“The Donald” Trump partito come outsider, considerato un parvenu nella politica, un miliardario con manie di grandezza, piano piano ha sbaragliato uno per uno i suoi avversari più quotati nel partito repubblicano, uno su tutti Jeb Bush tagliando il traguardo della vittoria contro una potentissima Hillary Clinton.
Vince anche il GOP
È sbagliato pensare che sia solo la vittoria di Donald Trump, ma è tutto il Partito Repubblicano il GOP che ha vinto, conquistando la maggioranza sia al Senato ma anche alla Camera dei Rappresentanti. Neanche Reagan c’era riuscito. Eppure il Partito Repubblicano, ha osteggiato Trump, ha fatto di tutto per contrastarlo, qualcuno addirittura ha invitato a votare la Clinton. Ma nonostante tutto questo il Partito Repubblicano ha raccolto una vittoria storica.
Quindi non solo una vittoria di Trump come molti sostegono, ma di tutto il GOP, e dall’altra parte non è la sconfitta solo di Hillary Clinton ma di tutto il Partito Democratico Americano.
L’errore delle “Presidential Polls”
Un dato che salta agli occhi è quello che le “Presidential Polls” della stampa e dei mass media hanno sbagliato. Qualcosa non ha funzionato nel sistema dell’informazione. Si è sempre detto in questi ultimi mesi che Hillary Clinton anche se con difficoltà avrebbe sicuramente vinto le elezioni. Affermazioni corroborate dalle “Presidential Polls“, che ancora ad ottobre davano la Clinton in vantaggio di circa 300 Grandi Elettori contro Trump. Sono stati dati volutamente falsati oppure un grave errore nei conteggi? E’ stato un tentativo di tranquillizzare l’elettorato USA negando un possibile vittoria di Trump, oppure si è voluto sostenere per forza Hillary Clinton? Un complotto della grande stampa contro Trump? oppure un errore clamoroso.? Sta di fatto comunque che se si analizzavano i socialnetwork questi raccontavano altre cose, i pareri su Trump non erano cosi negativi ma soprattutto una cosa era evidente. L’insofferenza verso la Clinton.
Hillary Clinton, il candidato sbagliato
La scelta del Candidato Hillary Clinton da parte del Partito Democratico è stata un grave errore. Che la Clinton fosse “unliked” era apparso evidente già nelle primarie democratiche del 2008, quando Barack Obama, allora un oscuro senatore dell’Illinois, nelle prime tornate l’aveva travolta in termini di voti e di popolarità. Considerando, che Obama sfidava un colosso della politica USA, non una semplice First Lady che si buttava in politica, una persona che veniva definita la vera artefice della vittoria del marito Bill alle presidenziali, era un segnale che per tanti motivi la Clinton non piaceva all’elettorato.
Il suo incarico come Capo del Dipartimento di Stato viene considerato disastroso, la crisi libica con l’eliminazione di Gheddafi, l’appoggio alla Primavera araba, e ai militanti anti Assad in Siria, con la nascita dell’ISIS, il suo ruolo nella crisi di Bengasi, con la more del Console Americano, sono tutte situazioni che hanno reso l’area mediorientale una polveriera, rendendo la politica estera di Obama un disastro.
Nelle primarie del 2016 la Clinton si è trovata di fronte Bernie Sanders, un indipendente “socialisteggiante” che senza grandi mezzi, senza l’appoggio del partito democratico le ha tenuto testa finchè a potuto, raccogliendo sui social network quei consensi che se ben supportati lo avrebbero sicuramente portato ad una vittoria, non solo alle primarie ma anche alla Casa Bianca. Nonostante tutto questo si è voluto continuare con la Clinton, confidando che con il suo potere ce l’avrebbe comunque fatta. Ma negli ultimi tempi le immagini del suo cattivo stato di salute, il problema dell’emailgate e di altri possibili scandali della sua Fondazione, e la lettera del capo dell’FBI Cormey al Congresso ne hanno definitivamente offuscato l’immagine.
“The Donald” Trump il candidato “odiato” dal suo partito
La storia di Trump è più semplice. Stereotipo del miliardario americano, pacchiano, accusato di essere sessista, reazionario, razzista era stato considerato all’inizio delle primarie repubblicane come un fastidio, di cui si sarebbe stato facile liberarsi. E invece è successo tutto il contrario. Piano piano Trump ha battuto tutti i suoi concorrenti e l'”establishmet” del suo partito, che ha fatto di tutto per bloccarlo. Ha colpito nel segno i problemi delle classi povere americane figlie della deregulation, dei trattati economici che spostano le aziende in altri paesi, delle spese militari che fanno odiare l’America nel mondo, contro l’immigrazione clandestina, contro l’islamismo.
Ma Trump ha soprattutto rotto l’equilibrio del “politically correct” del tutto comunque va bene, che l’America è una grande e buona democrazia, che va esportata in tutto il mondo. Trump ha tirato fuori i veri problemi della società americana, e per farlo ha dovuto esprimersi in modo violento, se no nessuno lo avrebbe ascoltato.
L’immagine mediatica di Trump, il suo ciuffo e i Simpson
Trump ha saputo sfruttare la sua immagine mediatica. Paradossalmente il suo ciuffo di capelli, deriso da molti, è stato il suo punto di forza di immagine. tanto da essere paragonato ad una serie di successo mondiale come i Simpson. Quanto sbiadita e inconcludente è stata nelle sue apparizioni la Clinton, tanto invece Trump ha “bucato” il video. La strategia di Trump è stata quella di attirare su di se l’attenzione, di farsi sentire anche di farsi insultare per quello che dice, scatenando le discussioni, dividendo i pareri con il risultato di essere sempre sulla bocca di tutti. Rompere il “politically correct” presentarsi con il suo improponibile ciuffo di capelli lo hanno fatto diventare un punto di riferimento. Il voto dell’elettore doveva esprimersi non su una sfida tra lui e la Clinton, ma alla fine decidere solo su un punto: TRUMP SI o TRUMP NO.
Questa è stata la scommessa di “The Donald” Trump. Una scommessa che ha vinto. Ora inizia il difficile.
di Gianfranco Marullo
Scrivi