L’interesse dei mass media per la vicenda della possibile uscita della Grecia dall’eurozona (poi scongiurata) ha fatto passare in secondo piano l’accordo diplomatico tra l’IRAN e gli Stati Uniti, sotto l’egida dell’ONU. Una vicenda che, nel contesto extraeuropeo ha avuto, invece, ben altra risonanza.
Le relazioni diplomatiche tra USA e Iran, infatti, erano difficoltose da più di 35 anni e cioè dall’avvento del Komeinismo e, soprattutto, dalla crisi degli ostaggi dell’Ambasciata americana (1979). Da allora gli USA hanno reiteratamente accusato l’Iran di affiancare il terrorismo internazionale, dando appoggio agli hezbollah in Libano e ad Assad in Siria. Le prime sanzioni ebbero come conseguenza la riduzione della capacità produttiva iranica dell’estrazione di petrolio e hanno ha spinto l’Iran alla realizzazione di centrali nucleari, grazie alla collaborazione tecnologica e alle fornitura di materie prime (uranio) da parte di Russia e Cina. Con ciò si è subito materializzato lo spettro di una minaccia atomica iraniana che gli USA (e Israele) hanno ritenuto esiziale per la pace nell’area, nonostante che altre potenze locali come il Pakistan, l’India, e la stessa Israele, si fossero già dotate di capacità atomica. Il conseguente rafforzamento dell’embargo ha determinato l’uscita del petrolio iraniano dal mercato e l’arricchimento a dismisura dei paesi arabi fornitori, i cosiddetti “moderati”.
L’avvento di Al Qaeda e dell’ISIS ha scombussolato il quadro politico medio-orientale con la formazione di un comune avversario tra USA e Iran. Mentre l’Iran è di fede musulmana sciita, infatti, l’ISIS è sunnita e ha iniziato a combattere la sua guerra santa a partire dall’Iraq filo-americano, cioè ai confini con l’Iran. E’ evidente il disegno dell’ISIS e dei suoi finanziatori, di prendere il controllo della produzione petrolifera irachena e dei suoi canali di commercializzazione, escludendo le compagnie petrolifere occidentali. Tutto ciò con il comportamento ambiguo dei paesi arabi c.d. moderati, sinora alleati degli USA, ma tutti di confessione sunnita e sospettati da più parti di finanziare l’ISIS per rafforzare ancor più la loro posizione di forza in campo energetico.
Ciò ha portato gli USA a riavvicinarsi all’Iran, sino al raggiungimento dello storico accordo di Vienna – ufficialmente tra Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (USA, Russia, Cina, UK e Francia più la Germania e con la Presidenza dell’UE, rappresentata dall’italiana Federica Mogherini – che potrebbe aprire scenari assolutamente sensazionali.
L’accordo garantisce all’Iran la revoca delle sanzioni ma non l’embargo sulle armi, che resterà in vigore per altri cinque anni; mentre l’acquisto dei missili resta interdetto per altri otto. Resta possibile il consenso del Consiglio di sicurezza dell’Onu per forniture di armamenti specifici (leggi: in caso di attacco diretto dell/all’ISIS). In cambio l’Iran si impegna a ridurre del 98% la sua produzione di uranio arricchito e ciò non gli consentirà di dotarsi dell’arma nucleare per almeno i prossimi dieci anni. In caso di violazioni rilevate da ispezioni ONU liberamente consentite, le sanzioni verrebbero reintrodotte entro 65 giorni.
L’iniziativa diplomatica degli Stati Uniti con gli sciiti iraniani, comporterà sicuramente il ritorno sul mercato del petrolio iraniano e ciò concorrerà ad evitare possibili e/o sensibili nuovi rialzi del prezzo se non a determinare, addirittura, una sua ulteriore discesa, con buona pace dei paesi produttori. Dietro le quinte si profila il rovesciamento dell’alleanza tra gli USA e gli sceicchi arabi “moderati” di confessione sunnita e la loro sostituzione con l’Iran sciita in funzione anti ISIS e anti Al Qaeda; ciò comporta, inoltre, la fine dell’ostilità tra gli Stati Uniti e il dittatore siriano Assad, nei fatti già conclusa da tempo.
Il sovvertimento dello scenario è così sconvolgente che le dichiarazioni mediatiche sono state appositamente concordate tra i partners e concertate come se nulla fosse avvenuto. Il Presidente Obana ha infatti dichiarato che gli USA non hanno derubricato affatto l’Iran dalla lista dei paesi terroristi e che gli accordi stipulati non sono basati sulla fiducia ma “sulla verifica”. L’ayatollah Khamenei, guida suprema della rivoluzione iranica, infine, ha dichiarato che la politica del paese islamico, dopo l’accordo, non cambierà di una virgola. Ma tutti sanno che è già cambiata.
Fonte: Commons
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