San Lorenzo è uno storico quartiere di Roma – nella zona Tiburtina – che prende il nome dalla vicina Basilica di “San Lorenzo fuori le mura” (luogo di martirio e sepoltura del Santo, con sottostante catacomba che si sviluppa su cinque livelli), a ridosso del cimitero monumentale del Verano. L’urbanizzazione dell’area avvenne nel periodo tra il 1884 ed il 1888, quando, a seguito dell’unificazione d’Italia, la città ha avvertito la necessità di ulteriore sviluppo.
Fino a quel periodo la zona era “esterna” alla città (“fuori le mura”); furono realizzati edifici per i ferrovieri, e per gli operai e artigiani chiamati per le attività di sviluppo. Sin dall’inizio il quartiere è stato classificato ‘popolare’ (per la struttura delle abitazioni e per i carenti servizi pubblici). Oggi San Lorenzo è un quartiere universitario (è al ridosso de “La Sapienza”); molti di quegli edifici – un tempo occupati da operai ed artigiani – sono affittati agli studenti universitari ‘fuori sede’. Il nuovo fenomeno abitativo ha incrementato le attività commerciali nella zona (negozi, ristoranti, birrerie e pub), e la giovane età dei residenti ha contribuito a rendere più animata e vivace la vita del quartiere (molto frequentato anche da artisti, scrittori ed intellettuali).
Il 19 luglio 1943 il quartiere fu devastato dal bombardamento degli “alleati” americani, che avevano l’obiettivo di attaccare il vicino scalo merci (ancora oggi attivo) e indurre alla resa la dittatura fascista (che arrivò dopo 6 giorni, con la sfiducia a Mussolini e con il suo arresto). I bombardamenti provocarono una vera strage: 662 bombardieri statunitensi rilasciarono sul quartiere 4000 bombe (per 1060 tonnellate), provocando circa 3.000 morti (di cui soltanto 1674 identificati), ed oltre 11.000 feriti.
Quello di San Lorenzo – del quale rimangono ancora ben visibili gli effetti su molti edifici – resta il più ricordato e celebrato nella città (c’è un monumento nel Parco dei Caduti del 19 luglio 1943 sul quale sono riportati tutti i nominativi delle vittime accertate di San Lorenzo).
Il brano di De Gregori descrive – attraverso precise evocazioni di tempo e di luogo – il più feroce bombardamento subìto da Roma; una tragedia che non risparmia nemmeno il Cimitero del Verano, al quale l’autore dedica alcuni versi (venne danneggiata anche la tomba del grande Ettore Petrolini).
Roma non avrebbe mai immaginato di subire un attacco dal cielo, sia per i monumenti sia per la presenza del Papa; quella devastazione è stata sicuramente avvertita dalla sede di San Pietro: fu allora che Papa Pacelli (Pio XII) fece un’uscita eccezionale dal Vaticano (lasciava la Sede Pontificia in casi estremamente rari). La canzone rimanda alla celebre fotografia che ritrae il Papa tra la folla con le braccia spalancate; solo di recente è stato accertato che questa “foto simbolo”, in realtà, fu scattata davanti alla basilica di San Giovanni dopo il secondo bombardamento su Roma, del 13 agosto del 1943, sempre ad opera degli “alleati” (E. Arcidiacono, “La verità sulla foto di Pio XII nella Roma bombardata”, in www.famigliacristiana.it del 19 luglio 2017). In ogni caso, quello del Papa rappresentò un gesto inaudito (considerando l’epoca e la personalità del Pontefice, restìo al contatto umano); quando rientrò in Vaticano – dopo quella inattesa “fuga” tra la gente disperata – la sua assistente Suor Pascalina notò che la sua veste bianca era macchiata di sangue. Gli chiese se si era ferito; e il Papa rispose con la famosa frase: «Sorella, non è il mio sangue. Questo è il sangue di Roma».
Ma De Gregori vuole chiudere la canzone con un forte messaggio di speranza: “E un giorno, credi, questa guerra finirà, ritornerà la pace e il burro abbonderà e andremo a pranzo la domenica, fuori porta, a Cinecittà”.
(San Lorenzo, Francesco De Gregori, 1982, Album “Titanic”, RCA)
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