Preghiera, digiuno, elemosina, riconciliazione, penitenza sono tutte dimensioni che per il loro significato si legano strettamente al periodo quaresimale e la Chiesa ci aiuta a raggiungere l’alta meta della nostra conversione proprio attraverso queste precise indicazioni.
Pertanto, desideriamo prepararci adeguatamente al giorno di Pasqua per vivere nella gioia l’incontro con il Cristo Risorto. Anche se l’attuale cultura consumistica, ma soprattutto l’inconsapevolezza dilagante del vivere in maniera frettolosa non ci educa a vivere l’autenticità di questo incontro, noi cristiani, pur combattendo in mezzo a tante tempeste, vogliamo prepararci lo stesso a vivere la Pasqua; sarà questa una forte testimonianza per la nostra società che già da molto tempo, secolarizzandosi sempre più, ha smarrito il senso di Dio e delle realtà ultraterrene.
È bello poter disporre, quindi, la nostra anima, l’interiorità, i sentimenti, tutto il corpo ad incontrare il Crocifisso Risorto, perché, carissimi, questa sarà la nostra Pasqua: un incontro gioioso con Lui, un appuntamento che, se vogliamo, potrà cambiare la nostra esistenza, trasformarci e renderci come Lui, “risorti” a nuova vita. Voglia il Signore in questa Quaresima concederci questo dono così singolare, assieme a quello altrettanto prezioso della nostra conversione! Per comprendere il passo evangelico dell’odierna domenica, la prima del periodo quaresimale (Mc1, 12-15), dobbiamo prima sfogliare le pagine che ci narrano del Battesimo di Gesù nel fiume Giordano.
Dopo questo gesto emblematico, infatti, Gesù, condotto dallo Spirito Santo si porta nel deserto. Il deserto, cari fratelli e sorelle, è il luogo della prova, rappresenta simbolicamente il momento dei nostri ostacoli e delle difficoltà. Coloro che si avviano in queste distese così aride, spesso sabbiose e prive di acqua e di vita, difficilmente potranno vivere se non posseggono scorte di cibo a sufficienza. Le scorte dei cristiani per sopravvivere alle difficoltà della vita quotidiana sono la fiducia in Dio che non condanna niente e nessuno e l’abbandono al suo amore fatto di misericordia e di perdono infinito. Gesù rimase nel deserto per la durata di quaranta giorni.
Il numero quaranta, che ricorre di frequente nelle pagine bibliche, è l’immagine di tutta una vita, di una generazione ma può indicare pure “il tempo necessario” per portare a compimento un progetto. Ricordiamo, a proposito, i 40 giorni del diluvio, quelli di Mosè sul monte, quelli di Elia, i 40 anni del popolo d’Israele, ecc. E nel deserto Gesù viene tentato da Satana. La I domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione il tema della tentazione. Gesù si mette sulla nostra strada e attraverso la prova delle tentazioni sperimenta gli stessi ostacoli e le medesime difficoltà di ogni uomo. Nel testo di Marco le tentazioni non sono elencate come negli altri Vangeli; l’intento dell’evangelista è quello di comunicarci che tutta la vita di Gesù è stata seriamente provata. Le sue tentazioni, carissimi, ci parlano anche delle nostre crisi: la disperazione, la sfiducia, la seduzione, le attrattive mondane sono dimensioni che hanno la loro origine in Satana e facilmente, perciò, possono portarci anche alla perdita della fede.
Occorre vigilare e stare attenti perché la tentazione minaccia fondamentalmente la radice della nostra indole rappresentata dalla felicità. Dio, infatti, ci ha creati per essere felici e nessuna realtà al mondo potrà mai sottrarci un così grande privilegio. È chiaro, dunque, che Satana quando ci tenta vuole distoglierci dalla felicità, vuole renderci infelici e disperati, come è accaduto per Adamo che, ingannato dalla donna e dal serpente, ha rifiutato la gioia di godere della presenza di Dio per tutti i giorni della sua vita. Nel paradiso, infatti, prima di peccare egli era così felice che “stava a contatto con ogni genere di animali” (cf libro della Genesi). Anche Gesù, che però è il nuovo Adamo, “stava nel deserto con le bestie selvatiche” (Mc1, 13) e queste non gli recavano alcun danno.
Giunto al termine dei 40 giorni, Gesù inizia la sua missione di predicatore, annunciando di città in città la vicinanza del regno di Dio, un Regno cioè, che è qui, a fianco a me, in mezzo a tutti noi, a portata di uomo. E a tale annuncio si aggiunge anche il cuore del messaggio quaresimale: “Convertitevi” (Mc1, 15), cioè, abbandonate l’uomo vecchio, “quello fatto di passioni, desideri cattivi e quell’avarizia insaziabile che è idolatria” (Col 3,5). Convertirsi in un mondo come il nostro significa “andare contro corrente”, non alla moda ma contro la moda, cambiare mentalità; vuol dire, in sintesi, cambiar vita sui passi di Gesù e non sui passi di Satana. Ed in questo noi, purtroppo, pecchiamo. Dalla Sacra Scrittura ci è rivelato che Dio ha sempre cercato di fare alleanza con l’uomo, tante volte ed in diversi modi. Purtroppo, la “dura cervice” ha sempre spinto l’uomo al tradimento e all’infedeltà.
E lo sappiamo benissimo, perché anche noi quotidianamente ne facciamo esperienza diretta con i nostri peccati. Al termine della nostra riflessione, cosa ricaviamo per noi dalla parola di Dio? Direi: la fiducia e l’abbandono totale nel Signore, quindi, la felicità. Possa il Signore tenderci le sue mani e ascoltare la nostra voce perché, come abbiamo pregato nella preghiera Colletta di questa Domenica, “in questo tempo che egli ci dona si possa compiere la nostra vera conversione”.
Frà Frisina
foto: sacrocuore74.altervista.org
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