A Sesto San Giovanni è cominciata la costruzione del «muro anti-rom»

I primi ad arrivare, all’alba, sono stati i poliziotti che in poco tempo hanno sgomberato la trentina di persone che ancora occupavano l’area confinante con l’ex fabbrica Falck. Poi, allo 8,30, è stata la volta degli operai della ditta che si è aggiudicata i lavori e così la costruzione del muro ha preso ufficialmente il via. Una volta Sesto San Giovanni, comune alle porte di Milano, era conosciuta come la Stalingrado d’Italia per la sua fedeltà ai partiti di sinistra. Ora forse verrà ricordata come uno dei primi comuni ad aver sacrificato la propria storia in nome di una presunta sicurezza. Da qualche giorno, infatti, a Sesto San Giovanni è cominciata la costruzione di quello che è stato subito battezzato come il «muro anti-rom», una recinzione che avrà lo scopo di tenere lontane alcune famiglie nomadi da un’area demaniale che occupavano da anni. Il muro, in cemento armato sormontato da una rete grigliata, sarà lungo 500 metri , alto 3 e costerà 192 mila euro. Soldi che il sindaco del Pd Giorgio Oldrini ha ottenuto dal fondo erogato dal ministero degli Interni per la riqualificazione delle aree degradate. «Lo abbiamo dovuto fare per mettere in sicurezza un’area pericolosa perché si trova a ridosso dei binari e vicino a una stazione – ha spiegato Oldrini – Per quanto riguarda le accuse di venire meno alla politica di accoglienza credo che nessuno ci possa insegnare nulla, inoltre abbiamo sempre sostenuto che l’integrazione deve andare di pari passo con il rispetto delle regole e della legalità».  Ecco che ancora una volta un’amministrazione di sinistra si ritrova a rincorrere il centrodestra in nome della sicurezza. Possibile che quei soldi non potessero essere impiegati in maniera diversa, magari pensando, come è successo a Venezia con il sindaco Massimo Cacciari, a un progetto d i integrazione dei rom? Intendiamoci, non che il problema non esistesse. Quella sgomberata ieri mattina è un’area vastissima al confine con Monza e da molti anni era occupata da alcune famiglie rom. Tende montate alla meno peggio, senza acqua né corrente elettrica, da tempo si era trasformata in una specie di discarica. Un’area a rischio, al punto che nel 2008 due bambini rom morirono per essere finiti sotto un treno. Che le cose non potessero andare avanti così era chiaro, anche per rispetto degli abitanti della zona, ormai al limite della sopportazione. Ma che la soluzione scelta sia quella giusta resta da vedere. Entro 90 giorni, stando alle promesse dell’amministrazione di Sesto san Giovanni, il muro sarà edificato e l’area interdetta a tutti. Il problema così sarà risolto, ma i rom dove andranno? Cacciati dall’area confinante con l’ex Falck non potranno fare altro che spostarsi da qualche altra parte. E inol tre. Non avere un posto in cui vivere può essere considerato un atto illegale? Una strada, quella di Sesto San Giovanni, già imboccata dal comune di Milano che, sempre dallo stesso finanziamento messo a disposizione dal Viminale, a quanto pare si è aggiudicato la bellezza di 13 milioni di euro per far sparire dalla città i campi nomadi non autorizzati. Decisioni che non convincono don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità. «Anche noi siamo per la legalità – ha detto nei giorni scorsi -, ma il fatto che il comune di Sesto San Giovanni utilizza soldi per il muro e non per interventi sociali non è bello ed è un segnale». Un brutto segnale, che speriamo non venga preso ad esempio. 

Riccardo Rossini

Foto: www.lasestina.unimi.it

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