Anche la terza serata del Festival è andata, per fortuna, e ne mancano solo due alla fine di questa struggente agonia. No, non sono ironica: sono affranta.
Io che amo il Festival, io che me lo sono sorbito da sempre, con conduzioni noiose e con altre gradevoli, con canzoni mediocri ed altre memorabili, con tempi sbagliati o con tempi lunghi (tempi giusti, a Sanremo, mai), io, quest’anno, ho il cuore infranto: questo Festival è tremendo.
È vero che le aspettative erano alte: l’edizione del 2018 era stata prossima alla perfezione, Claudio Baglioni non aveva sbagliato niente. Le canzoni, come sempre, erano un po’ belle e un po’ brutte ma ci sta, è anche questione di gusti; la conduzione era perfetta, tra l’eleganza di Baglioni, la simpatia spigliata della Hunziker, e la maschia presenza di Favino, una rivelazione sotto molti, molti profili. Erano perfetti.
Quest’anno è rimasta solo l’eleganza di Baglioni, sugli altri due co-conduttori c’è da calare un velo.
Perchè, porelli, non è colpa loro ma io, ormai, li odio: non lo posso più vedere Bisio, che si muove sul palco con il garbo di un domatore di tigri, gli mettessero un frustino in mano sarebbe perfetto al circo.
E la Raffaele, di lei vedo solo che parla storcendo la bocca: ma perchè? E poi perchè la vestono così male? Non le stanno bene quegli abiti senza spalle, lei le spalle non le ha! E ho capito che ha le gambe lunghe e snelle, tutta la mia invidia, per carità, però è il palco dell’Ariston, mettetele un vestito, non un copricostume come quello che indossava ieri. Aveva ragione la Vanoni “ma tu sei in mutande” le ha detto ed è stato uno dei pochi momenti in cui io, dal divano, ho applaudito.
Non voglio scrivere degli sketch tra Bisio e la Raffaele, uno peggio dell’altro e non se ne sentiva proprio il bisogno. Sarebbe stato meglio dare spazio alle canzoni.
Oddio. Le canzoni.
Sì, sì, lo so, me lo dico anche io, non sono un critico musicale, la musica va conosciuta, certo, però non sempre è questione di gusti. Avete ascoltato Achille Lauro? Bè, fatelo e poi ditemi. E non è il solo.
Ero sul divano con il fazzoletto in mano, chè è dura trattenere le lacrime di fronte a questa edizione, quando mi scrive il mio amico Luca:
“Motta mi mette allegria solo a vederlo. Vedo lui e tutti i miei problemi si ridimensionano”.
Voi potreste dire “ma chi è Motta?” Ecco, se vedrete uno che, a guardarlo, penserete immediatamente a “La Patente” di Pirandello e avrete voglia di fare gli scongiuri, quello è Motta. Lo potreste riconoscere anche ad occhi chiusi: non sa cantare.
Questo Festival scorre così, tra canzoni improbabili e stacchetti tristissimi.
Claudio (Baglioni, ovviamente), perchè? Perchè mi hai fatto questo? Io, lo sai, ti amo da sempre, macchè dico ti amo, io ti venero proprio e tu mi ricambi così? Passi che hai riesumato Patty Pravo, che almeno uno resta affascinato a guardarla, passi che ci hai fatto scoprire i Boomdabash, che potevamo vivere anche senza, passino pure i The Zen Circus, che ancora non ho la più pallida idea di chi siano, ma pure Motta? E lo hai anche fatto cantare a fine serata, così uno va a letto con la sua immagine memorizzata? Già dormo poco, capisci che questo non mi ha aiutato per niente, vero? Peggio di me, alla fine del Festival, dormono solo i poveracci che siedono nelle prime quattro file. Quelli non solo vedono tutto da vicino, ma vengono di continuo sballottati a destra e sinistra, letteralmente: siedono, infatti, su di una piattaforma mobile che, spesso, viene separata in due tronconi che si aprono per lasciare spazio al centro e poi si richiudono. Come essere in nave. Mi viene la nausea solo a pensarci.
Quando ieri sera ho acceso la tv, rassegnata al mio destino di spettatrice, ho pensato “almeno mi consolerò con Venditti”. E anche lì, vorrei dire al regista, ma era proprio necessario indulgere in prolungati primi piani? Al di là della mia idiosincrasia per gli uomini tinti (Venditti rientra a pieno titolo tra i catramati), insomma, bastava inquadrarlo un po’ più da lontano, chè il mio nipotino è scoppiato a piangere a vederlo.
Come dite? Non è bello fare battute sull’estetica?
E no, è bello eccome! A parte il fatto che gli uomini ne hanno sempre fatte sulle donne, quindi adesso, per par condicio, rivendico lo stesso diritto, ma poi io non ce l’ho con i belli o con i brutti, io ce l’ho con quelli che lo fanno apposta! Perchè, tornando a Motta, lui lo fa apposta a vestirsi da jettatore mentre Venditti è un altro di quelli che non si arrendono all’età.
Sì, lo so, invecchiare non va più di moda. Ne ho avuta chiara percezione quando, qualche tempo fa, un uomo, pure decisamente fascinoso, mi ha detto:
“Di te mi hanno colpito i capelli” e se vedeste come non mi pettino gli dareste ragione, “il sorriso” e questo è un classico “e le rughe”… ed io mi sto ancora domandando se sottendesse “minchia, come stai messa male!” oppure fosse piacevolmente colpito dai segni della mia pelle. Oggi va di moda cancellarli. Guardavo la Vanoni e devo dire che, bocca a parte, sta messa meglio di me, ha meno rughe attorno agli occhi.
Vabbè, io rivendico il mio diritto alle rughe, anche se non me ne sarebbero servite di nuove e questo Festival sta mettendo a dura prova la mia pelle (piangere non fa bene).
Tanto, lo so, resterò lì, incollata alla tv fino a sabato, chè l’amore è amore ed io, comunque sia, Sanremo lo amo.
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