Peter Norman: il coraggio della protesta

Quella che vedete qui sopra è una delle fotografie più famose del secolo scorso. Ritrae, da destra a sinistra, John Carlos, Tommie Smith, entrambi statunitensi, e Peter Norman, australiano.

Era il 1968 e l’immagine ritrae il podio della finale dei 200 metri piani dei giochi olimpici. Quella gara la vince Smith (19’83” – primo atleta ad abbassare il tempo di gara sotto i 20 secondi) davanti a Norman (20’06”) e Carlos (20’10”). Avevano rispettivamente 24, 26 e 23 anni. Norman , in questa occasione, stabilì il record oceanico, ancora imbattuto, sui 200 metri piani.

Le origini umili

I due atleti americani su questo podio provenivano da realtà difficili. Smith è settimo di undici figli. Suo padre raccoglie cotone in Texas. Carlos è figlio di un calzolaio di Harlem, a Manhattan. Norman, invece, è figlio di un macellaio.

L’anno della contestazione

Il 1968 fu un anno molto particolare. Il 4 aprile, a Memphis, fu assassinato Martin Luther King ed il 5 giugno, a Los Angeles, Robert Kennedy. Il razzismo era radicato nel modo di vivere e di pensare, non solo degli Stati Uniti, ma ovunque.

In questo delicato contesto proviamo per un attimo a non pensare ai due atleti statunitensi; con la testa china in segno di protesta, scalzi (ad indicare la povertà), con una collanina di piccole pietre (ogni pietra rappresenta una persona di colore che si impegna nella lotta a favore dei diritti umani).

Non pensiamo al celeberrimo paio di guanti neri (simbolo del “Black Power”) che i due indossano pugni chiusi, sguardo a terra e braccio al cielo.

Parliamo un attimo dell’altro. Di Peter Norman. E’ stato talmente ignorato, nel corso degli anni, che molte fonti riportano, addirittura, che concluse la gara al terzo e non al secondo posto.

La solidarietà di Peter Norman

Sguardo fiero, braccia lungo i fianchi. Una coccarda con il simbolo dell’Olympic Project for Human Rights sulla giacca. La indossò per solidarizzare con i suoi colleghi. Tra l’altro le paia di guanti che questi ultimi volevano indossare dovevano essere due. Carlos ne dimenticò uno e Norman gli suggerì di dividere l’unico rimasto e di indossarne uno a testa.

E così andarono. Commuovendo, nel corso degli anni, milioni di persone. Nonostante Norman fosse stato il più grande velocista della storia australiana il suo gesto fece scandalo e venne condannato dai media del suo paese.

Il boicottaggio

Si qualificò, brillantemente, per le Olimpiadi del 1972 ma venne escluso dal Comitato Olimpico australiano. Venne continuamente boicottato e la sua carriera agonistica, praticamente, finì lì.

Restò un attivista dei movimenti per i diritti umani per tutta la vita, per il resto della quale, fece l’insegnante. Sulla sua reputazione gravò, per moltissimi anni, il gesto che compì su quel podio. Morì a Melbourne nel 2006 a 64 anni. Per molto tempo ancora, Norman, fu ignorato dai più e solo negli ultimi due decenni l’opinione pubblica ha iniziato a considerarlo diversamente.

La riabilitazione postuma

Sei giorni dopo la sua scomparsa la Federazione Olimpica statunitense proclama il 9 ottobre (data del suo funerale) il “Peter Norman Day”. Smith e Carlos hanno salutato il loro amico per l’ultima volta alle sue esequie; portandone la bara.

Nel 2012 il governo australiano riconobbe, con atto formale, l’importanza di quanto fatto da Norman. Riassumendo liberamente dai documenti ufficiali il governo australiano dichiarò:

1- Il risultato sportivo ottenuto è da ritenersi straordinario e conferisce prestigio allo sport australiano;

2- Ammette il coraggio dimostrato per il suo gesto, compiuto insieme a Smith e Carlos, ed il suo impegno nella lotta a favore dei diritti umani;

3- Il Comitato Olimpico si scusa per averlo escluso dalle Olimpiadi del 1972 nonostante si fosse qualificato in più di un’occasione;

4- Il Governo riconosce in modo tardivo il suo ruolo nel promuovere l’uguaglianza di razza.

Quest’uomo ha vissuto la sua vita dopo questo nobile gesto venendo boicottato, diffamato ed escluso. Non ha mai saputo della riabilitazione, postuma, della sua immagine da parte del suo paese.

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