Domenica scorsa la liturgia ci ha fatto meditare sulla vita eterna. Oggi invece, scopriamo le dinamiche che spiegano il passaggio da questo mondo all’altro. E Gesù ce le illustra proprio nel Vangelo di questa Domenica: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze. Sarete traditi persino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici” (Lc 21, 10.16). “E quando succederà tutto questo?” – domandano a Gesù. Se consideriamo gli ultimi accadimenti, una risposta da parte nostra forse, potrebbe essere possibile. Guerre, attentati, violenza, calamità naturali, fame, epidemie, delitti, inquinamento, disagi familiari, forse non ci fanno pensare ad un’imminente fine del mondo? Ma è pur vero, carissimi, – e non dico nulla di nuovo – che la storia è un continuo ripetersi di vicende ed esse oggi, a differenza del passato, producono tanta eco perché i mezzi di comunicazione attuali sono particolarmente rapidi, efficaci ed efficienti. Tuttavia questo mondo finirà e nessuno sarà mai in grado di rivelarne il momento. E allora, che fare, dobbiamo rassegnarci Le parole di Gesù invece, invitano a non avere paura e ad affrontare le difficoltà, le incomprensioni e persino le persecuzioni con fiducia, perseverando nella fede in Lui. “Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni – dice il Signore – non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine” (Lc 21, 9). I primi cristiani, memori di questa esortazione, vivevano quotidianamente nell’attesa del ritorno del Signore, scrutando i segni dei tempi e difendendo le promesse di Gesù da ricorrenti messianismi che anche all’epoca annunciavano una presunta fine del mondo. In realtà, la storia ed il tempo procedono, non si arrestano e a questa inesorabile corsa del tempo, è stata sottoposta anche la storia umana di Gesù. Ecco perché l’oggi storico che noi viviamo è lo stesso vissuto da Gesù; proprio in questo solco di storia Dio ha manifestato a noi il suo disegno di salvezza. Ce lo ricorda l’Apostolo ai Galati che a proposito scrive così: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5). Un grande mistero che la Chiesa ancora oggi, sostenuta dallo Spirito Santo, continua ad annunciare, servendosi di tre validissimi strumenti: la predicazione, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza. Cari fratelli e sorelle, aderiamo all’invito di Gesù che ci chiede di affrontare la quotidianità confidando nell’amore provvidente di Dio. Rivestiamoci di entusiasmo, sempre, anche quando la vita si presenta ardua e difficile. Gesù Cristo, che con la sua risurrezione ha vinto le nostre precarietà, ha redento anche il mondo e la sua storia perché Egli ne è “l’alfa e l’omega, il principio e la fine” (Ap 1, 8) Allo stesso modo, accogliamo anche l’invito di Malachia che nella prima lettura ci esorta ad essere “Cultori del nome di Dio” (Mal 3,20) per sposare ogni giorno la causa del bene e rigettare sempre quella del male. Ahime! Il fuoco della fornace menzionato nella prima lettura indica la punizione a cui saranno destinati tutti i malvagi. Da questi versetti, carissimi, si coglie anche un principio universale, quello della responsabilità che ciascuno di noi è chiamato ad esercitare nei confronti dell’altro, di Dio e di se stesso. Ciascuno di noi dinanzi a Dio è responsabile della salvezza del fratello. Il Signore, oggi come allora, continua ad interpellarci: “Caino, dov’è tuo fratello Abele?” (Gn 4) La seconda lettura ci offre uno spunto diverso per la nostra riflessione. Con S. Paolo salpiamo in Grecia, a Tessalonica, che all’epoca sentiva forte l’attesa del ritorno del Signore. Ma qualcosa non andava: il Signore infatti – al contrario di quanto si diceva – non era ancora ritornato e non si pensava più che ciò potesse avvenire a breve scadenza. E quindi alcuni, presi da un forte scoraggiamento rifiutano di compiere il bene e di impegnarsi, con il lavoro, nella vita sociale e comunitaria. C’è un chiaro riferimento al lavoro che Paolo ha sempre svolto parallelamente alla sua attività evangelizzatrice. All’epoca il lavoro era considerato come l’unico mezzo per guadagnarsi da vivere in modo decoroso. Per i cristiani, ancora oggi è così, e a questa prospettiva si aggiunge anche che il lavoro serve a tutelare la dignità della persona e per contribuire al progresso della grande famiglia umana. Nel lavoro infatti, si esercitano i valori tipicamente cristiani della solidarietà e dell’amore vicendevole, stabilendo così una robusta piattaforma per la diffusione del vangelo. Abbiamo visto che la liturgia di questa Domenica è molto ricca di spunti per il cammino spirituale del popolo di Dio. Ci accompagni in questo pellegrinaggio terreno Maria SS.ma. A Lei chiediamo di sostenere la testimonianza di tutti i cristiani, perché essa poggi sempre su una fede salda e perseverante.
Fra Frisina
Scrivi