Con precisione svizzera ogni quattro anni, agli inizi dell’autunno in Germania si vota.
Quale risultato uscirà dalle urne domani, 24 settembre? Numerosi elettori hanno già votato per posta, il resto a votare ci andrà fisicamente. Molti, probabilmente, moltissimi, non ci andranno proprio.
Quasi certamente la cancelliera Angela Merkel sarà rieletta uguagliando, con quattro mandati consecutivi, il record di Helmut Kohl. Un recente sondaggio effettuato dall’istituto di osservazione e analisi “Forschungsgruppe Whalen” con sede a Mannheim ha rivelato che l’83 per cento di coloro che hanno votato credono che la Merkel e l’Unione (CDU-CSU: Unione Democratica Cristiana e Unione Cristiana Sociale) vinceranno le elezioni. L’incognita principale è un’altra e riguarda la composizione della futura coalizione di governo.
Sarà una riedizione della grande coalizione tra CDU-CSU (Unione Democratica Cristiana e Unione Cristiana Sociale) e i social-democratici della SPD? Oppure ci saranno altre configurazioni con la partecipazione dei verdi e dei rinati liberal-democratici (erano scesi sotto la soglia del 5% e scomparsi per alcuni anni dalla scena politica) della FDP? Che ruolo svolgeranno la sinistra (Die Linke) e Alternative für Deutschland (AfD)? Sono queste le questioni sul tavolo che caratterizzeranno nelle prossime settimane le negoziazioni post-elezioni. Alcuni osservatori ritengono che l’SPD potrebbe preferire di restare un po’ di tempo all’opposizione. Una possibilità questa alquanto probabile visto che i sondaggi danno in netta caduta il partito di Martin Schulz.
Nel duello televisivo che ha avuto luogo un paio di settimane fa è Schulz che ha convinto di meno. Era nervoso e invece di attaccare ha dato dimostrazione di buona educazione fino quasi a scusarsi con la Merkel quando la interrompeva. I due politici si sono confrontati sulle svariate problematiche che incombono sulla scena politica tedesca (e non solo): migrazione, terrorismo, politica estera (in primis il problema delle relazioni con la Turchia). Ma anche pensioni, riforma fiscale, pedaggi stradali, povertà delle fasce sociali più deboli. Tutti temi caldi e importanti. Sulla crisi dei rifugiati hanno parlato per circa un’ora, un po’ meno sul terrorismo. Peccato che abbiano praticamente dimenticato la questione del cambiamento climatico che molti sondaggi dicono essere al primo posto tra le preoccupazioni dei tedeschi.
Un altro tema che differenzia i programmi dei partiti e divide gli animi degli elettori è quello della difesa. Angela Merkel vorrebbe aumentare la spesa per la difesa portandola all’8 per cento nel prossimo anno con l’obiettivo di raggiungere a lungo termine il 2 per cento del PIL previsto dagli accordi NATO. Schulz ha respinto questi aumenti etichettandoli come un modo per assecondare le richieste dell’attuale amministrazione americana. Il ministro degli esteri Sigmar Gabriel, anche lui socialdemocratico come Schulz, ha definito queste elezioni un test che dirà se la Germania vuol rimanere una potenza pacifica o vuole unirsi alla follia da riarmo di Trump.
Una delle peculiarità dello scenario politico tedesco è il ruolo della CSU partito conservatore che esiste soltanto in Baviera, che ne è l’asse politico portante e che è stata una forza determinante all’interno del quadro nazionale della Repubblica Federale Tedesca fin dalla ricostruzione dei partiti politici dopo la seconda guerra mondiale. Da allora la CSU ha dominato il governo bavarese. A livello federale la CSU forma un partito unico con la CDU e ne condivide il programma nelle elezioni nazionali. Tale stretto rapporto non ha impedito litigi in famiglia. Alcuni di questi litigi hanno riguardato, recentemente, la politica della Merkel nei confronti dei migranti (nell’estate del 2015 oltre un milione di siriani, afgani e iracheni furono accolti, provenienti dalla cosiddetta rotta balcanica). Ma gli attriti tra CSU e CDU hanno riguardato anche la scelta dei candidati alla cancelleria col risultato che dal 1949 otto cancellieri, tutti membri del CDU, hanno governato la Repubblica federale per quasi cinquanta degli ultimi sessantotto anni.
Una cosa è certa. Chiunque governerà in Germania nei prossimi 4 anni, il paese resterà la grande locomotiva d’Europa che è stata negli ultimi vent’anni e più. Le elezioni politiche tedesche hanno quindi una importanza notevolissima soprattutto in un contesto europeo e internazionale. In tale contesto, fortemente caratterizzato dalla incertezza lasciata da Brexit, esse contribuiranno certamente a tamponare il rischio del populismo che si era fatto sempre più concreto e pericoloso fino alle ultime lezioni francesi. Un pericolo, tuttavia, tutt’altro che scomparso.
In un’Europa che rimane politicamente litigiosa, divisa e governata poco e male a livello centrale e coi tempi che corrono, caratterizzati dalle formidabili questioni che incombono sul pianeta nella sua globalità, il rischio che politica prenda derive incontrollabili resterà una inquetante costante. La guida franco-tedesca dei prossimi anni appare una timida garanzia di stabilità in un quadro tutt’altro che stabile. In tale quadro l’Italia come si posizionerà?
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