). La differenza di competenze tra i due rami del Parlamento USA è leggermente sfalsata in favore del Senato, a cui compete in via esclusiva la ratifica dei trattati internazionali e la nomina dell’alto personale diplomatico, dei giudici e dei membri delle amministrazioni federali. I progetti di legge in materia finanziaria, però, possono essere proposti solo dalla Camera dei rappresentanti e poi votati da entrambe le camere. Il parlamento federale, tuttavia, legifera solo in talune ristrette materie, in quanto il resto è riservato ai parlamenti statali e non ha il potere di dare o revocare la fiducia al governo federale che è responsabile solo nei confronti del Presidente.

Nella repubblica semi-presidenziale francese, il Parlamento è composto da due Camere, l’Assemblea Nazionale e il Senato ma il bicameralismo presenta elementi di imperfezione leggermente maggiori che negli Stati Uniti. Le leggi sono, infatti, approvate in un testo identico da entrambe le camere con leggera preminenza per l’Assemblea nazionale in caso di reiterata mancanza di accordo tra le stesse (sinora mai accaduto). Il governo entra in carica senza chiedere alcuna fiducia al Parlamento ma solo l’Assemblea Nazionale – e non il Senato – può formulare una mozione di censura al governo. L’Assemblea Nazionale è formata da 577 deputati eletti dal popolo. Il Senato è composto da 346 senatori eletti da circa 150.000 soggetti tra sindaci, consiglieri comunali, delegati dei consigli comunali, consiglieri regionali e deputati: poco meno di quanto siano attualmente in Italia (945) ma di molto superiore di quanto previsto dalla Boschi-Renzi (730).

In Gran Bretagna, invece, il bicameralismo è assolutamente imperfetto e il numero dei parlamentari superiore a quello dell’Italia, già prima della Boschi-Renzi. Il Parlamento è, infatti, composto dalla Camera dei Comuni (630 membri elettivi) e dalla Camera dei Lords (oggi 826 membri nominati a vita dalla regina, tranne 92 che sono ereditari) per un totale di ben 1456 parlamentari. La Camera dei Lords ha, però, solo il potere di veto sospensivo sulle leggi approvate dai “Comuni” e anche il governo deve essere sorretto dalla maggioranza della sola Camera dei Comuni. Sostanzialmente, dunque, l’Italia si è molto adeguata al sistema britannico, tranne che per il numero dei parlamentari che ha ridotto ulteriormente.

In Germania esiste il Bundestag, composto da 630 deputati eletti dal popolo e il Bundesrat (Consiglio federale), attualmente di 69 membri, in rappresentanza delle autonomie locali. Il numero complessivo dei parlamentari sarà quindi leggermente inferiore a quello dell’Italia anche dopo l’eventuale approvazione della Boschi-Renzi. Il bicameralismo è imperfetto, perché la funzione legislativa del Bundesrat è limitata a determinati settori, individuati dalla costituzione. Il cancelliere federale (Presidente del Consiglio) è eletto dal Bundestag e, quindi, è responsabile solo di fronte ad esso.

Infine, in Spagna, il Parlamento (Cortes) è formato dal Congreso (350 membri tutti elettivi) e dal Senato (208 senatori elettivi +56 designati dalle 17 Comunità Autonome). Le Cortes hanno il potere di emanare leggi e di emendare la Costituzione ma solo il Congreso può dare la fiducia o negarla al Presidente del Governo. Bicameralismo imperfetto e numero dei parlamentari inferiore a quello dell’Italia.

In sostanza, notiamo che in nessuna grande democrazia occidentale, il bicameralismo è perfetto come lo è in Italia. Si avvicinano a tale forma la repubblica presidenziale statunitense e quella semipresidenziale francese ma i sistemi parlamentari prevedono tutti il bicameralismo imperfetto. La camera posta in posizione subordinata è quasi sempre espressione delle autonomie locali (tranne che nel Regno Unito). La riforma costituzionale attualmente in corso di approvazione in Italia è quindi, sicuramente allineata alle maggiori democrazie occidentale. Inoltre, oltre a eliminare il rimpallo delle leggi tra una camera e l’altra e il doppio passaggio della fiducia alla coalizione governativa, riduce di oltre il 20% il numero dei parlamentari e di un terzo quello degli “stipendiati”. Facciamo peccato a pensare che la forte opposizione alla riforma di ampi settori del Parlamento sia dovuta proprio a quest’ultimo motivo?

di Federico Bardanzellu 

foto: Commons

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