Il progetto è ancora nelle fasi iniziali, ma a breve sulle sponde torinesi del Po potrebbe nascere un campo di gara destinato alla pesca sportiva. L’ipotesi, avallata dal Comune, ha però incontrato la ferma opposizione dell’Enpa che sottolinea come non ci sia alcuna valida ragione – etica e scientifica – per distinguere tra una forma di pesca “buona” (cattura e successiva liberazione del pesce) e una cattiva (morte dell’animale).
«La pesca sportiva è tutt’altro che indolore – spiega l’Enpa -. L’amo, spesso ingerito, provoca nei pesci gravissime lesioni e lacerazioni, alle quali si aggiunge il soffocamento provocato dall’eradicazione dal loro ambiente naturale. Come se ciò non bastasse, i pesci devono sopportare anche un fortissimo stress causato dal verificarsi di un evento traumatico.» Ma non è tutto. Infatti, quando il pescatore prende in mano la sua preda, finisce spesso per alterare lo strato protettivo che ne protegge le squame, con conseguenze devastanti per la salute dell’animale. Il risultato è che una pratica spesso, presentata da alcuni come “cruelty free” si conclude in molti casi in maniera sicuramente più atroce. Lo testimonia una ricerca dell’Università della Florida, secondo cui i pescatori “sportivi” sono responsabili per la morte del 25% dei pesci di acqua dolce.
Dunque, a differenza di quanto sostiene l’Assessore del Comune di Torino Enzo Lavolta, la reimmissione del pesce vivo in acqua e l’adozione di tutte i possibili accorgimenti del caso non evitano né la sofferenza né, a volte, la morte dell’animale. «Sono sorpresa che il Comune di Torino abbia dato il via libera al progetto. Anche di recente l’amministrazione comunale, e in particolare l’assessore Lavolta con cui abbiamo avuto opinioni coincidenti su tematiche ambientaliste e animaliste, hanno dato prova di grande sensibilità.», commenta il presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi, che aggiunge: «Non in questo caso, però: la realizzazione del campo per la pesca sportiva lascia interdetti e profondamente preoccupati tutti coloro che, come noi, hanno a cuore la sorte degli animali e al tempo stesso l’educazione dei bambini. Del resto il convincimento che i pesci non soffrano deriva dal fatto che, a differenza di altri animali maltrattati, non possono fa sentire la loro voce, perché, si sa i pesci sono muti per antonomasia.»
Fonte: enpa.it
Foto: valbrembanaweb.it
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