Finalmente, se pur pian pianino, il termine sta cominciando a declinarsi correttamente e certamente non solo sotto il profilo grammaticale.
Senza dubbio, infatti, il percorso di affermazione femminile nei ruoli apicali delle istituzioni pubbliche sta prendendo forma.
Dalla ormai datata presidenza della Camera dei Deputati, anche il Senato è stato da poco “espugnato” da un soggetto di genere femminile; restano quindi da testare la Presidenza della Repubblica, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.
Ma non manca più molto tempo, a breve si arriverà a testare anche queste presidenze, occorre soltanto mantenere un atteggiamento attendista ancora per un po’, fino a quando si verificherà il fisiologico sorpasso per poi sperare nell’auspicabile bilanciamento perfetto.
Difatti, la quantità di donne in magistratura e in avvocatura (solo per dirne due) ha già superato numericamente da tempo la metà rispetto agli uomini, i quali già rivendicano le “quote azzurre” nei ranghi delle pari opportunità; ecco perché non condividiamo affatto il pensiero di colleghe e affini che acclamano la neopresidente, la cui carica era peraltro un atto dovuto in termini di carriera in senso stretto, come se ci si trovasse in presenza di una conquista che qualcuna (evidentemente poco sicura di sé) ha enfaticamente definito addirittura come “rivoluzionaria” .
Noi crediamo semplicemente che questa elezione sia stato il frutto del naturale prosieguo delle carriere tradizionali a cui le donne hanno potuto accedere soltanto da pochi decenni rispetto al potere maschile consolidato nei millenni.
Non riusciamo neanche a comprendere le ragioni di questa ansia nel voler raggiungere in poco tempo le mete riservate da sempre agli uomini, laddove ormai, noi donne, siamo inserite in qualunque ambiente lavorativo e professionale.
Oltretutto, proprio chi scrive fece da “apripista” (per utilizzare lo stesso termine utilizzato dalla neo presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia nel suo discorso inaugurale) nei ranghi della giustizia sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio nell’ormai lontano 2007 in un settore considerato per definizione inaccessibile alle donne; dopo la fatica di far superare i pregiudizi che durò per qualche mese, è rimasta ad essere l’unica componente femminile della Corte d’Appello Federale fino al 2016, dopodichè si è potuto rilevare l’ingresso di altre donne negli ultimi tre anni per effetto della diffusione dello studio della particolare materia del “diritto sportivo”, dove ha avuto la possibilità di studiare fin da ragazza, anche grazie al passato sportivo agonistico. E con molta soddisfazione, rileviamo anche una recente e veloce crescita sportiva delle calciatrici che mietono successi a livello nazionale e di campionato.
Marta Cartabia è una professionista estremamente dotata e preparata, è stata scelta all’unanimità ed è meritatamente giunta alla Presidenza; tuttavia, anche se lei stessa non ha resistito a reclamare la lentezza di affermazione femminile in un mondo italiano ancora così maschilista, ben lontano dai parametri nordici, ove la “primadonna” premier è giovanissima, bellissima e figlia di due mamme.
Per chiudere in ironia su questo ultimo punto, è pur vero che si è sempre a sud di qualcuno, ma con sana lentezza, per usare il termine che tanto piace agli uomini, la “primadonna” (quella vera nel genere) sta reimpostando la sua naturale posizione nella società civile secondo le regole di un sano matriarcato, che peraltro ancora vige in molte piccole ed efficienti realtà territoriali italiane.
Fonte foto: giustizia.it
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