Raccontare storie attraverso le immagini, e non storie qualunque, ma storie di vita vissuta; ecco cosa Calvino fa fare ai personaggi del suo romanzo. Ne “Il castello dei destini incrociati”, infatti, i numerosi viandanti fermatisi a sostare per la notte nel castello si trovano a condividere non soltanto la cena, ma anche le loro vite.
All’inizio del romanzo siamo proiettati in un’atmosfera come sospesa, di totale silenzio e priva di interazioni tra i personaggi che, non appena provano ad instaurare un dialogo per intrattenersi si rendono conto di essere privi di voce, di non riuscire quindi a comunicare attraverso l’oralità. Ma proprio lì, sul tavolo, la soluzione: un mazzo di tarocchi.
Quella di privare i personaggi della possibilità di parlare è la trovata con la quale Calvino può sperimentare il racconto figurativo, cioè la possibilità di costruire una storia attraverso la combinazione delle illustrazioni dei tarocchi.
Ogni personaggio che vorrà “prendere la parola” afferrerà quindi il mazzo e, ponendo le carte una accanto all’altra, a creare una sequenza, racconterà la sua storia agli altri, spiegando chi è e fornendo particolari sulla sua vita.
Terminata la cena dunque, il castellano pone il mazzo di tarocchi sul tavolo, e si da via al “dialogo”. È grazie al personaggio principale dell’opera (che è anche il narratore) che veniamo a conoscenza delle storie narrate dagli altri personaggi. Seguiamo, infatti, il delinearsi delle varie attraverso il pensiero del protagonista che, nella sua mente, cerca di decifrare e quindi di interpretare le varie sequenze di immagini che si trova, di volta in volta, ad osservare.
Tra le storie narrate sono riconoscibili quelle di famosi personaggi appartenenti al mito o alla letteratura. Il protagonista del romanzo vede intrecciarsi sul tavolo le storie di potenti re caduti in disgrazia come Edipo e Macbeth, di donne sensuali che hanno causato lo scoppio di una guerra come Elena di Troia, fino alle storie di valorosi e prodi cavalieri quali Orlando ed Astolfo.
Ogni personaggio racconta la sua storia semplicemente andando ad accostare alle carte già poste sul tavolo degli altri Tarocchi, che vanno a dare un senso del tutto nuovo alla narrazione. E allora, seppur così diverse e distanti, tutte le storie narrate sono in realtà in stretta relazione tra loro. Il tavolo diventa, in un certo senso, metafora del Mondo stesso, il luogo fisico dove caoticamente vanno a concatenarsi le storie più disparate, storie figlie del caso, narrate proprio attraverso l’oggetto emblema della casualità, il mazzo di Tarocchi.
Quel che poteva essere “detto”, ne “Il castello dei destini incrociati” viene “visto” ed interpretato cercando di decifrare ciò che le immagini comunicano all’osservatore. L’arte visiva, o meglio, iconografica, viene a trovarsi in un ruolo non di supremazia rispetto all’espressione orale ma, sostituendosi ad essa, rende possibile qualificare l’immagine come mezzo espressivo al pari della parola. Così lo sperimentalismo di Calvino ci mostra come i mezzi espressivi utilizzati dalle varie arti risultino intercambiabili: lo stesso concetto può essere comunicato in varie forme, con sistemi espressivi del tutto differenti, ma manterrà del tutto immutato il suo significato più profondo.
di Noemi Cinti
Scrivi