Quando si tratta di leggi, le chiacchiere da bar lasciano il tempo che trovano.
La legge Scelba (n. 645 del 1952) contiene le norme di attuazione della XII disposizione transitoria della Costituzione e condanna una serie di condotte descritte negli artt. 1, 2, 4 e 5.
L’art. 1 così recita:“Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.
La descrizione di queste condotte, che, unitamente a quelle contenute negli altri articoli, integrano i reati di riorganizzazione del partito fascista, di apologia del fascismo e di illecite manifestazioni fasciste e naziste, è chiara. L’unico aspetto discutibile attiene ai due punti in cui si fa un uso alquanto disinvolto del concetto di esaltazione. Il primo: “[…]esaltando, minacciando od usando violenza […]”. Esaltare è verbo transitivo e, dunque, senza un complemento oggetto (esaltando chi o cosa?), ha poco senso. Il secondo: “[…] esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi […]”. In questo caso il complemento oggetto c’è, ma l’ampio significato proprio del verbo suggerisce un’oggettiva difficoltà a circoscrivere la condotta penalmente perseguibile, soprattutto alla luce dell’art. 4, dove tale divieto sembrerebbe rivolto anche al singolo: “Chiunque fa propaganda per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito […]. Alla stessa pena soggiace CHI pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche […]”. Negli anni Cinquanta, questione più volte dibattuta anche nei cosiddetti “anni di piombo”, fu sollevata un’importante questione di legittimità costituzionale, rispetto a quest’ultima norma, perché se ne denunciò il contrasto con l’art. 21 della Costituzione, che sancisce il diritto per tutti (e non per tutti tranne i fascisti) di manifestare liberamente il proprio pensiero, e con l’art. 3 della Costituzione, che vuole tutti i cittadini dotati di pari dignità sociale ed eguali davanti alla legge senza distinzioni di opinioni politiche.
L’impasse effettivamente c’era e fu risolta dalla Corte Costituzionale con la storica sentenza n. 1 del 1957, ove fu sancito che NON integra gli estremi del reato di apologia la “mera difesa elogiativa” del fascismo, a meno che non conduca a riorganizzazione del partito fascista. Un’interpretazione perfettamente logica, visti gli artt. 21 e 3 della Costituzione e scevra degli inutili sofismi elaborati da chi afferma che l’ideologia fascista non è un’opinione, ma solo un’esaltazione della violenza. E’ uno scudo debole quello di chi si trincera dietro parole ad effetto, evitando di approfondire i concetti con impegno ed apertura mentale nell’approccio storico-politico. L’ideologia fascista può non essere condivisibile, ma è comunque un’ideologia e, come tale, può legittimamente essere esternata.
Percorrendo i sentieri della Storia con onestà intellettuale, fuori da tabù e prevenzioni, capita di incontrare sia il fascista nostalgico che parla bene dei suoi tempi, sia il politologo senza pregiudizi, sia il non fascista favorevole ad alcune azioni di Mussolini, com’è il caso, ad esempio, di Israel Corrado Debenedetti, ebreo discriminato ed imprigionato dai fascisti, il quale, nel corso di un recente Convegno sugli Ebrei Italiani ed il Sionismo, ha raccontato con ammirazione di quando Mussolini, ormai in procinto di fuggire a Salò, spedì 3.000 ebrei nel campo di Ferramonti, invece che a Bolzano dove erano destinati, salvandoli tutti da sicuro sterminio nei lager. “E’ veramente una cosa straordinaria: Mussolini li ha salvati!” esclama. Orbene, avremmo, forse, dovuto arrestare il sig. Debenedetti e chi l’ha applaudito per apologia del fascismo, avendo egli, in qualche modo, esaltato Mussolini? La risposta è no. Non è stato punito e non avremmo potuto punirlo per una semplice ragione: come spiegato dalla Corte Costituzionale, l’art. 4 L. 645/52 non può essere applicato ad ogni discorso, scritto, opinione personale sul fascismo e su Mussolini. Sono solo le condotte volte ad instaurare attività di gruppo di stampo fascista o nazista a rappresentare quell’allarme sociale cui la legge del ’52 ricollega la sanzione. Diversamente, verrebbe violato uno dei principi cardine della democrazia, poiché verrebbe censurata la diversificazione ideologica, mettendo in pratica ciò che la stessa L. 645/52 condanna, ossia la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione.
Oggi la questione torna alla ribalta poiché, con il ddl Fiano, si vorrebbe introdurre l’art. 293 bis c.p., rubricato come Propaganda del regime fascista e nazista, a mezzo del quale verrebbe ad essere punita la condotta del singolo, il quale “faccia propaganda di immagini o contenuti propri del regime fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie anche solo mediante produzione, distribuzione e vendita di beni che raffigurino persone, immagini o simboli chiaramente riferibili a tali partiti ed ideologie; richiami pubblicamente la simbologia del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie”. Evitiamo di soffermarci sul finneganese giuridico, prosa mai elegante, e valutiamo la portata penalistica di una simile norma.
Se si volesse punire l’istigazione a raggrupparsi per tentare la ricostituzione del partito fascista, condotta sanzionata dalla L. 645/52, la norma apparirebbe chiaramente pleonastica. Ma il pleonasmo colpirebbe la nuova norma anche se volesse solo imbavagliare chiunque esterni pubblici pensieri positivi sul fascismo e sul nazismo, poiché anche questo è già stato scritto nell’art. 4 L. 645/52 e la Corte Costituzionale ha detto come interpretarlo. Quindi c’è da pensare che lo scopo di tutta questa strenua attività legislativa sia quello di aggirare l’interpretazione restrittiva della Corte Costituzionale, promulgando una norma-clone sulla quale la Corte non si è (ancora) pronunciata, oltre, ovviamente, a sollevare, attraverso la disinformazione che spesso caratterizza il passaparola sui social, un polverone ideologico che torni a far parlare di certi argomenti nell’esatto modo in cui si vuole che se ne parli.
L’art. 4 della legge del 1952 usa correttamente il termine propaganda, finalizzandolo all’associazione di stampo fascista; nel nuovo art. 293 bis c.p., invece, vi si sussumono idee, opinioni, esternazioni. Dobbiamo credere, dunque, che commetta reato la vecchietta che, mentre fa la fila alla posta, esclama il classico “si stava meglio quando si stava peggio”; o che reo sia chi esterni soddisfazione per avere la possibilità di fare sport al Foro Italico, di lavorare a Cinecittà o di studiare a La Sapienza, dicendo “meno male che Mussolini ha costruito questi complessi”. Forse si vuole punire solo chi afferma che Mussolini è stato un grande politico. Un’opinione che trova concordi alcuni, lascia indifferenti altri, fa inorridire molti, ma che è pur sempre un’opinione. Se così fosse, dietro il termine propaganda si verrebbe ad abolire la libertà di parola, la possibilità di avere un’opinione e dovremmo bandire dalle nostre biblioteche anche molti libri di storia, compresi quelli di Winston Churchill, perché egli disse e scrisse più volte che Mussolini fu un grandissimo stratega.
La norma che si vuole introdurre, però, non si ferma alle opinioni. Ritiene propaganda anche la produzione, la distribuzione e la vendita di beni riferibili al fascismo.
Verranno, dunque, chiusi i musei, come Piana delle Orme, che raccolgono materiale del Ventennio? Forse no, visto che il museo è un veicolo di cultura, altrimenti dovremmo strappare e bruciare in pubblica piazza anche libri e filmati, resuscitando l’Indice. Se i musei resteranno aperti, quale sarà il punto di discrimine tra questi ed il collezionista? E come faranno gli stessi musei ad acquistare materiale sul fascismo se è proibito venderlo?
Se un domani volessi donare ad un museo le medaglie che mio nonno ha conquistato nelle due guerre mondiali, o la collezione di monete antiche di mio padre, tra le quali figurano anche quelle del Ventennio con il fascio, commetterei reato? E potrei ancora trovare in vendita i libri degli anni Venti, Trenta e Quaranta, che recano la data di pubblicazione secondo l’era fascista? Od ancora, ragionando per assurdo, sarà possibile acquistare e vendere, a Roma, appartamenti dell’Eur e del Flaminio? Potranno vendere ed acquistare immobili gli abitanti di Latina? Tutti quei palazzi sono oggetti (grossi oggetti) del periodo fascista, testimoni dell’architettura dell’epoca. Chi volesse vendere la propria casa, esaltandone stile, robustezza e solidità, farebbe indiretta propaganda al fascismo? L’on. Boldrini ha in questi giorni affermato che alcuni potrebbero sentirsi offesi di fronte ad un manufatto fascista. E’ ben possibile, ma, per evitarlo, dovremmo buttare giù e ricostruire gran parte di Roma. Non è che, forse, stiamo spendendo i soldi dei contribuenti per discutere una legge che punisca il gestore di uno stabilimento balneare, od i ragazzetti che hanno una medaglia con l’aquila come portachiavi, o pubblicano sui social la foto di una croce celtica? Davvero pensiamo che costoro possano rappresentare un pericolo per la società o fare proselitismo al punto da restaurare il fascismo in Italia? Forse paventiamo che possano cedere a comportamenti violenti, ma apposite norme, già vigenti, sono poste a difesa del cittadino a fronte anche del solo tentativo. Qualora, invece, si voglia colpire un partito politico che milita sotto l’egida del fascio, allora è sempre e solo alla L. 645/52 che si deve fare riferimento. Ed è una legge che esiste già, da più di sessant’anni.
Questo ddl a me sembra una reazione impaurita ad una lieve riemersione delle destre europee. Come tutte le reazioni impaurite, mostra debolezza e, nella debolezza, incapacità a presentare programmi degni di guardare al futuro, sicché si impiegano molte risorse a bloccare ogni ritorno al passato, duplicando norme esistenti pur di affermare d’aver fatto qualcosa. Come diceva Leo Longanesi, è una strana democrazia quella che si vede costretta ad impedire ad alcuni di rimpiangere un dittatore.
Cancellare un pezzo del passato, come hanno fatto alcuni faraoni, scolpendo i propri cartigli sui cartigli dei predecessori e proibendo anche solo di parlarne, non è manifestazione di democrazia e rappresenta un pericolosissimo precedente.
La storia italiana è costellata anche di personaggi sanguinari e di condottieri guerrafondai; molti di loro furono Papi. Non ditemi che, nel prossimo futuro, si rischierà d’essere puniti per apologia od illecita propaganda anche a parlare della famiglia Borgia, poiché, al pari di Leonardo da Vinci, ho difeso e difenderò sempre il grande Cesare e la sua lunghissima campagna militare per l’unificazione d’Italia, benché di lui non si possa, certo, dire che abbia brillato per democrazia e non violenza.
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