Il 13 febbraio di 480 anni fa, la regina Catherine Howard, che fu la quinta moglie di Enrico VIII d’Inghilterra, venne decapitata a Londra per ordine del marito che ne aveva scoperto il tradimento.
Proprio da lui, ovvero dal “leggendario” monarca della dinastia Tudor, noto alla storia soprattutto per aver avuto sei mogli e – per tale ragione – per essere stato il fautore della frattura del sistema cattolico attraverso scisma anglicano. Per sposare in seconde nozze Anna Bolena, infatti, Enrico VIII cercò inutilmente di ottenere la dichiarazione di nullità della bolla papale, ossia della lettera del Papa che autorizzò il matrimonio con la prima cattolicissima moglie Caterina d’Aragona, figlia della famosa regina Isabella di Castiglia che finanziò con le tre caravelle il tentativo di Cristoforo Colombo di scoprire la via marittima per le Indie.
Come andò
A fronte del rifiuto da parte del Papa di consentirgli un nuovi matrimoni (di fatto negando il divorzio come del resto oggi ancora è), Enrico VIII decise di interrompere ogni rapporto con la Chiesa di Roma e diede vita alla nuova Chiesa Anglicana, autonoma dal pontefice e autoreferenziale; dalla metà del 500, infatti, il Re d’Inghilterra è anche il capo della Chiesa Anglicana .
Nonostante il dissenso di molti – tra il quali il filosofo Tommaso Moro che rivestiva la carica di Lord Cancelliere – si celebrarono quindi le seconde nozze tra Enrico e la bellissima Anna, riconosciuta ufficialmente come Regina e che diede alla luce la futura erede al trono, la grandissima regina Elisabetta I d’Inghilterra, tosta come sua madre.
Difatti, in una sorta di femminismo politico ante litteram, Elisabetta mantenne l’anglicanesimo paterno e regnò a lungo dopo la morte della sventurata sorellastra Maria la Sanguinaria, figlia della prima moglie Caterina e nota come “Bloody Mary” (donde il nome del rosso cocktail a base di succo di pomodoro) che fece giustiziare almeno trecento oppositori religiosi nel vano tentativo di restaurare cattolicesimo in Inghilterra dopo la morte del padre.
Ma che fine ha fatto Anna Bolena?
Dopo la nascita della principessina Elisabetta, nel disperato tentativo di procreare figli maschi, Anna ebbe altre gravidanze che si conclusero però con aborti spontanei o con bambini nati morti; alla fine non fu più in grado di continuare a tentare.
Per via del suo carattere indisponente, osteggiata dal Lord Cancelliere Thomas Cromwell che sostituì Tommaso Moro per volere del re, fu prima indagata e poi arrestata per lesa maestà e alto tradimento, poi rinchiusa nella Torre di Londra e poi giustiziata – anziché col rogo – con decapitazione a mezzo di una spada (in luogo della solita scure per maggior “delicatezza” verso di lei).
Ma nel frattempo, il focoso Enrico aveva già iniziato a corteggiare la dama di corte della seconda moglie, ovvero la giovane e affascinante Jane Seymour, più mite di carattere, di buon senso e di famiglia fertile, oltre che più nobile di Anna che era di matrice cortigiana.
Jane Seymour e il figlio maschio
Si sposarono dopo pochi giorni dall’esecuzione della regina Anna e Jane Seymour fu l’unica delle sei mogli di Enrico VIII a concepire il figlio maschio erede al trono, Edoardo VI che, però, morì quindicenne, seguito a pochi giorni di distanza dalla madre.
Compianta da tutto il popolo, se pur dopo un solo anno di regno, la morte di Jane turbò anche il re che perse l’unica donna che gli aveva dato l’erede maschio e, chissà, forse la donna della quale era realmente innamorato per la fedeltà dimostrata.
La delusione per Anna di Cléves
Giunge il turno di Anna di Cléves, sorella di un pastore protestante. Enrico, però, ingannato dall’attraente ritratto della donna dipinto da un importante artista dell’epoca, rimase profondamente deluso dal vero aspetto della donna, decisamente bruttina e dai rudi modi tedeschi, ben diversi da quelli raffinati delle precedenti mogli.
Il quarto matrimonio durò quindi soltanto sei mesi ma, per ragioni di natura politica, il re convinse questa regina ad annullare il matrimonio, facendole dichiarare che esso non era mai stato consumato; per questo, Anna venne ricompensata con l’attribuzione di un buffo titolo nobiliare, “amatissima sorella del re”, oltre a ricevere una cospicua rendita annua e una serie di tenute immobiliari.
Pare che la mancanza di amore abbia favorito la donna che visse molto felicemente e a lungo ed anche alle ultime due mogli del sovrano.
Caterina Howard, l’adolescente decapitata
Se quindi la fedeltà coniugale non è mai stata una prerogativa di Enrico VIII, ecco in arrivo la quinta moglie che gliene farà invece vedere delle belle: alla soglia dei cinquant’anni, Enrico sposa la splendida, giovanissima e disinvolta diciassettenne Caterina Howard.
L’esuberante e vogliosa fanciulla era già stata la dama di compagnia della sorella di Anna di Clèves, nonché prima cugina della irrequieta seconda moglie Anna Bolena; caratterialmente non da meno di lei, venne accertato che tradisse Enrico mediante contemporanee relazioni extraconiugali.
Dei due principali amanti con cui tradiva il re (che poi vennero giustiziati insieme a lei), il primo, tale Deheram, sosteneva addirittura di esserne il legittimo marito mentre il secondo, Thomas Culpeper, era proprio uno dei cortigiani favoriti del re.
Ingenua e vivace, trascorse la propria infanzia e adolescenza nella residenza di Lambeth dove Agnes Tylney, duchessa di Norfolk, si occupava della sua educazione insieme a quella di altre giovinette, ma viveva in povertà perché il padre, Lord Edmund, colmo di debiti e non poté far carriera; ragione per cui le possibili nozze regali della figlia rappresentarono per tutta la famiglia un’irripetibile opportunità economica.
Ma Enrico, che si innamorò pazzamente di Caterina, la sposò senza conoscere i suoi movimentati trascorsi amorosi, tra cui la relazione con il suo maestro di musica quando era ancora nella residenza della sua duchessa educatrice; ecco perché non era per lei difficile catturare le attenzioni sessuali del re, il quale, vedendola così fresca e audace, aveva la capacità di riportarlo indietro negli anni, rendendolo vivace come non era da tempo.
Non essendo innamorata del re, ormai anziano, obeso e poco seducente, la giovane e frivola quanto ingenua regina non solo frequentava intimamente il suo cortigiano noncurante dei testimoni, ma aveva anche cominciato a scrivergli lettere d’amore.
Quando venne a galla il tradimento, era ormai troppo tardi.
Nonostante la promessa di graziosa misericordia con annullamento delle nozze e allontanamento dalla corte, la malcapitata non ebbe la forza di ammettere le proprie colpe e cadde nel panico professandosi innocente commettendo il fatale errore che le costò la vita.
Caterina, che all’epoca non aveva nemmeno vent’anni, si presentò al patibolo sorretta fino all’ultimo per la terribile prostrazione e venne decapitata insieme alla sua ancella Jane Rochford, colpevole di aver organizzato gli incontri segreti tra la regina e Culpeper. Era il 13 febbraio 1542.
Il sesto matrimonio con Caterina Parr
Dopo la dolorosa ma meritata esperienza del tradimento coniugale, Enrico ebbe il coraggio di sposarsi per la sesta volta. Sposò la ricca vedova Caterina Parr, donna colta e dal carattere volitivo che, paradossalmente, si scontrava con Enrico VIII per motivi religiosi: essendo lei protestante non poteva aver messo in conto il fatto che il marito, nell’intimo, fosse ancora profondamente cattolico.
Ben consigliata, onde evitare sorprese patibolari, fece credere al marito che le animate discussioni fossero solo il pretesto per crearsi il piacere di ascoltarlo grazie alle sue (reali?) doti retoriche.
Da vera regina, sopravvisse all’ultimo matrimonio di questo inquieto e sanguinario re maschilista, anche adoperandosi per riconciliarlo con le uniche due figlie che diventarono, entrambe, regine d’Inghilterra.
Chi di donna ferisce, di donna perisce!
Fonte foto: welt.de
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