La casetta delle libertà può avere più funzioni o nessuna. Può starsene da sola in bella vista oppure accogliere cartoline postali, fotografie, lettere imbustate o liste della spesa. O perché no pane tostato o fette biscottate per la colazione. La si può mettere sul tavolo in cucina, nello studio su una scrivania, o dove si vuole. La scelta, come la finalità d’uso, è libera e ciò è tanto più vero in quanto essa è un oggetto di design. Un oggetto frutto del pensiero. Pensato per fare e per essere. Per fare e per essere cose diverse. Una lampada non deve funzionare solo quando è accesa. Leti, la lampada da tavolo/ferma libri è un esempio di oggetto multiuso.
Col titolo “LIBERTÀ” l’istituto italiano di cultura di Monaco il 19 ottobre ha dedicato al design italiano una serata-dibattito molto interessante. L’iniziativa ha avuto luogo nell’ambito della manifestazione “L’Italiano e la creatività: marchi e costumi, moda e design” organizzata in occasione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, giunta alla XVI edizione e in programma dal 17 al 23 ottobre 2016. In sala erano presenti i designer Matteo Ragni e Giulio Iacchetti moderati dallo scrittore Marco Montemarano. Ragni e Iacchetti sono due affermati designer italiani, amici nella vita. Negli ultimi vent’anni hanno spesso lavorato insieme. Insieme nel 2001 hanno vinto l’ambito premio “Compasso d’oro” per la posata multiuso Moscardino, worldwide best design product.
Ma veniamo alla serata. Si è parlato di libertà, immaginazione, innovazione, arte. Ma anche di ironia, demolendo molte delle idee preconcette che caratterizzano il design e il lavoro di designer. La libertà esiste, eccome. Tuttavia libertà non vuol dire essere liberi di fare ciò che si vuole. “Tutt’altro: la libertà si apprezza di più quando ne sono noti i limiti, quando sono ben definiti i vincoli che condizionano il lavoro e l’immaginazione. Limiti e vincoli sono la realtà entro cui muoversi, riguardano la modalità di realizzazione, la forma, il materiale, il colore, la funzione, persino l’impacchettamento, il trasporto e quant’altro”. Senza limiti e vincoli non c’è progetto degno di questo nome. Quello della libertà nel design è dunque un mito da sfatare.
La realizzazione di un oggetto di design è un processo complesso e articolato che parte proprio dall’individuazione e dalla definizione dei limiti. Bisogna scoprirli, vederli, ascoltarli. Bisogna parlare con l’ingegnere, ma anche con l’impacchettatore. “Bisogna essere curiosi e ingenui, dilettanti professionisti, sempre guardinghi nel non specializzarsi. Specializzarsi vorrebbe dire atrofizzarsi. Vorrebbe dire morire. Bisogna invece saper cogliere l’idea migliore nell’incrocio tra diversi tipi di sapere e poi esser capaci di elaborarla”.
Marco Montemarano ha chiesto ai due designer se si ritengono artisti. “No non lo siamo. L’arte e gli artisti sono categorie diverse che vanno rispettate e tenute a debita distanza. Le commistioni non funzionano. Creano solo frustrazione. A volte questa si ravvisa nell’invidia che ingegneri o architetti hanno per i designer o in quella che i designer hanno per gli artisti. È un po’ un effetto dell’impollinazione selvaggia”.
Un altro argomento di cui si è parlato è stato quello dell’ispirazione. Altro mito da sfatare è che essa sia legata al sogno, a un immagine visionaria, a un’idea balenata all’improvviso e nel momento meno atteso. Questo può succedere, ma è una eventualità rara. Piuttosto esiste il metodo, la reiterazione del processo, la ripetizione dell’approccio con variazioni sul tema. Alla fine qualcuno in sala ha chiesto se esista correlazione tra ironia (e autoironia) e produttività. “Certo che esiste ed è fondamentale per potersi ridimensionare, per creare leggerezza”.
Gli italiani sono i più grandi designer del mondo e questo primato ce lo invidiano un po’ tutti gli stranieri. Milano è la grande fabbrica dell’innovazione nel design. Chiunque voglia fare il mestiere del designer deve passare da qui e fermarsi per un certo periodo di tempo, forse per tutta la vita. Questo lo sanno bene anche i designer tedeschi.
Gli oggetti di design nati dall’immaginazione di Giulio Iacchetti e Matteo Ragni sono centinaia ed estremamente variegati. Tra essi anche la casetta delle libertà e la lampada da tavolo ferma libri Leti. Nel 2000 per Pandora Design hanno realizzato Moscardino (foto), la posata multiuso usa e getta che riunisce in sé le funzioni del cucchiaio e della forchetta pensata per essere strumento, minimo ed elementare, indispensabile per portare cibo alla bocca. Nel sito di Iacchetti leggiamo: “i rebbi della forchetta diventano impugnatura del cucchiaio, che a sua volta si fa impugnatura della forchetta, in un rapporto di perfetta reversibilità. L’invenzione progettuale è funzionale ai mutamenti in atto nella pratica della nutrizione (mangiare in fretta, in piedi ed in maniera informale)”. Chi volesse vederla la trova esposta al Moma di New York dove si può anche comprare in confezioni da 15 esemplari al prezzo di 25 dollari.
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