Secondo un recente studio interdisciplinare sull’eruzione del Vesuvio, condotto dai vulcanologi dell’Osservatorio Vesuviano-Ingv Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo e dai biologi Pierpaolo Petrone e Fabio Guarino dell’Università Federico II di Napoli, l’area più a rischio, la cosiddetta “zona rossa” del piano di evacuazione, sarebbe da rivedere. Secondo questa ricerca, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Plos One, per garantire la completa copertura dei territori interessati ad una nuova eruzione, l’area dovrebbe comprendere anche Napoli e Castellammare di Stabia. Il risveglio del Vesuvio, la cui ultima eruzione risale al 1944, ovviamente non è prevedibile. Nessuno può sapere con esattezza se e quando si verificherà e quali danni causerà, ma secondo diversi scienziati ciò è probabile. Il vulcano napoletano, oggi in “stato di attività condizionato da condotto ostruito” ( così si dice tecnicamente quando il magma in esso contenuto si è raffreddato solidificandosi), sembra in uno stato di calma apparente ma le sue condizioni, secondo i maggiori esperti nazionali e internazionali di vulcanologia, non lasciano dormire sonni tranquilli perché il rischio di una violenta eruzione è concreto e questo sonno può cessare da un momento all’altro. Considerando che: gli abitanti che affollano l’area vesuviana sono decine di migliaia, esclusa la città di Napoli; che i vulcanologi sostengono che l’eruzione può essere anticipata da scosse sismiche violente; che secondo Bertolaso le conseguenze di questi terremoti sarebbero ”paragonabili a quello che e’ accaduto a L’Aquila il 6 aprile dell’anno scorso” (ANSA 27 aprile) quindi già questi decisamente dannosi autonomamente; che sempre secondo il capo della Protezione Civile, l’eruzione del vulcano ”provocherebbe una colonna di fumo e lapilli alta fino a 20 chilometri e la caduta di cenere interesserebbe una zona compresa tra Salerno e quella al confine tra Lazio e Campania”; non si riesce a comprendere il lassismo che regna nelle sedi competenti e la mancata considerazione di uno studio che prenda in seria considerazione e attui immediatamente un piano di sistemazione in altri territori di tutte quelle persone che quotidianamente rischiano la vita, in alcuni casi, anche inconsapevolmente. Non si può agire sempre a fatti avvenuti, sarebbe opportuno, in questo caso specifico, muoversi per tempo. Agire subito. Visto che la scienza aiuta, e spesso permette di salvare vite umane, sarebbe utile in questo periodo di allerta pensare ad un piano di costruzione per una Nuova Napoli. Una città nuova, “adiacente” alla storica, che permetterebbe a tutte quelle famiglie che abitano a ridosso del vulcano, e alle tante altre che nel capoluogo partenopeo vivono in condizioni disagiate e potrebbero anch’esse approfittarne, di poter essere alloggiate in un luogo protetto nell’eventualità di una nuova eruzione e poter sperare in un futuro più sicuro e in una vita degna della storia di questa meravigliosa città.
Enzo Di Stasio
Foto: www.protezionecivile.it
Info: www.ov.ingv.it
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