Poche parole, in verità, dovremmo dire o forse non abbiamo proprio voglia di dirle. Mentre siamo sotto l’ombrellone a prendere il sole o siamo tornati a casa da mammà per ritemprarci e rifocillarci, dall’altra parte del mondo -benchè non sia eccessiva la distanza, per noi rimane l’altra parte del mondo- due occhi scuri, un visino piccolo e sciupato sporco di polvere e un pianto silenzioso muove le coscienze dei poteri forti e ‘distrugge’ gli animi dei deboli.
48 ore
Già solo 2 giorni che in questi casi volano come quando siamo in vacanza. Il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov, fa sapere ai media e non solo che il paese di Putin è pronto a sostenere la proposta di tregua, avanzata dalle Nazioni Unite, nella città di Aleppo al fine di far arrivare gli aiuti umanitari nella città assediata da settimane.
Il motivo scatenante nasce dall’annuncio di Staffan de Mistura, l’inviato speciale dell’Onu in terra siriana, il quale afferma che l’attività della sua task force umanitaria verrà bloccata a causa del continui bombardamenti che ostacolano l’arrivo degli aiuti. E 48 ore bastano? Bastano 2880 minuti per rimettere in piedi una città fantasma e inesistente a causa di una guerra surreale?
La condanna dell’UE
Federica Mogherini, rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a nome dell’intera Europa condanna i continui episodi di violenza nella città siriana e in particolare «tutti gli attacchi contro i civili e quelli eccessivi e sproporzionati da parte del regime siriano» chiedendo anch’essa «uno stop immediato ai combattimenti». Sottolinea che «le operazioni umanitarie ad Aleppo devono rispondere a uno scopo umanitario e rispettare pienamente i principi umanitari».
La città di Aleppo e Aleppo Media center
Dall’inizio del conflitto gli attivisti dell’opposizione hanno continuamente e costantemente diramato filmati che raccontano la devastazione della metropoli della Siria settentrionale. Sapevate che la città di Aleppo prima era conosciuta con il soprannome di “la bigia” e ora con “la discarica dell’Apocalisse” (nomignolo datogli da Khaled Harah, uno dei membri più anziani del Syrian Civil Defense)? Sapevate che grazie alle sue bellezze, nel 1986 è stata proclamanta patrimonio dell’Unesco?
Ebbene, io non lo sapevo. Io non avevo mai considerato Aleppo come una meta per i miei futuri viaggi. Io non ero una di quelle che diceva «ma tanto sta dall’altra parte del mondo». Poi ho visto, grazie ai social questo video e mi sono resa conto che esiste un escalation di ignoranza che preclude la conoscenza di luoghi lontani dalla nostra cultura, ma unici nel loro genere.
Ed è grazie agli attivisti che con coraggio documentano l’orrore di una guerra che è riassumibile nel viso di quel bambino vivo ma morto dentro, in quell’ambulanza dopo aver visto la sua casa crollare sotto l’attacco aereo sul distretto di Qaterji.
Omran, Aylan e i volti della guerra
Ricorderete Aylan, il bambino di tre anni che poco meno di un anno fa ci ha lasciato interdetti. Era in viaggio con la sua famiglia, i suoi fratelli e il suo papà; scappava dalla guerra e voleva raggiungere il Canada per (ri)cominciare a vivere; ma il mare ha avuto la meglio e ha segnato sul suo tabellone un’altra stanghetta. Aylan è il simbolo della tragedia dei migranti come Omran è il simbolo di una guerra che qualcun altro ha voluto.
In un mondo che di giusto ha ben poco, in un mondo che la legge del più forte continua ad esistere, in un mondo che si nutre di esaltazioni irrisorie, quanti bambini dovremmo ancora vedere al telegiornale morti o orfani?
Secondo me, ancora tanti.
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