Esposto del Comitato del No all’Agcom per l’esagerata esposizione mediatica del premier: violata la par condicio.
A due settimane del referendum sulla costituzione la battaglia politica diventa sempre più dura e volgare. Il premier Matteo Renzi, promotore del SI, accusa gli avversari di essere “un’accozzaglia politica”. Da Roberto Speranza, ex capogruppo del gruppo parlamentare Pd alla Camera dei deputati, arriva il primo commento: «La solita arroganza di Renzi, come fu per il ciaone al referendum sulle trivelle». Di Maio, M5s: «La vecchia politica andrà a casa ».
Noi, per cominciare, riportiamo la definizione che il dizionario Treccani da di “accozzaglia : f. [der. di accozzare]. – Turba confusa di persone spregevoli, o massa discordante di cose: a. di gente varia d’età e di sesso (Manzoni); un’a. di loschi individui; a. di oggetti di ogni genere.”
Quindi il premier, sostenitore legittimo del movimento pro Si ma prima ancora rappresentante di tutti gli italiani, parlando ieri in Basilicata ad un incontro di suoi sostenitori, ha sostanzialmente accusato gli avversari, cioè milioni di concittadini, di essere una “turba confusa di persone spregevoli”. Diciamo che ieri il Presidente del Consiglio oltre ad essere stato arrogante, come sostiene Speranza, è stato anche molto offensivo.
Dimenticando di considerare le persone spregevoli che affollano il suo schieramento favorevole al Si, ha fatto proiettare sullo schermo del teatro che ha ospitato il suo incontro, una slide con un collage di alcuni personaggi, sostenitori del No: D’Alema, Brunetta, De Mita, Zagrebelsky, Dini, Grillo e Monti. Omettendo però dal depliant il volto di Silvio Berlusconi. Perché lui no? Forse perché dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre Renzi punta alla nascita del partito della nazione e al coinvolgimento nello stesso degli elettori di Forza Italia; ergo, offendendo l’ex cavaliere si sarebbe precluso questa possibilità. Anche se Renato Brunetta, voce autorevole di FI, favorevole al No come la gran parte dei forzisti, ha commentato l’uscita del segretario del Pd con un laconico «roba da Ventennio fascista».
Ma veniamo agli scenari post referendum.
Con la vittoria del Si, ci sarebbe inevitabilmente un rimpasto del governo, per permettere al nuovo esecutivo di arrivare con un vigore “nuovo” alle prossime elezioni contro la Lega e il M5s, sempre più forti e agguerriti; una spaccatura ancora più profonda del Partito Democratico, con probabile scissione delle due correnti primarie; la nascita del PdN. Nel nuovo movimento si troverebbero insieme parte degli elettori del Pd, parte di FI, l’Area Popolare di Alfano, l’Ala di Verdini, diversi indipendenti fuoriusciti dai vari partiti di origine e l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, attuale Presidente della Commissione Esteri del Senato. Cosa dire? Una coalizione eterogenea guidata da un insieme di statisti di tutto rispetto.
Con la vittoria del No, credo che si andrebbe molto probabilmente e più semplicemente ad elezioni anticipate, con l’Italicum voluto dallo stesso premier a garantire la pluralità delle forze minori in Parlamento. Renzi dovrebbe dimettersi perché, oltre ad aver personalizzato il referendum e ad aver detto più volte lui stesso che si sarebbe dimesso in caso di vittoria del fronte del No, se non lo facesse si troverebbe a capo di un esecutivo politicamente abbattuto, ottenuto, a febbraio 2014, dopo Monti e Letta, per la terza volta senza legittimazione popolare; guiderebbe un governo sostenuto da un Partito Democratico spaccato, con una minoranza (?) interna che ad ogni votazione parlamentare avrebbe contro a prescindere; poi darebbe valore alle sue stesse parole quando, prima di essere nominato Presidente del Consiglio dall’ex Presidente Napolitano, sosteneva che bisognava governare soltanto con la legittimazione del popolo.
Inoltre con la vittoria del No si potrebbe pensare ad una nuova modifica costituzionale condivisa da tutti e non soltanto da alcuni.
di Enzo Di Stasio
Scrivi