La terribile storia avviene a Napoli dove un ragazzino definito “cicciottello” viene prima deriso e poi con un gioco sadico viene “violentato” con il compressore usato per gonfiare le gomme. La cosa è già allucinante di per sé, ma ancora più sconvolgenti sono le testimonianze dei parenti del presunto autore.
In fondo dicono non c’era cattiveria nel gesto, non gli voleva fare del male, chi ha commesso un tale comportamento era un bravo ragazzo e quindi va capito, voleva solo scherzare. Una storia assurda, intanto perché l’autore del gesto non è un ragazzino ma una persona adulta di 24 anni, ma soprattutto perché con il suo gesto dimostra non solo un comportamento profondamente patologico, ma soprattutto perché prende di mira una persona debole, rea di avere un fisico un po’ “robusto”, che oltre tutto è li pensando di stare in un ambiente di amici.
Se l’atto fosse stato commesso da coetanei del ragazzino si sarebbe parlato di “bullismo” si sarebbe invocata la minore età, si sarebbero cercate scuse comprensive su non si sa quali problematiche scolastiche, ambienti familiari, degrado sociale ecc. il tutto per tentare di dare una spiegazione ad un gesto simile, ma soprattutto per cercare “scuse” che siano in grado di deresponsabilizzare. Invece ci troviamo di fronte ad un adulto, che mentre dovrebbe “proteggere” il minore, forse insegnargli qualcosa, rinforzarlo nella sua crescita, aiutarlo in qualche modo a superare le sue difficoltà e le sue paure, ne distrugge la personalità, lo fa sentire ancora più diverso, lo rende oggetto di derisione, con altri ragazzi e anzi si diletta con giochi sadici.
La cosa peggiore di questa storia è che il ragazzino che ha subito la violenza, cercava proprio confidenza, si fidava di quell’ambiente, tanto di andarci volontariamente forse per divertirsi e perché no, visto che era un autolavaggio, guardare le auto, imparare qualcosa e, forse, guadagnare qualche spicciolo. Certo le scienze psicologiche e psichiatriche saranno in grado di spiegare questo comportamento, ne potranno comprendere i substrati psicologici della mente del soggetto, e forse se mai si arriverà ad un processo si cercherà di ridurre la pena.
Negli ultimi anni l’interesse per i casi omicidiari, per le personalità devianti, per i serial killer, è cresciuto in maniera esponenziale. Discussioni televisive chiacchiere da bar, esperti che concionano di tutto e su tutto, fanno parte ormai del vissuto collettivo. Una sorta di libidine collettiva verso gli autori di questi gesti, con il completo disinteresse verso le vittime.
Gli share televisivi sono molto alti quando si parla di omicidi, di violenze, molto di più di quelli che parlano di politica o di trasmissioni culturali. Anche le trasmissioni comiche segnano il passo. Quindi perché stupirsi di un tale gesto?
Qualcuno dirà che è un caso isolato, che il soggetto non si rendeva conto di quello che faceva, oppure ancora meglio, non ne aveva considerato le conseguenze. Non ci crediamo anzi, pensiamo che fosse ampiamente cosciente, che volesse deridere, e fare scientificamente del male. Il male ha una sua banalità, è più semplice da fare, ma in questo momento non ci sentiamo assolutamente in vena di comprensione.
Esistono le pene per questi comportamenti, e ci auguriamo che siano esemplari, che valutino soprattutto la gravità del reato nei confronti della vittima che non poteva difendersi, che ne porterà le conseguenze per tutta la vita. Il codice penale le prevede, quindi ci auguriamo che siano applicate a dovere.
di Enzo Di Stasio
Nella foto, (Ansa), i
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