Si lotta per divenire
In natura tutto è lotta: un seme lotta per divenire pianta, un albero in un bosco lotta contro la gravità per crescere in altezza ed arrivare alla luce del sole, l’acqua del fiume, correndo giù dalle montagne, lotta per arrivare al mare, un salmone lotta per risalire le forti correnti e andare a deporre le uova alla sorgente, prima di morire.
La lotta non è tuttavia conflitto. Essa rappresenta la volontà di divenire, inteso come mutamento, movimento, scorrere senza fine della realtà. È tensione verso la realizzazione di un Sé armonico, di un ideale, che è sempre e soltanto “amore” incondizionato.
Per Eraclito, il divenire è la legge immutabile, logos, “poiché tutto muta, meno la legge del mutamento”, che regola l’intero ciclo vitale della nascita e della morte.
Il filosofo di Efeso parla del divenire come “identità del diverso”, ovvero quale elemento che unifica e comprende il molteplice. Il divenire contiene infatti tutti gli opposti: la vita è al tempo stesso morte, una strada in salita è al tempo stesso anche in discesa, e via discorrendo.
In tale concezione dialettica della realtà, la lotta rappresenta pertanto il superamento del dualismo, samàdhi, uno stato di fusione con il tutto. Questo “tutto”, secondo l’approccio eidetico, immaginale (il termine ha origine dal sufi “himma”, “potere creatore del cuore), prende il nome di anima mundi, presso i Buddhisti si chiama “sostanziale vacuità” è in quanto anima, di conseguenza ci fa comprendere che il tutto è distinto ma non separato da noi.
Ritroviamo quest’anima in ogni singolo elemento: in un albero, in un fiore, nel mare, nell’universo e nel nostro corpo, e proprio come insegnava Eraclito, è sempre “medesimezza” ovvero medesima coscienza: un equilibrio armonico tra gli opposti.
Il conflitto nasce sempre dalla paura ed è rivolto ad obiettivi egoici
Di contro, alla base del conflitto sta proprio la mancata comprensione del dualismo, il credere, erroneamente, di essere distinti e separati dal tutto. Questa visione distorta, generata dall’Io, separando il visibile dall’invisibile, la vita dalla morte, il conscio dall’inconscio, snatura gli eventi che ci accadono del loro significato originario, per dal loro un significato artificiale, attraverso il quale sarebbero (convinzione quanto mai fallace) controllabili e governabili dalla mente umana.
Ciò dunque causa una continua tensione negativa ed avvelena la nostra esistenza.
Si può ritornare a vivere in uno stato di medesimezza?
La risposta è sì!
La meditazione ci aiuta ad affrontare la nostra lotta spirituale per “divenire”, lottando in assenza di sforzo e sopratutto senza generare conflitto.
Occorre tuttavia rivolgersi ad una meditazione creativa, che porti in sé la carica sacra dell’origine, evitando di cedere alla mindfulness “desacralizzata”, “da supermercato” che ci “seda” senza mai condurci al superamento del conflitto.
Durante tale pratica, che è ribellione o anche solo anelito verso la ribellione, (ribellione è un atto di amore), impareremo a lasciarci andare, a ritrovare il nostro centro abbracciando tutti gli opposti, sorretti, cullati e trasportati dall’amore incondizionato, che insieme alla felicità dovrebbe essere l’innata aspirazione di ogni essere umano.
La meditazione ci conferirà quella chiarezza, lucidità e consapevolezza per:
1) riuscire a risvegliarci, vedendo così nell’altro il mistero di noi stessi;
2) liberare il vero significato delle immagini con le quali siamo perennemente in relazione – gli altri, la natura, gli eventi;
3) portarci ad una graduale rivoluzione della coscienza;
4) trasformare gli eventi a partire da nostro seppur piccolo raggio di azione.
Foto di copertina di PublicDomainPictures da Pixabay
Foto di Ryan McGuire da Pixabay
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