Alcuni ricercatori di Zurigo hanno sviluppato un modo per simulare la velocità di elaborazione del cervello su un microchip.
In uno studio recentemente pubblicato su PNAS (July 2013), hanno assemblato un chip “neuromorfo” per costruire un sistema di elaborazione sensoriale computerizzato. Ma cosa significa chip neuromorfo?
Lo sviluppo dei dispositivi neuromorfi, iniziato negli anni ’90, mira a emulare funzioni sensoriali e cognitive espresse nel sistema nervoso, attraverso circuiti microelettronici che riproducono in forma semplificata la struttura e la dinamica di neuroni e sinapsi che costituiscono la rete nervosa naturale. Questo approccio, diverso per obiettivi e strumenti da quello classico dell’intelligenza artificiale, è sviluppato da una comunità scientifica nuova ed eterogenea, in cui si integrano competenze in neuroscienze, elettronica, fisica e matematica.
A differenza di molte simulazioni al computer di reti neurali e di elaborazione del cervello – che sono di grandi dimensioni, energivori e costosi – il chip neuromorfo dunque è stato progettato per imitare realisticamente le interazioni tra le sinapsi, che sono gli spazi collegamento tra due neuroni e rendono possibile la comunicazione.
I ricercatori hanno poi combinato i chip in reti neurali realistiche per completare un compito che richiede una memoria a breve termine e processo decisionale complesso.
Gli scienziati sostengono che questi chip potrebbero essere utilizzati un giorno per costruire migliori retine e cornee artificiali, oltre a dare agli scienziati una migliore comprensione di come funzionano le reti neurali. Le reti neurali (artificiali) sono dei modelli matematici che simulano il comportamento biologico della cellula nervosa. Una materia sicuramente complessa ma affascinante.
Riprendendo il tema dell’Intelligenza Artificiale, affrontato precedentemente, è importante mettere in evidenza alcuni fattori importanti.
Due grossi problemi che i ricercatori dell’Intelligenza Artificiale hanno riscontrato durante la loro sperimentazione sono: l’esplosione combinatoria e la complessità delle situazioni reali.
Il primo problema deriva dal fatto che per rappresentare le possibili azioni che il calcolatore può effettuare bisogna attribuire ad ognuna di esse una rappresentazione simbolica, a questi simboli si aggiungono quelli che indicano le possibili conseguenze.
Ma siccome ad ogni azione la configurazione del problema cambia è facile capire che si vengono a creare un numero di possibilità elevatissime, ecco perché si parla di esplosione combinatoria. Il secondo problema è dovuto al fatto che gli uomini si trovano a fronteggiare una situazione con informazioni incomplete dell’ambiente in cui devono operare, con una imprecisione dei dati a disposizione e con reale limite della capacità di calcolo, caratteristiche difficilmente riproducibili.
Dr. Gherardo Tosi
Psicologo Psicoterapeuta
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Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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