«È in te, spirito mio, che misuro il tempo» scrive Sant’Agostino nel libro XI delle sue Confessioni (397-401). Una frase impregnata di misticismo cristiano che tuttavia nasconde una riflessione sul tempo estremamente moderna. Cos’è il tempo? Come si misura? Ne esiste uno solo oppure ogni individuo ha il suo? Domande da teoria della relatività che il filosofo si pone prima del Mille, addirittura prima ancora di quel fatidico 476 d.C che ha segnato il passaggio tra Età Antica e Medioevo.
La risposta è che ognuno misura il tempo sulla scorta della propria percezione, e quindi non esistono un passato, un presente e un futuro unici per tutti. Almeno, non nel mondo dell’uomo. «L’impressione che le cose producono in te al loro passaggio e che perdura dopo il loro passaggio, è quanto io misuro, presente, e non già le cose che passano, per produrla; è quanto misuro allorché misuro il tempo». Con queste parole Sant’Agostino ci dice che anche se ogni cosa ha la sua causa e i suoi effetti, se non conosciamo la causa, per noi esisteranno solo la cosa e gli effetti. Questo perché il passato coincide con la memoria, così come il futuro coincide con l’attesa del futuro.
Memoria, attesa e attenzione
Ciò che sta fuori dalla memoria e dalle attese dell’individuo sta anche fuori dal suo spirito, e quindi dal suo tempo. «Chi nega che il futuro non esista ancora? Tuttavia esiste già nello spirito dell’attesa del futuro. E chi nega che il passato non esiste più? Tuttavia esiste ancora nello spirito la memoria del passato». Il resto è oblio perché non può essere né richiamato né immaginato nel presente. Presente che a sua volta coincide con l’attenzione e che conserva e sintetizza le altre due dimensioni temporali.
L’attenzione è irregolare e mobile, e così la memoria, le attese per il futuro, lo spirito umano che le contiene tutte e tre e le fa scivolare l’una nell’altra. «Ma come diminuirebbe e si consumerebbe il futuro, che ancora non è, e come crescerebbe il passato, che non è più, se non per l’esistenza nello spirito, autore di questa operazione, dei tre momenti dell’attesa dell’attenzione e della memoria? Così l’oggetto dell’attesa fatto oggetto dell’attenzione passa nella memoria». Ogni cosa nel pensiero agostiniano diventa fluida e come liquido denso passa attraverso i filtri della percezione e della conoscenza umana prendendo forme diverse a seconda della camera in cui si deposita.
Tempo relativo e tempo assoluto
Si può parlare dunque di tempo relativo o interiore. Più o meno il corrispettivo del tempo minore teorizzato da Bergson secoli e secoli dopo. Quella di Sant’Agostino è un’intuizione fondamentale che sta alla base di tutti gli sviluppi futuri del pensiero soggettivo e che rafforza l’idea dell’incompletezza dell’uomo di fronte alla perfezione di Dio. Se l’individuo è relativo, Dio è l’assoluto. Se l’uomo è mobile e transitorio, Dio è immutabile e eterno. Ed è a questa eternità che, secondo la concezione agostiniana, la particella-uomo aspira a tornare. Il Creatore è concepito come un mosaico e gli uomini sono tante tessere sparse, ognuna delle quali contiene una minima parte del disegno.
Tuttavia, anche se vi partecipano tutte, da nessuna delle tessere è possibile dedurre il disegno completo. Ma è proprio la contemplazione dell’intero mosaico l’aspirazione ultima di Sant’Agostino. Lo dichiara apertamente quando afferma: «Io mi sono schiantato sui tempi, di cui ignoro l’ordine, e i miei pensieri, queste intime viscere della mia anima, sono dilaniati da molteplicità tumultuose. Fino al giorno in cui, purificato e liquefatto dal fuoco del tuo amore, confluirò in te. Allora mi stabilizzerò e consoliderò in te nella mia forma, la tua verità». Al di là della devozione, è un istinto connaturato all’uomo quello a cui il Santo dà voce. In fondo chi è che, indipendentemente dalla fede, non vorrebbe avere un quadro completo della vita da cui estrapolare il senso?
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