Le ventenni Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono state liberate giovedì, dopo essere state rapite nel nord della Siria lo scorso 31 luglio.
A dare la notizia del rilascio sono state fonti vicine ai ribelli. Subito dopo il rimpatrio le donne hanno parlato col procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e con i sostituti Sergio Colaiocco e Francesco Scavo della procura di Roma, presso il comando dei Ros di Via Salaria.
LA STORIA.
Le giovani erano partite in Siria per portare aiuti umanitari con l’ong Horraty (che si occupa di portare appunto assistenza sanitaria in Siria).
Dopo aver attraversato illegalmente il confine tra Turchia e Siria, viste le difficoltà ad entrare in un paese in piena guerra civile, si erano perse le loro tracce presso la città di Abizmu, località vicino Aleppo.
Il territorio è in parte sotto il controllo di Damasco, in parte occupato dall’Esercito Libero Siriano e da sacche di islamisti appartenenti al gruppo qaedista di al-Nusra.
Il RAPIMENTO.
Il rapimento sarebbe avvenuto inizialmente ad opera di una banda di criminali comuni che le avrebbe poi cedute al Fronte al-Nusra, legatosi da qualche mese allo Stato Islamico da un patto di non belligeranza.
Di loro non si erano avute notizie fino al 31 dicembre, quando aveva fatto il giro delle tv un video di 23 secondi, in cui Vanessa e Greta, vestite di nero e a capo coperto, si appellavano al governo italiano, accusandolo di essere responsabile della loro sorte.
Nel video interveniva pure uno dei leader di al-Nusra, Abu Fadel, che aveva rivendicato il rapimento perché Roma “sostiene tutti gli attacchi contro di noi in Siria”.
Dopo la liberazione le donne hanno parlato a lungo con i magistrati che al termine dell’atto istruttorio, hanno proceduto alla secretazione dei verbali, chiedendo alle giovani se avessero inoltre qualche notizia di padre Paolo Dall’Oglio (sequestrato il 29 luglio del 2013 in Siria, dove svolgeva attività di sostegno alla popolazione).
Se alla domanda le giovani non sono state in grado di rispondere, fortunatamente notizie sono arrivate da fonti vicine ad al-Nusra (le stesse che hanno dato la notizia del rilascio di Greta e Vanessa).
Esse hanno riferito che padre Dall’Oglio è vivo, “detenuto in una prigione di Raqqa”, “capitale” del califfato.
Per tornare al riscatto, le ragazze non hanno saputo indicarne le modalità “Non abbiamo elementi sul pagamento di denaro per tornare in libertà”, hanno aggiunto, per poi raccontare dettagliatamente la loro odissea in terra straniera.
“Non abbiamo mai ricevuto minacce dirette di morte non c’è stato un uso sistematico della violenza. Ci sono stati momenti difficili, anche di sconforto ma mai di forte pericolo”.
Impossibile l’identificazione degli aguzzini, ribelli di Al Nusra (ramo siriano di Al Qaeda) che per 5 mesi hanno indossato il velo.
Ovviamente attorno alla vicenda si è scatenata una discussione mediatica che ha spaccato in due l’opinione pubblica, ma soprattutto, come ha sottolineato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nell’informativa alla Camera “Attorno a questo sequestro è gravitata un’ampia serie di personaggi che hanno tentato a più riprese di accreditarsi come mediatori e dalla cui attività di intossicazione si deve una impropria azione di vero e proprio depistaggio, con riferimenti iniziali all’Isis, minacce agli ostaggi e supposti riscatti.
I dibattiti si sono infuocati circa la vera missione delle ragazze e proliferano i giudizi discordanti fra chi le dipinge come “sante” e chi “indemoniate”.
Ma soprattutto è stata criticata la politica del Governo italiano che, secondo alcune fonti, inclusa la tv satellitare Al Aan di Dubai, avrebbe sborsato ad al-Nusra 12 milioni di dollari.
Troppi soldi per due civili, troppa disparità di trattamento con i due Marò, ancora fermi in India, questi sostanzialmente i punti d’accusa.
A difendere strenuamente le ragazze è il volontario che le aveva accompagnate in Siria nell’ambito del progetto umanitario Horryaty “Greta e Vanessa sono due ragazze assolutamente determinate, non sono le ventenni sprovvedute che cercano di dipingere e di far passare attraverso un’opinione pubblica che non le conosce”. “Qualcuno le ha definite anche radical-chic, è questo che mi fa arrabbiare”-continua l’uomo- “è ovvio che vai in un posto dove si rischia un po’ di più che andare al centro commerciale la domenica. Però lo sai e non vai là pensando alle favole. Sei assolutamente consapevole dei rischi che corri ma la voglia e la forza di aiutare delle persone in difficoltà ti muove qualcosa di più grande. Ma non è una cosa che ci fa diventare incoscienti”.
Le ragazze sono state poi scortate fino all’aeroporto di Ciampino in modo da ricongiungersi con i familiari.
I MOTIVI DEL RAPIMENTO.
Pare che le vere motivazioni non si debbano ricercare nel confronto politico con l’Occidente, ma con la necessità di reperire denaro indispensabile alla strategia dei gruppi estremisti che operano nella regione.
Oltre al rientro economico, i gruppi jihadisti hanno la necessità di essere visibili agli occhi dell’opinione pubblica e difatti, molti neofiti sono attirati tra le file del califfato e dei suoi gruppi satellite, dalla forza del messaggio inviato con i rapimenti di occidentali e dai salari versati con quel denaro.
RUOLO DELL’OCCIDENTE.
Il ruolo degli occidentali è quanto mai ambiguo e controproducente. Washington ha infatti deciso di chiudere i ponti con il presidente Assad, e come conseguenza il confine dei territori occupati da Isis e al-Nusra si sta allargando, il califfato si trova a soli 35 km da Aleppo e gli unici in grado di fermare l’avanzata sono i militari di Damasco.
Se si dovesse insistere sul braccio di ferro, la tensione crescerebbe a dismisura.
Non ci resta che attendere le soluzioni negoziali proposte dall’inviato dell’Onu, Staffan de Mistura, che ieri ha annunciato il via a 10 giorni di tregua tra esercito governativo e ribelli nella città di Homs, per portare aiuti umanitari e cibo ad una popolazione allo stremo.
foto: livesicilia.it
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