Continua il nostro viaggio settimanale nella “Roma Scordata”, ovvero una serie di servizi sui beni artistici dimenticati o sulle opere incompiute della capitale.
Come teniamo a precisare questi nostri servizi non vogliono essere una critica all’amministrazione capitolina ma un pungolo ad intervenire sui luoghi simbolo dell’incuria o dell’abbandono.
Questa volta le nostre attenzioni sono andate sulla bellissima Villa Celimontana, al Celio, che si trova nei pressi delle Terme di Caracalla. Già prima di entrare nel parco l’occhio va alla bellissima fontana della Navicella, dinanzi alla Basilica di Santa Maria in Domnica, scultura trasformata in fontana nel 1931, che rappresenta una galera romana, in marmo bianco e travertino. Ebbene la fontana è asciutta, come purtroppo lo sono molte altre fontane pregevolissime della città eterna che attraggono tanto i turisti che da tutto il mondo ce le invidiano. Entrando poi nella villa la prima cosa che si nota sono alcune panchine stabilmente occupate da senza tetto. Accanto a loro stracci e sporcizia che andrebbero rimosse al più presto.
Camminando sui bellissimi vialetti si possono notare una serie di altre belle fontane, una a pochi passi dall’altra, irrimediabilmente chiuse. E, come dicemmo quando ci occupammo delle fontane in zona Borgo, anche esse asciutte, se l’aver chiuso l’erogazione di acqua era giustificato dalla siccità di questa estate non si comprende il perdurare di queste carenza di acqua erogata, stante le copiose piovute di questa primavera. Addentrandoci poi nella villa notiamo con disappunto vaste aree recintate e quindi interdette ai visitatori. Si tratta di luoghi pregevoli con altri manufatti artistici, lasciati nel più completo abbandono. Ci colpisce lo stato miserando di una fontana imbrattata con vernice.
Andando poi a cercare nei nostri archivi ci risulta che di questo stato miserando di manutenzione della villa Celimontana se ne occupò l’associazione Robin Hood ben tre anni fa. Questa associazione, in difesa dei diritti dei cittadini, puntava anch’essa l’indice sulla fontana deturpata da disegni e scritte e ne informava comune e sovrintendenza con lettere e fax. Quindi non si tratta di uno scempio recente ma datato. Questo rende ancora più colpevoli gli organi istituzionali che dovrebbero sovraintendere al decoro urbano che, seppure informati, non sono intervenuti dopo tre anni a restituire dignità ad un bene architettonico così deteriorato.
Proseguendo la passeggiata nella villa notiamo altre zone recintate con cartelli di pericolo. Osservandoli bene notiamo che dalla ruggine e dalla loro vetustà, si tratta sicuramente di cartelli apposti molto tempo addietro a riprova che a Roma non esiste nulla di più definitivo di situazioni provvisorie, come appunto dovrebbe essere un segnale di pericolo che, stante l’eventuale nocumento all’incolumità pubblica, dovrebbe essere rimosso al più presto dopo aver eseguito quei lavori necessari al ripristino della fruibilità o sicurezza.
Davvero una tristezza infinita a vedere non valorizzato il verde pubblico e i pregevoli manufatti che dovrebbero essere il nostro vanto.
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