Cesare Serviatti non ha una data di nascita precisa: chi dice sia nato nel 1875 chi nel 1880. Lo stesso dicasi per la sua città natale: alcune cronache dicono Subiaco altre Roma. Di certo si sa che iniziò a lavorare come macellaio e poi come infermiere presso il Policlinico di Roma e fu licenziato per aver maltrattato alcuni pazienti.
La sua attività criminale cominciò nel 1928 quando decise di mettere degli annunci matrimoniali per la ricerca di un’anima gemella, possibilmente in buone condizioni economiche. La prima persona circuita fu una certa Pasqua Bartolini. Serviatti la corteggiò fino a quando lei accettò di passare una notte con lui, presso una pensione a La Spezia che lui gestiva.
Durante il sonno, Serviatti la strangolò. Sembra, come lui stesso confessò durante il processo, che anche dopo morta lui avesse abusato sessualmente del suo corpo e che gli piacesse pranzare e cenare vicino al suo cadavere. Terminato questo rituale, la ridusse in pezzi che gettò in un pozzo nero vicino allo scantinato della sua pensione. Nessun parente o familiare della vittima ne denunciò la sparizione.
Dopo un paio di anni, Serviatti si trasferì a Roma dove ricominciò i suoi perversi adescamenti con nuovi annunci matrimoniali su vari giornali. Anche questa volta un’altra donna abboccò: si chiamava Bice Margarucci, venne accoltellata decapitata, ed il corpo sezionato e gettato nel Tevere. I pezzi vennero ripescati in mare ma nessuno identificò la vittima.
Due anni dopo, nel novembre 1932, presso la stazione di Napoli, su di un treno giunto da La Spezia venne rivenuta una valigia abbandonata; una volta aperta si scoprì che conteneva il corpo diviso a pezzi di una donna. Quasi contemporaneamente, presso la stazione Termini di Roma, sempre in una valigia, vennero ritrovate parti di un corpo femminile. Le indagini furono affidate al Vice commissario Mario Stefano Silverio Musco della Questura Centrale di Roma.
Si iniziò con la ricerca di persone scomparse nelle città di La Spezia, Roma e Napoli. Una donna si presentò e poi identificò il cadavere della terza vittima. Si trattava di Paolina Gorietti di 40 anni. La testimone dichiarò che la sua amica le aveva confidato di essere in contatto con un uomo che le aveva promesso di sposarla e che si era decisa a raggiungerlo a Roma, appunto.
Ed in questa città, in via Principe Amedeo venne arrestato il presunto killer, che sulle prime negò ogni responsabilità ma di fronte alle testimonianze crollò e cominciò a confessare, fornendo ogni efferato particolare. Al Commissario dichiarò di aver ucciso cinque donne però la polizia identificò soltanto le tre vittime citate. Delle altre due non verranno mai ritrovati i corpi.
Il Serviatti invocò l’infermità mentale adducendo a pretesto di “essere stato spinto da una forza misteriosa” come dichiarò al processo, ma la lucida pianificazione degli adescamenti, i lunghi corteggiamenti, l’esecuzione premeditata degli omicidi fecero escludere ai giudici che fosse incapace di intendere e volere ed il Tribunale lo condannò alla pena di morte tramite fucilazione. Il movente dei delitti era meramente economico: appropriarsi dei beni lasciati dalle donne uccise.
La stampa soprannominò Cesare Serviatti il “Macellaio di Roma” o il “Landru del Tevere”(un killer francese che aveva usato lo stesso modus operandi del nostro assassino). Il Serviatti venne fucilato il 13 ottobre 1933 da un plotone di esecuzione nel poligono militare di Chiara Vecchia nel comune di Sarzana dopo che il Re aveva respinto la sua domanda di grazia.
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