Il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ex sindaco di Salemi, ha dichiarato di aver denunciato il leader delle Agende Rosse Salvatore Borsellino (fratello del giudice Paolo), per vilipendio al Capo dello Stato.
Nell’escalation di affermazioni ha inoltre scritto su ” il Giornale” che le minacce di morte contro il magistrato Nino Di Matteo, da parte del boss Riina sarebbero infondate. “Riina non è, se non nelle intenzioni, nemico di Di Matteo. Nei fatti è suo complice” ha dichiarato Sgarbi.
La scintilla che ha fatto scattare l’ira funesta di Sgarbi, sarebbe una dichiarazione di Salvatore Borsellino, che ha definito Giorgio Napolitano ” il garante della Trattativa Stato-Mafia”.
Sgarbi ha portato avanti l’art. 278 del Codice Penale, che recita: “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Il critico ha pertanto enfatizzato “Io sto con Napolitano! Salvatore Borsellino non ha il diritto, in nome della morte di suo fratello, di fare affermazioni senza fondamento secondo cui da 20 anni Napolitano è il garante della trattativa Stato-Mafia”.
Ebbene, se l’articolo 90 della Costituzione afferma che” il presidente non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne alto tradimento o per attentato alla Costituzione, per cui può essere messo sotto accusa dal Parlamento”, è anche vero che, per i reati commessi al di fuori dello svolgimento delle sue funzioni istituzionali, il presidente è responsabile come qualsiasi cittadino.
Non ci sono gli estremi del reato per Napolitano, ma per tornare a bomba sulla questione della Trattativa e sulle intercettazioni con Mancino, il Presidente potrebbe riferire ai giudici le informazioni a sua disposizione, come un qualsiasi cittadino, non fosse che per una questione morale, dato che da oltre un anno il nostro Paese chiede di conoscere la Verità sulla presunta Trattativa fra lo Stato e la Mafia.
Ricordiamo a questo punto che Napolitano è stato ammesso come teste dell’accusa nel processo in corso a Palermo sul presunto patto e che un anno fa ha ottenuto dalla Consulta la distruzione delle quattro intercettazioni telefoniche in cui conversava con Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza.
In questo scenario surreale si colloca la figura di Salvatore Borsellino che, in qualità di parente di una vittima di Mafia, chiede con insistenza che il Presidente si pronunci e si presenti davanti ai magistrati.
Eppure la sua “umana” sete di Verità viene attaccata senza attenuanti, senza che il dolore per il dramma di aver perso un familiare possa mai essere almeno lenito dalla conoscenza dei fatti.
Per Salvatore Borsellino tuttavia le brutte sorprese non sono finite.
Oltre all’accusa di Sgarbi, il leader di Agende Rosse ha subito delle intimidazioni e il furto di alcuni documenti, trafugati dalla cassaforte della sua abitazione di Arese (Mi), nei giorni compresi tra il 29 dicembre e il 3 gennaio, approfittando della sua assenza.
Borsellino ha dichiarato che si tratta di “Un fatto strano, non certo opera di balordi. Sono stati lasciati oggetti di valore mentre hanno rovistato tra i documenti”.
La cosa più singolare è che non è scattato l’allarme, collegato telefonicamente alla caserma dei carabinieri di Arese.
di Simona Mazza
foto: siciliaedonna.it
Che stronzo…..