Per il Governo Renzi è appena cominciato l’esame d’ammissione all’Ue e gli impegni sembrano assai fitti e impegnativi.
Sabato ha incontrato Hollande a Parigi, oggi dovrà esporre le sue tesi alla Merkel e tra il 20 e il 21 incontrerà i suoi colleghi europei, appassionatamente riuniti per decidere delle nuove politiche in vista delle europee e non solo.
Renzi non avrà certo la vita facile, anche perché come sappiamo la Troika composta da Fmi-Bce-Ue, (appena sanzionata dal Parlamento europeo per gli effetti boomerang dell’austerity verso i Paesi indebitati) l’ha accolto in maniera assai tiepida.
La Commissione europea (ovvero il governo europeo non eletto), infatti sembrerebbe favorevole al programma che Renzi ha presentato mercoledì alla stampa, mentre la Bce storce il naso e la Fmi non si è ancora pronunciata.
Ecco nel dettaglio le richieste:
La Commissione europea pretende che l’Italia risani il debito pubblico, cresciuto ad oltre il 133% sul Prodotto interno lordo.
La Banca centrale di Mario Goldman Sachs Draghi ha chiesto di ridurre il disavanzo dal 3% attuale al 2,6% (il livello minimo previsto dal Patto di Stabilità che impone di agire per azzerarlo nei prossimi cinque anni) ed ha invece bacchettato il duetto Renzi-Padoan, (lungi dall’essere paragonato a Letta-Saccomanni o alla coppia Monti-Grilli), puntualizzando che Il taglio del cuneo fiscale del 10% va bene in teoria, ma bisogna far seguire le parole ai fatti.
Draghi è stato categorico in questo senso e ha precisato “Dovete mantenere gli impegni! Pure la vostra richiesta di non vedere conteggiati nel disavanzo gli investimenti per opere infrastrutturali è tutta da valutare.”
Come dargli torto? Del resto in Italia spesso s’iniziano grandi costruzioni che poi non vedranno mai la luce e che minano la stabilità della moneta stessa. “Con tali premesse”- tuona Draghi- “ l’Italia non può chiedere se prima non avrà dato”.
Draghi ha pertanto ammonito Renzi a varare tutte quelle misure chieste dalla tecnocrazia anglofona, quali ad esempio: privatizzazioni delle aziende pubbliche tipo Eni, Enel e Finmeccanica; lo smantellamento dello Stato sociale e la privatizzazione dei sistemi pensionistici.
Insomma Renzi dovrà capire forza di causa maggiore, che le decisioni si prendono a Bruxelles e forse ci penserà Padoan a formarlo mentalmente, visto che ha lavorato all’Ocse e al Fondo monetario internazionale.
Detto ciò, quello che allarma i benpensanti è il modo attraverso il quale Renzi pensa di reperire le coperture necessarie per attuare alcuni punti cardine del suo programma, ovvero come ottenere sgravi fiscali sugli stipendi ai lavoratori, sconti d’imposta (Irap) alle imprese e tutte le altre chimere che ha esposto entusiasticamente ai media.
Verrebbe da pensare che le regalie da lui promesse siano solo dei contentini preelettorali, dal momento che il premier intende imporre una serie di tasse “mascherate”, come quelle locali o ai prelievi sulle pensioni, necessarie a suo dire, per risanare la spesa pubblica.
Ricordiamo infatti che Maastricht ha imposto dei vincoli iperliberisti dai quali non è facile liberarsi e che limitano fortemente la sovranità nazionale.
Spieghiamo meglio l’equazione: l’euro è una moneta emessa da poche banche private a credito verso gli enti finanziari che la coniano e a debito verso i cittadini, ergo non esiste una banca pubblica che controlla l’emissione del denaro e si faccia da garante nei confronti del popolo.
Quali interessi avrebbe dunque il privato? Il bene sociale o le sue tasche?
Pensiamo a un Marchionne che delocalizza le imprese per utilizzare manodopera a basso costo, pensiamo agli inesistenti controlli fiscali nei paesi offshore, pensiamo alle miriadi di riforme che annullano ogni diritto ai lavoratori e probabilmente avremo un’idea di cosa succederà se continueremo ad accondiscendere al diktat della spregiudicata finanza liberista.
di Simona Mazza
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