Lottare con le proprie paure, le proprie ansie, i propri dolori è, da sempre, l’operazione più complessa di ogni individuo. Se poi tra queste ansie, paure e dolori si nasconde una violenza, subita a 13 anni appena, la questione diventa molto più complessa e spinosa da affrontare. Samantha Geimer, vittima nel 1977, di uno stupro da parte del regista Roman Polanski, ha ripercorso attraverso la stesura di un libro, il suo dolore: “The girl” il titolo di questa dolorosa biografia che, a quanto pare, non tralascia alcun dettaglio.
Era il 1977, Samantha aveva 13 anni, quando si recò nella villa di Jack Nicholson, a Los Angeles, per un servizio fotografico a cura del regista Polanski, all’epoca 43enne. Non poteva sapere, che ad attenderla, non ci sarebbe stato un regista, un fotografo, un uomo che svolgeva il suo lavoro, ma un carnefice. Dopo averla fatta ubriacare e dopo averla drogata, il regista polacco abusò di Samantha. Lo stupro, avvenuto dopo qualche giorno dall’arrivo della ragazza nella casa dell’orrore, non ha lasciato impunito Polanski, il quale fuggì dagli Stati Uniti, dove non è più tornato. Inseguito da un mandato di cattura internazionale dell’Interpol valido in 188 Paesi, oggi il 79enne Polanski vive tra Francia e Svizzera. Il governo di Berna lo arrestò tre anni fa, ma poi decise di non consegnarlo alla giustizia americana.
Oggi Samantha Geimer ha 48 anni. Sono trascorsi 35 anni da quella notte in cui una ragazzina, ha dovuto fare i conti con il dolore più grande che una donna possa subire. Un dolore che non va via. Un dolore che lascia tracce che diventano solchi. Un dolore che può diventare talmente distruttivo da condurre alla morte, come è successo in molti casi. Lei, Samantha, ha lottato all’epoca dei fatti, seppur ancora minirenne. Lotta oggi, che è una donna adulta, ma che cerca ancora una via di espiazione per quella bambina oltraggiata e abusata. Ha scritto un libro verità, scioccante e doloroso. Un libro che deve averle risvegliato tutti quei tormenti che non puoi dimenticare, in nessun modo. Lo ha fatto “non con rabbia, ma con l’obiettivo di ricercare me stessa”, dice.
C’è chi, però, dietro questo libro vede solo una strategia di marketing, perché nelle pagine della sua biografia, la stessa Samantha perdona il suo aggressore e chiede per lui, il non luogo a procedere. Non sappiamo cosa abbia spinto la donna al perdono del suo aguzzino e non è necessario pensare che dietro questo gesto ci sia solo una operazione economica. Piuttosto sarebbe opportuno fermarsi a riflettere su un’altra questione: attraverso la lettura di “The girl” ogni donna, presto o tardi, dovrebbe trovare il coraggio di denunciare, sempre, le violenze subite. Non è mai troppo tardi per farlo e non c’è un limite sulla modalità attraverso cui farlo. L’importante è agire.
di Silvia Trupo
foto: www.huffingtonpost.com
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