Lunedì sera sono stati trovati morti nel villaggio di Halhul vicino Hebron, i tre adolescenti israeliani rapiti il 12 giugno scorso in Cisgiordania, mentre facevano autostop nei pressi della Statale 60.
Si tratta di Eyal Yifrah (19 anni) Gilad Shaar (16) e Naftali Fraenkel (16). I giovani stavano rientrando da un seminario ebraico (due di essi studiavano nel collegio rabbinico di Kfar Etzion, un’istituzione aperta ed avanzata all’interno della corrente nazionalista ebraica).
Il rapimento è avvenuto mentre sulle tv scorrevano le immagini dell’inizio dei mondiali di calcio in Brasile. Probabilmente i rapitori hanno potuto agire in maniera indisturbata proprio grazie a questa coincidenza e ai controlli più radi. Ricordiamo infatti che otto anni fa, anche il caporale Ghilad Shalit, era stato rapito a Gaza proprio durante i Mondiali di calcio.
I ragazzi sarebbero stati ingannati dal fatto che la radio della Hyundai su cui viaggiavano i rapitori, era sintonizzata su radio Gerusalemme ed essi sembravano ebrei ortodossi. Da subito tuttavia i giovani si sarebbero accorti della trappola e avrebbero cercato di contattare la polizia israeliana, ma la loro morte sarebbe avvenuta nel giro di 15 minuti.
Il rapimento era stato rivendicato da ISIS (The Islamic State of Iraq and the Levant) attraverso un volantino diffuso a Hebron e Netanyahu, affermando “Hamas la pagherà” aveva subito dato il via a massicce operazioni militari per la ricerca.
Il viceministro alla Difesa Danu Danon aveva inoltre incalzato“la fine tragica dei tre ragazzi deve essere anche la fine di Hamas”, mentre il portavoce del movimento islamico replicava “Ogni offensiva di Israele aprirà le porte dell’inferno”.
L’esercito, in particolare ha effettuato centinaia di arresti, incursioni notturne, chiusura di intere regioni, oltre ad aver arrestato giornalisti e parlamentari palestinesi. Così sono state poste sotto assedio Hebron, Nablus, Betlemme, in alcuni casi private di luce e acqua per intere giornate, a scopo punitivo.
In tutto ciò gli Israeliani ritengono che questo sia stato un pretesto per colpire Hamas e interrompere l’accordo per la creazione di un governo unitario palestinese, stipulato tra Hamas (Gaza) e l’Autorità Palestinese (Cisgiordania). Esso prevede la fusione degli apparati pubblici che si erano sviluppati separatamente a Gaza e in Cisgiordania. Ad oggi tuttavia pare che i dipendenti dell’Autorità Nazionale abbiano ricevuto gli stipendi, quelli dipendenti da Hamas no. Accordo tra Olp e Hamas.
Ma ecco cosa ha scritto l’AssoPace Palestina in un comunicato stampa.
Ogni morte ci diminuisce! AssoPacePalestina ritiene che l’assassinio dei tre giovani coloni israeliani sia un crimine che non può essere giustificato e che coloro che lo hanno commesso non siano certamente “eroi”.
Hanno tolto la vita a tre persone disarmate e minato fortemente la causa palestinese, oltretutto nel momento in cui si era formato un governo di unità nazionale.
Tutto ciò però non giustifica minimamente le rappresaglie messe in atto dal governo israeliano, che per ricercare i tre giovani e trovare i responsabili ha messo a ferro e fuoco un’intera popolazione punendola collettivamente per un crimine commesso da precisi responsabili.
Ogni morte, palestinese o israeliana che sia, pesa sulle nostre coscienze come un macigno.
Pesa sulle responsabilità della Comunità Internazionale che, pur essendo consapevole delle persistenti violazioni delle risoluzione delle Nazioni Unite e dei diritti umani da parte del governo Israeliano, non ne fa pagare il prezzo a Israele, limitandosi a semplici rimbrotti.
Nel leggere le dichiarazioni di Ministri israeliani e dello stesso primo ministro si resta annichiliti per la volontà distruttiva che esprimono.
Demolire le case delle famiglie dei due presunti colpevoli fa parte di una cultura della vendetta che dovrebbe appartenere al passato tribale, ma di cui Israele è talmente intrisa da applicarla continuamente nella totale impunità.
Fa parte della lucida operazione di distruzione della società e della cultura palestinese l’aver attaccato e distrutto in queste settimane di rappresaglia centri culturali, luoghi di comunicazione, case editrici, archivi.
Quattordicimila soldati sono stati mandati nelle case, nei villaggi e nelle città, distruggendo vite, beni, risorse: ben dieci persone sono morte, tra cui bambini uccisi durante le incursioni. Erano tutti disarmati. Più di 500 persone sono state sequestrate ed incarcerate.
Nessuno dei nostri uomini o donne di Stato ha rivolto loro un pensiero o ha chiesto ad Israele di fermare la punizione collettiva di un intero popolo.
AssoPacePalestina chiede all’Unione Europea, al nostro governo e a tutte le Istituzioni Internazionali, di non considerare più Israele al di sopra della legge; di ascoltare e dare forza alle voci che arrivano anche da Israele, come quella dell’ex Presidente del suo Parlamento, Avraham Burg, o quella dei parenti delle vittime israeliane, che si mischia alla voce dei parenti delle vittime palestinesi e chiede di porre fine alla violenza e all’ingiustizia.
E’ l’appello lanciato da palestinesi e israeliani che ritengono che la pace sia possibile e necessaria ai due popoli, ma che la pace non potrà esserci se la Comunità Internazionale non opererà per la fine dell’occupazione e della colonizzazione della terra di Palestina.
di Simona Mazza
foto: roma.repubblica.it
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