Un gatto bianco, ch’era presidente
der circolo der Libbero Pensiero
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch’era contraria a li principi sui.
“Giacché nun badi a li fattacci tui,
– je disse er Gatto bianco inviperito -,
rassegnerai le proprie dimissione
e uscirai da le file der partito:
che qui la poi pensà liberamente
come te pare a te, ma a condizione
che t’associ a l’idee der presidente
e a le proposte de la commissione!”
“È vero, ho torto, ho aggito malamente…”
Rispose er Gatto nero.
E pe’ restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.
[Trilussa, Er libbero pensiero]
Le parole del poeta romano Trilussa sono attualissime. Qual è il limite dell’opposizione interna in un partito?
Due sono state le vicende che hanno posto questo tema al centro del dibattito politico degli ultimi giorni: i dissidenti all’interno del Movimento 5 Stelle espulsi dalla “rete” e la minaccia di Pippo Civati e dei civatiani di non votare la fiducia al Governo Renzi. Due vicende terminate in modo diverso. La prima ha portato all’epurazione delle voci contrarie, nella seconda, invece, la voce contraria si è adeguata alla maggioranza, ma ha promesso un’opposizione critica interna al partito.
Su queste due vicende si può discutere solo restando nel campo dell’etica politica, si può riflettere su quanto sia giusto stroncare le voci contrarie e su quanto sia possibile discutere all’interno di un partito. Qui sorge il problema: nell’Italia repubblicana non è stata mai emanata una disciplina legislativa precisa e puntuale in materia di organizzazione dei partiti. Non sta scritto da nessuna parte che un partito debba avere un’organizzazione democratica interna, non è necessario avere uno statuto democratico. Insomma, un segretario o un presidente possono espellere i militanti impunemente.
Dunque, sul caso grillino possiamo fare solo una discussione etica, che, come quasi tutte le disquisizioni sui principi etici, finisce per arrotolarsi su se stessa e cadere nel mero opinionismo. La politica, che sulla carta dovrebbe essere un’attività nobile, ha raggiunto, sia nelle aule del potere che nella piazza, un livello bassissimo. In una democrazia rappresentativa la politica parte proprio dai partiti, ma è paradossale che questi ultimi non abbiano alcun obbligo – se non su pressione della debole opinione pubblica – di essere democratici nella loro struttura e nelle loro decisioni.
Forse è giunta l’ora di riflettere seriamente sull’elaborazione di una legge che imponga ai partiti una disciplina democratica, una legislazione precisa sulle organizzazioni politiche. Il problema, però, porta ad un circolo vizioso: il potere legislativo è del Parlamento, nel quale siedono i rappresentanti dei partiti. Costoro sarebbero effettivamente disposti a fare tale legge?
Nel frattempo? Nel frattempo speriamo che non ci siano troppi Gatti Neri di trilussiana memoria.
di Francesco Galli
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