Abbiamo già conosciuto John Locke nella nostra ultima pillola e oggi lo “disturberemo” nuovamente in un breve, ma necessario confronto, con il filosofo irlandese George Berkeley (1685 – 1753).
Secondo quest’ultimo, ciò che cessa di essere osservato smette anche di esistere. Se nessun intelletto ha coscienza dell’articolo che state leggendo, vorrà dire che l’articolo non esiste. L’articolo non è altro che un insieme di concetti nella vostra mente e non qualcosa che va oltre la mente stessa. La nozione stessa di mondo esterno, per Berkeley, è priva di significato.
Definito come idealista (colui che crede che tutte le cose esistenti siano idee) ed immaterialista (colui che nega l’esistenza degli oggetti fisici e materiali), era affascinato dalla relazione tra apparenza e realtà e criticava il modo in cui John Locke riteneva che i nostri pensieri si rapportassero al mondo.
Locke pensava che se si guarda un elefante, ciò che vediamo non è il vero elefante, ma una rappresentazione; un’immagine mentale. Qualcosa di simile alla raffigurazione di un elefante. Locke usava il termine idea intendendo qualsiasi tipo di pensiero o di percezione. Guardando un elefante grigio, l’essere grigio non può essere un qualcosa nell’elefante. Questo essere grigio potrebbe apparire completamente diverso sotto un’altra luce. Si tratta perciò di una qualità secondaria prodotta da tanti fattori differenti.
Locke riteneva anche che il mondo esterno, quello descritto dagli scienziati, esistesse, seppure noi lo conosciamo solo indirettamente. Credeva nell’esistenza del mondo reale: era, pertanto, un realista. Un mondo reale che, indipendentemente da noi, continua ad esistere. La difficoltà di Locke era sapere come questo mondo fosse.
Le nostre idee delle qualità primarie come forma e dimensione, sono secondo lui delle buone immagini della realtà.
Ed essendo anche un empirista (coloro che credono nell’esperienza come fonte di tutte le nostre conoscenze) avrebbe necessitato di una valida dimostrazione a sostegno dell’affermazione che le idee di qualità primaria somigliano al mondo reale. Soprattutto perché, per sua stessa ammissione, non era possibile averne una conoscenza diretta. Berkeley si riteneva più coerente.
Secondo quest’ultimo, noi percepiamo direttamente il mondo. Pertanto il mondo non consiste che di idee e della totalità delle nostre esperienze: niente di più. Il mondo (e qualsiasi cosa esso comprende) esiste solo nella mente delle persone. Qualunque cosa che viviamo come esperienza o come pensiero, esiste solo nelle nostre menti.
“Se un albero cade nella foresta e nessuno è lì e può ascoltarlo, questo farà realmente rumore”?
“Essere equivale ad essere percepito”.
Scrivi