Ti amo ma ti anniento (Viaggio nella violenza psicologica)

violenzapsicologicaimage12Eventi delittuosi si consumano “purtroppo” ogni giorno in contesti familiari che vedono come vittime le donne.

La prima ed immediata riflessione che ci sfiora la mente è se si sarebbe potuto evitare, con un preventivo intervento della famiglia di origine o di amici e conoscenti o se gli stessi ne abbiano mai captato i segnali del disagio. Tali eventi si consumano fra le mura domestiche di famiglie all’apparenza “normali” e, quando la notizia giunge a noi attraverso quotidiani o notiziari televisivi, è ormai tardi.

Potrebbe non essere semplice distinguere e definire la violenza psicologica: è spesso un insieme di atteggiamenti che si insinuano nelle relazioni in modo graduale, finendo per privare la vittima del proprio valore e non sempre è facile da rilevare in modo chiaro. Agisce sull’autostima della stessa e ne manipola lo stato psichico fino a restringerne il campo d’azione.

Frasi come “Ti voglio bene, sei solo mia”, talvolta distruggono e creano una dipendenza da cui è impossibile difendersi. Violenza psicologica perpetuata nel più dei casi per anni: subdola, fondata su intimidazioni, minacce quali “Ti ammazzo”, o ancor peggio “MI ammazzo”, insulti, ricatti, “ti porto via i figli”, svalutazioni sia private che pubbliche, costanti umiliazioni, fino al totale rigetto dell’altro.

La violenza psicologica di tale uomo si inocula ogni giorno in dosi progressive di cattiveria fino a generare nella donna una sorta di assuefazione inducendola al rischio di isolamento ed alla totale dipendenza dal suo aggressore.

Ma chi è quest’ultimo? Un uomo incapace di vivere relazioni paritetiche, con la pulsione a dominare la vittima attraverso il sistematico annientamento di ogni sicurezza. Probabilmente è da considerare anch’egli una vittima in quanto, in mancanza di continue rassicurazioni sul suo valore, tende a cercare le sue certezze usando un comportamento prevaricatore.

Inizialmente la donna si sforza ad essere comprensiva, arrivando anche a giustificare, nella speranza che l’altro cambi. La violenza diventa un filo invisibile che intreccia la sua trama nel tempo, intessendo nella donna un sentimento di “paura”.

Rivolgo il mio messaggio a tutte le donne: Parliamone!!! Divulghiamo costantemente ed assiduamente la “cultura della denuncia”. Usciamo dal guscio dei retaggi culturali che spesso ci attanagliano costringendoci ad essere soggetti passivi. Parliamone… Anche a rischio di non essere credute, di essere derise, giudicate. E’ una “violenza” difficile da dimostrare, non vi sono i lividi ed i segni evidenti e tangibili di un male fisico ma annientano in egual modo.

Amiamoci! Siamo Donne, da sempre protagoniste della storia e nelle piene capacità di “cambiare la nostra storia”.

Ho giurato di non stare in silenzio in qualunque luogo ed in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze ed umiliazioni. Dobbiamo sempre schierarci. La neutralità favorisce l’oppressore mai la vittima. Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato”. Elie Wiesel (Premio Nobel per la Pace)

di Patrizia Capola

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