«Azzù tu si a vita mij, io ti amo, ma nun te mett’r maje tra me e o sang mij». Forse agli occhi di qualche lettore questa citazione non risulta così sconosciuta dato che è una delle frasi più celebri dette dal poliedrico Salvatore Esposito, alias Gennaro Savastano, in Gomorra 2-La serie di Stefano Sollima.
Salvatore Esposito (classe 1986) è un attore fuoriclasse del cinema italiano, giovane promessa di Napoli, idolo dei più e meno giovani; il suo esordio televisivo è nel 2013 con la serie Il clan dei camorristi, ma la sua enorme fortuna la deve a personaggio di Genny e all’intera interpretazione in Gomorra. Abbiamo incontrato il giovanissimo attore il giorno 12 luglio scorso durante una conferenza dal titolo Raccontare il crimine, scegliere la legalità tenutasi presso l’Università telematica Niccolò Cusano in Roma, organizzata dall’ateneo stesso e da Radio Cusano Campus. Insieme a Salvatore Esposito, hanno partecipato al dibattito Carlo Bonini (giornalista e scrittore italiano, celebre sia per i suoi servizi d’inchiesta per Repubblica sia per le pubblicazioni di Suburra e Acab-All Cops Are Bastard) e il giornalista/scrittore Sergio Nazzaro, autore del libro Castel Volturno: reportage sulla mafia africana.
Prima dell’inizio della conferenza, ci siamo avvicinati a Salvatore Esposito per porgergli una domanda inerente al grande tema dell’incontro odierno, la legalità.
Che cos’è la legalità per Salvatore e che cos’è la legalità per Genny?
«(ride) Allora, partiamo da Salvatore. La legalità per me è un forte strumento che può essere utilizzato dalle persone se coadiuvato da uno Stato forte che non abbandona la gente al proprio destino, ma la aiuta e la supporta, soprattutto fornendole quelle possibilità che la vita non regala. Beh, per Genny credo che la legalità non esista, infatti in Gomorra 2 ha cancellato qualsiasi forma di questo valore».
A inizio riunione, dopo l’intervento del magnifico rettore Fabio Fortuna, gli occhi erano puntati in toto verso il timido Esposito, il quale con una semplicità infinita e una ‘dolcezza’ disarmante (abituati a vederlo nelle vesti dello spietato camorrista Savastano), dopo aver ringraziato gli organizzatori dell’evento, afferma: «[…]Se tutto parte dalla visione del cinema, che sia negli Stati Uniti o in Italia, si capisce il vero il punto di partenza, perché se in questa décade lo spettatore medio italiano è stato abituato a un prete supereroe-il quale oltre ad essere un detective è uno psicoterapeuta (ma che benvenga!) e che porta tutti i cattivi sulla retta via- o fiction che raccontano delle realtà distorte, allora si capisce perché Gomorra o un progetto come Suburra sconvolga un po’ l’animo e la cultura dell’italiano, poiché si parte sempre dall’idea che si racconti qualcosa che non fa piacere che venga raccontata». Ed è questo il punto centrale dell’intera conferenza: «il male come archetipo da quando esiste l’uomo» (cit. Bonini) insieme al bene, questa dicotomia che negli ultimi tempi si è andata a confondersi. Accade di mescolare bene e male quando realtà e finzione non sono due esempi di vita differenti e ben distinti, ma diventano le facce di una stessa medaglia intrecciando i loro fili e facendo perdere la cognizione del singolo individuo.
Riprende, infatti, Bonini: «[…]vi è l’assenza di un punto di riferimento: non vi sono più figure positive o negative, ma il racconto diventa neorealistico. […]Raccontare del moderno cavaliere bianco, dello statuto dell’eroe positivo non è possibile; gli eroi sono da soli e riluttanti, e lo dimostrano le parabole di Gomorra e di Suburra, nel quale non vi è niente di epico, ma un nichilismo di fondo, un male senza progetto». Progetto che, al contrario, Sergio Nazzaro espone a gran voce alla platea: le persone perbene devono ripartire (ha raccontato due esperienze in tutta la loro crudezza), «si riparte con i socio-lavoratori». Ciò che, quindi, drammaticamente emerge sia dalle fiction ma anche dalle parole dei tre ospiti è che il vero dramma, il vero problema della società odierna è l’assenza di una informazione chiara, distinta, precisa al fine di mettere a nudo i retroscena reali di questioni talvolta taciute sia per pura, e giustificata paura, sia una più semplice e vigliacca omertà.
Ultimati gli interventi di Bonini e Nazzaro, ad una domanda rivolta ad Esposito dal mediatore Fabi, l’attore racconta di un accaduto verificatosi qualche settimana fa quando è stato ospite alla Notte bianca della legalità, organizzata dal Tribunale di Roma. «C’erano tante personalità: ministri, attori da molti più anni di me. Io sono arrivato lì e mi sono sentito una star. […]Tutti mi hanno fatto i complimenti di come avevamo rappresentato questi personaggi, per quello che è il progetto Gomorra.
Chi ha visto le 12 puntate di questa nuova stagione, ma anche coloro che la seguivano attraverso i racconti, è a conoscenza del fatto che hanno dato vita a numerose diatribe a causa di scene troppo violente o ‘volgari‘. Su questo Esposito commenta: «Le polemiche sorte in questa seconda stagione, sono nate parlando di un vibratore, relative al figlio di un parente di un boss che a 10 anni non doveva essere preso per girare due scene. Beh, parliamo di qualcosa in maniera veramente ignorante. […] Ciò ci fa capire qual è veramente la realtà che ci circonda, che credo sia ben peggio di Gomorra». Dopo la domanda postagli da Fabi, «sul set si avvertiva qualcosa, la percezione di essere osservati?», continua Esposito: «in due stagioni io ho girato a Napoli, a Roma, a Trieste, in Germania, in Costarica, a Milano, e posso garantire che, in tutti questi luoghi, abbiamo avuto solo esclusivamente affetto, curiosità; infatti, nella prima stagione noi giravamo a Napoli con la gente che non ci ha recato mai alcun tipo di problema. Tutti i problemi sono nati successivamente dall’uso politico che è stato fatto del nome di Gomorra o di Roberto Saviano al fine di parlare alla gente; ma se si va sul territorio si vede l’abbandono totale da parte dello Stato, ed è la realtà che si vuol raccontare in Gomorra ma che si finge di non vedere. Noi raccontiamo la mancanza dello Stato e ciò qualcuno lo ha sottolineato. Le istituzioni che devono dare un lavoro a quei giovani che non ce l’hanno, dove sono? La casa dov’è? È questo che fa male raccontare e quindi si parla di vibratori o dell’attore che ha ucciso la bambina nella pura fiction: è un modo per distogliere l’attenzione da quello che è il reale problema. Gomorra racconta di un sistema criminale, che poteva nascere a Mosca, a Rio de Janeiro, in Australia, ma noi raccontiamo l’assenza di una politica e di una istituzione che possa combattere il sistema criminale» e continua Bonini «il mondo dell’illegalità è presente e ha margini di efficienza maggiori».
In conclusione,
la conferenza alla quale abbiamo assistito è una vera e propria denuncia urlata a gran voce da coloro che sono intervenuti. Il mettere in scena, il portare alla luce, sebbene a volte romanzate alcune realtà che siano essere Roma, Napoli o qualsiasi altra parte del paese o del mondo, non è al fine di creare personaggi da idolatrare, ma è un modo sicuro per evidenziare realtà conosciute ma dimenticate, o forse oltrepassate, o forse mai considerate. Ed è per questo che Salvatore Esposito, Carlo Bonini e Sergio Nazzaro presso l’aula magna della Cusano hanno voluto imprimere nelle menti dei presenti e del migliaio di utenti che seguivano via streaming: la legalità è un bene primario, senza di essa si vive realmente nella finzione.
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