L’approccio occidentale: il controllo
In un’epoca che vuole il controllo, tutto ciò che esula dalla presunta “normalità” (laddove normalità sta per un comportamento “socialmente accettabile”), viene patologizzato.
Se il significato lessicale della sicurezza è “libertà dal pericolo”, l’insicurezza, quale suo opposto, rientra tra le categorie diagnostiche, almeno secondo buona parte della psicologia occidentale.
Le prospettive psicologiche tendono infatti a concentrarsi su come soddisfare efficacemente il bisogno di sicurezza.
Ritenuta fondamentale per la sopravvivenza umana, la psicologia parte dal disagio provocato dall’insicurezza di fronte alle condizioni imprevedibili della vita, come la fame, la violenza e le malattie.
Per “curarla”, fonda pertanto la sua terapia sul rafforzamento delle categorie dell’Io, ponendo l’accento su questioni come: le relazioni, la stabilità finanziaria e i risultati individuali.
Questa prospettiva egocentrica vede l’io come il centro di tutto. Tutto il resto, persone e oggetti, sono fonti di sicurezza e appagamento, raggiungibili con il possesso.
Paura e attaccamento
Come accennato, l’idea sociale di sicurezza, pretende di esercitare il controllo sulle incertezze e sui potenziali pericoli da essa derivanti.
Questa tendenza, figlia della paura, porta ad aggrapparci a oggetti ed eventi desiderabili e ad evitare quelli indesiderabili.
Purtroppo, il nostro intento di cercare sicurezza da oggetti impermanenti può solo creare un senso di sicurezza temporaneo.
Aggrappandoci ad essi, finiremo infatti per essere ancora più insicuri, perché non possiamo trattenere ciò che è evanescente e proveremo rabbia, odio o persino violenza davanti a situazioni in cui i nostri desideri non vengono soddisfatti.
L’approccio orientale: tutto è vacuità
L’insicurezza è l’altra faccia dell’attaccamento, l’attaccamento è l’altra faccia della paura e la paura nasce dal tabù della morte.
Sebbene l’approccio orientale concordi sul fatto che la sicurezza sia un fattore importante nella vita, esso ribalta totalmente il codice narrativo occidentale.
A riprova di questa convinzione, basti pensare che nel buddismo non esiste un termine che indichi la parola “insicurezza”.
Questa filosofia, poggiandosi essenzialmente sui concetti di vacuità e impermanenza, sostiene infatti che tutta la vita è insicurezza. Veniamo e andiamo. Questa è l’unica certezza.
Dunque, il tentativo della nostra mente di ottenere sicurezza dal mondo esterno provocherà solo insoddisfazione e delusione.
Ma allora, come si cura l’insicurezza?
1 Accettare la mortalità
Solitamente agiamo come se fossimo qui per sempre. Se accettiamo la mortalità, sicurezza e insicurezza spariscono.
Se invece ci fossilizziamo sulla paura, non solo non riusciremo a vivere, ma ciò non ci eviterà di non morire.
2 L’insicurezza è l’essenza della vita
Se accettiamo il fatto che l’insicurezza è l’essenza stessa della vita e che possedere, perdere, vivere, morire e rinascere sono semplicemente parti integranti e circolari della vita, impareremmo a evitare di basare il nostro senso di sicurezza su oggetti transitori.
3 Tutto ciò che è vita ci deve accadere
Siamo venuti sulla terra con niente addosso e qualsiasi cosa abbiamo prodotto, il nostro bilancio sarà sempre in positivo.
Tutto ciò che resterà di noi, sarà quanto profonda e bella è stata la nostra esperienza di vita.
Allora, evitiamo di comportarci come se dovessimo sempre guadagnare qualcosa. Piuttosto pensiamo a vivere una vita intesa e profonda: tutto ciò che è vita ci deve accadere.
Se riusciamo a mettere in atto questo piccolo precetto, non avremo insicurezze.
4 Abbandoniamo ogni attaccamento
Quando rinunciamo all’attaccamento, a ciò che conosciamo, possiamo approfondire l’ignoto, per abbracciare l’incertezza e aprirci a nuove esperienze che alimentano il nostro desiderio di vivere e diventiamo più felici.
Meditazione sull’insicurezza
La meditazione ha lo scopo di allenare la propria mente a raggiungere la pace interiore e a lasciare andare l’attaccamento ad ogni fonte esterna di sicurezza.
Per farlo, occorre focalizzarsi consapevolmente su alcune fasi dell’insicurezza.
I fase: inadeguatezza
Quando ci cimentiamo in qualcosa di nuovo, solitamente proviamo un forte sentimento di insicurezza.
Andiamo in profondità attraverso la meditazione e chiediamoci: da dove nasce l’insicurezza? Nasce da qualcosa che non conosciamo, dalla paura dell’ignoto?
L’introspezione ci aiuta a comprendere meglio quali motivazioni guidano i nostri comportamenti e i processi di pensiero nella nostra ricerca della sicurezza.
Questo lavoro ci aiuta a:
- Scardinare tutte quelle convinzioni limitanti che entrano in gioco quando siamo di fronte a situazioni sconosciute, nate magari da un retaggio passato;
- Sviluppare un’accettazione non giudicante delle nostre insicurezze nel momento presente, senza soffermarsi eccessivamente sul passato (cosa che ci fa divenire vittime) o preoccuparsi del futuro. Senza incertezza, la vita è solo una ripetizione di ricordi, esperienze che abbiamo già vissuto.
- Eliminare la paura e l’attaccamento, grazie alla comprensione e accettazione della natura impermanente e provvisoria di tutte le cose condizionate.
II Fase: adattamento e imitazione
Una volta che abbiamo dissolto le nostre paure, saremo in grado di adattarci alle incognite.
Poiché in natura si agisce per imitazione, potremmo iniziare a studiare le caratteristiche di qualche personaggio noto per la sua sicurezza.
Questo atteggiamento ci consente di prendere spunto dalle sue peculiarità per costruire una sicurezza tutta nostra, intima, personale, ma soprattutto creativa.
III Fase: il piacere creativo
Gli esercizi precedenti ci consentono di elaborare una nuova conoscenza, sia a livello del corpo sia a livello mentale: un terreno fertile per la creatività e la libertà.
Questo ci porta ad applicare la legge del distacco emotivo: una delle principali vie per raggiungere la pace spirituale, il benessere e la felicità.
Utile precisare che, rinunciare al nostro attaccamento alle cose, non significa rinunciare ai nostri obiettivi, all’intenzione, ma piuttosto all’interesse per il risultato. A prima vista potrebbe sembrare cosa di poco conto, ma in realtà, è un enorme cambiamento nel modo in cui comprendiamo il mondo e il nostro modo di vivere.
In effetti, nel momento stesso in cui perdiamo l’interesse per il risultato, ci allontaniamo dal desiderio, che viene spesso confuso con il bisogno (cosa che ci soinge perseguire obiettivi che in realtà non ci soddisfano).
Quando adottiamo un atteggiamento più rilassato, ci risulterà più facile ottenere ciò che vogliamo. Questo perché il distacco si basa sulla fiducia nelle nostre potenzialità, mentre l’attaccamento si basa sulla paura della perdita e sull’insicurezza.
Foto di copertina di Gerd Altmann da Pixabay
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