Anche a non avere una particolare simpatia per il “nuovo” segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, non si può far finta che il personaggio non desti interesse e curiosità. Certamente perché è un autorevole uomo delle istituzioni che ha governato bene la sua regione e ha avuto il coraggio di prendersi in carica la rinascita di un partito fino a qualche settimana fa dato per spacciato ma pure, ed è inutile girarci attorno, perché è il fratello più piccolo di Luca, alias Montalbano, il commissario più amato dagli italiani che nell’immaginario collettivo, nello “storytelling” della politica conta, eccome.
E proprio come il Montalbano del grande Andrea Camilleri, lo Zingaretti politico si è presentato simpaticamente al grande pubblico attraverso la tv: faccia rubizza, allegro, in forma, solo un poco sovrappeso, umano e sudato come lo sono le persone normali costrette nel caldo primaverile romano; educato e gentile che per un attimo ci ha fatto dimenticare i ghigni, le minacce e le facce feroci di coloro che ci amministrano da quasi un anno. Insomma rassicurante, rilassante oseremmo dire ma, se volessimo essere quel tanto sprezzanti che la politica giovanilistica due punto zero impone per essere visibili e ascoltati diremmo: noioso. Più ragioniere che leader, più condominiale che europeo e quindi, a torto o a ragione: “vecchio”.
E cosa ci si poteva aspettare da un vecchio? Che si attorniasse di altri vecchi o magari di giovani che sono appartenuti al vecchio apparato, e pertanto l’ottantenne Zanda, ex democristiano e portavoce dell’ex e ormai defunto ex Ministro degli interni ed ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nominato tesoriere del Partito. Che ovviamente come tale, nella sua prima uscita pubblica ha rivendicato, attraverso una proposta di legge depositata in Parlamento, che vengano innalzati gli stipendi dei parlamentari della Repubblica, adeguandoli a quelli degli eurodeputati: complimenti! Un bell’inizio.
A presiedere il Partito ha chiamato il vecchio amico ed ex Presidente del consiglio Paolo Gentiloni, che è stato già Ministro delle comunicazioni, Ministro degli esteri, attuale deputato, ex democristiano ed ex Margherita. A seguire e nella logica delle spartizioni correntizie, come vice ha invece voluto la giovane Deborah Serracchiani, precedentemente Eurodeputata, parlamentare, ex presidente di regione ed ex di qualche ex leader del passato. Nella confusione tra finzione e realtà e se fosse un programma televisivo, potremmo definire la svolta: “il vecchio che avanza”.
Dicevamo, nessuna antipatia però anzi, speranza. Speranza di rivedere un paese normale, pacificato, avversario ma dialogante; speranza di una destra che tifa a destra e di una “sinistra” che tira dalla parte opposta. I primi a fare gli interessi dei ceti alti, medi e produttivi, a parlare di sicurezza e ordine e i secondi a perorare i bisogni delle classi basse, gli interessi dei lavoratori e dei giovani, dei disoccupati, dei poveri, degli abitanti delle periferie d’Italia e del clima che però, sui grandi temi trovano la sintesi, l’accordo patriottico. Normalità, nulla di più o il ritorno finalmente a essa.
E invece il “nostro” che fa? Attacca i due unici provvedimenti “di sinistra” del governo come il Reddito di cittadinanza e Quota cento e si accoda al carro (perdente e impopolare per il momento) di coloro che vogliono tout court, senza se e senza ma lo “ius soli”. Il suicidio, se non politico sicuramente elettorale. Qualcuno si è chiesto perché il Pd sia ricrollato nei sondaggi dopo che timidamente aveva ripreso a salire e cosa ha determinato, dopo le sconfitte in Abruzzo e in Sardegna la perdita anche della Basilicata? Ah, sì…, lì si erano addirittura dimenticati di mettere alla guida un candidato di sinistra, poiché il buon farmacista scelto come governatore, era un vecchio nostalgico dell’ex segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano, Giorgio Almirante.
Mah, sarà che così deve andare il mondo, che l’esperienza non insegna nulla, che le sconfitte non servono a preparare le vittorie successive e che la testardaggine e il masochismo sono brutte malattie difficilmente curabili, se per la presentazione ufficiale del “nuovo” simbolo del partito alle europee, si è scelto un logo (brutto) che è la riproposizione verticistica di cespugli e cespuglietti di antica (e vecchia) memoria presentato NON, in una periferia degradata romana, o milanese oppure napoletana alla presenza del “popolo” da riconquistare con un’operazione simpatia, ma sulla terrazza (esclusiva ovviamente) di un antico palazzo romano con vista sulle vestigia antiche, alla presenza dei (vecchi e tristi) brontosauri dell’apparato, delle tv e della tanto odiata élite di potere, pasteggiando (ma questo non lo possiamo confermare non essendo stati invitati) a tartine e champagne. Insomma, un disastro.
Una domanda al nuovo segretario: ma chi glieli scrive i testi, la narrazione, lo svolgimento e, data la parentela, non potrebbe chiedere aiuto al commissario suo fratello che di queste cose se ne intende?
Nella foto, da sinistra, Nicola e Luca Zingaretti
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