Socrate e Platone

Circa 2.400 anni fa, ad Atene, un uomo venne condannato a morte perché faceva troppe domande: si chiamava Socrate. Bene; possiamo tranquillamente asserire che se la filosofia ha un santo patrono, questo è sicuramente lui.

Socrate era un personaggio difficile da inquadrare. Aveva di sicuro un grande carisma ed una mente brillante. I suoi concittadini concordavano sul fatto che uno come lui non si era mai visto e che, probabilmente, non si sarebbe più visto. In poche parole era unico. Ma era anche parecchio scomodo. Le domande di Socrate erano davvero acute, taglienti come rasoi.

Nella conversazione con Eutidemo, Socrate gli chiede se essere disonesti equivale ad essere immorali. Certo, risponde Eutidemo; è una cosa ovvia.

Ma che succede, replica Socrate, se un amico si sente talmente giù da tentare il suicidio e tu gli rubi il pugnale? Non si tratta forse di un’azione disonesta?

Lo è di sicuro. Ma in questo caso non si tratta forse di un’azione morale, invece che immorale? Sarà pure disonesta, ma è sicuramente un’azione buona e non certo cattiva.

Socrate dimostra così, che l’affermazione di Eutidemo secondo cui ingannare corrisponde a commettere un atto immorale, non è sempre valida.

‘Filosofia’ significa ‘amore per la sapienza’.

Per Socrate la sapienza consisteva nel comprendere la vera natura della nostra esistenza ed i limiti delle nostre conoscenze. Ciò che rendeva Socrate tanto saggio era il suo continuare a fare domande e mettere in discussione le proprie idee.

Stranamente per un filosofo, Socrate si rifiutò di lasciare alcunché di scritto. Per lui parlare era molto meglio che scrivere. E dato che si rifiutava di scrivere è fondamentalmente grazie al suo allievo più famoso, Platone, che siamo venuti a conoscenza delle idee e del modo di esporle di quest’uomo così importante.

Platone trascrisse un gran numero di conversazioni tra Socrate ed i suoi interlocutori, noti come “Dialoghi Platonici” e sono eccellenti opere letterarie, oltreché filosofiche.

Una delle idee che si tende a ritenere più di Platone che di Socrate è quella per cui il mondo non è sempre ciò che appare. C’è una significativa differenza tra apparenza e realtà e la maggior parte di noi prende l’una per l’altra. Pensiamo di comprendere la realtà, ma non è così.

Secondo Platone, solo i filosofi sono in grado di capire veramente la realtà: essi arrivano a conoscerne la natura mediante il pensiero, non affidandosi ai sensi.

Per spiegare questo concetto, Platone descrive una caverna immaginaria in cui si trovano delle persone incatenate di fronte ad un muro, sul quale queste persone vedono ombre tremolanti, che credono reali, ma che non lo sono. Si tratta, invece, delle ombre proiettate dagli oggetti, dietro ai quali è acceso un fuoco. Per tutta la vita le persone incatenate nella caverna credono che quelle ombre proiettate sul muro siano il mondo reale. Poi una di loro spezza le catene e si gira verso il fuoco. La sua visione è inizialmente confusa, ma pian piano capisce dove si trova, esce barcollando dalla caverna e riesce finalmente a guardare il sole. Quando rientra nella caverna, nessuno crede a ciò che racconta del mondo all’esterno.

L’uomo che si libera dalle catene è come il filosofo: egli vede al di là delle apparenze.

La gente, in genere, ha una scarsa conoscenza della realtà, perché preferisce accontentarsi di ciò che ha di fronte piuttosto che andare a fondo delle cose con il pensiero. Le apparenze ingannano e ciò che questa gente vede non è la realtà, ma la sua ombra.

La storia della caverna è collegata a quella che è nota come la teoria platonica delle idee. Pensiamo a tutti i cerchi che abbiamo visto nella nostra vita. Ce n’era uno assolutamente perfetto? No; nessuno di essi lo era.

Il cerchio perfetto, secondo Platone, è l’idea o la forma di cerchio. Se si vuole comprendere cosa sia un cerchio, è necessario concentrarsi sull’idea di cerchio e non sui cerchi che siamo capaci di disegnare.

Nel dialogo intitolato “La Repubblica”, la sua opera più famosa, Platone descrive un’immaginaria società perfetta al cui vertice stanno i filosofi.

Atene non riconobbe l’importanza di Socrate come Platone; anzi.

Molti ateniesi pensavano che Socrate costituisse un pericolo ed una minaccia per lo stato.

Così Socrate continua a vivere nei dialoghi di Platone. Quell’uomo problematico, che faceva domande e preferì morire piuttosto che smettere di pensare alla vera natura delle cose, sarebbe stato per sempre fonte di ispirazione per i filosofi.

L’impatto immediato della filosofia socratica si esercitò sui suoi discepoli e dopo la sua morte Platone continuò ad insegnare nello spirito del maestro.

Il suo allievo di gran lunga più influente si chiamava Aristotele e fu un pensatore molto diverso sia da Platone che da Socrate.

Ma di lui parleremo la prossima volta.

di Riccardo Fiori

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