Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano testimonierà al processo sulla trattativa Stato/Mafia!
L’udienza si terrà a “porte chiuse”, nelle stanze del Quirinale, alla sola presenza dei giudice della Corte d’Assise, dei magistrati della Procura di Palermo e senza gli altri imputati.
Il Presidente del collegio, Alfredo Montaldo, emanando l’ordinanza che ammette la testimonianza di Napolitano, ha dichiarato“in assenza di norme specifiche, ci atteniamo a quanto dettato dall’articolo 502 del codice di procedura penale”.
Sarà il Colle a comunicare le date utili per fissare il giorno della deposizione del presidente della Repubblica.
Si tratta di una vittoria della Procura palermitana, avvenuta dopo un lungo periodo fatto di reticenze e silenzi, durante il quale il Capo dello Stato era stato più volte citato in giudizio.
La decisione della corte d’assise di Palermo è arrivata come una stilettata, alla fine di un’udienza in cui l’ex presidente del consiglio Ciriaco De Mita è stato ascoltato come teste.
I Pm si sono concentrati in particolar modo sul perché della sostituzione di Vincenzo Scotti con Nicola Mancino alla guida del ministero degli Interni nel giugno 1992, proprio a cavallo tra la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio.
De Mita, all’epoca presidente della Dc e attualmente sindaco di Nusco, ha addirittura fatto uno scivolone temporale, collocando la strage di Via D’Amelio un anno dopo quella di Capaci .
Insomma, a niente è valsa l’opposizione dell’avvocatura di stato e dei legali dell’ex senatore, giudicato colluso con la mafia, Marcello Dell’Utri (uno degli 11 imputati al processo).
Il collegio presieduto da Alfredo Montaldo, che nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo sta processando boss mafiosi, politici e alti ufficiali dei carabinieri, ha infatti deciso di ascoltare il Presidente della Repubblica.
Dal Colle è pertanto arrivata una nota del Presidente, nella quale dichiara “Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza, secondo le modalità da definire, sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso”.
Frase che fa sorridere chi ha un minimo di memoria. Ricordiamo infatti che quando nell’ottobre del 2013 la Corte d’Assise aveva accettato al richiesta avanzata dai pubblici ministeri Teresi, Di Matteo, Del Bene e Tartaglia, Napolitano aveva risposto affermando di non avere grosse novità da raccontare.
I magistrati avevano tuttavia replicato che “la superficialità o irrilevanza di una prova testimoniale deve essere valutata dal giudice, esclusivamente in relazione ai fatti oggetto dell’articolato e alla sua riferibilità al teste indicato e non già in relazione a o in previsione di ciò che il teste medesimo può sapere o non sapere”.
Nell’ordinanza si legge “non si può di certo escludere il diritto di ciascuna parte di chiamare e interrogare un testimone su fatti rilevanti per il processo solo perché quel testimone abbia, in ipotesi anche e persino, in una precedente deposizione testimoniale, escluso di essere informato dei fatti medesimi. E ciò quantomeno al fine di consentire alla parte richiedente di acquisire nel contraddittorio e nelle forme previste, prescritte per il processo, quel contenuto dichiarativo che, seppure negativo, riguardo alla conoscenza di determinati fatti, potrebbe tuttavia assumere una valenza non necessariamente neutra nel contesto delle altre acquisizioni probatorie e della loro valutazione interpretativa”.
Per i giudici insomma, la testimonianza di Napolitano “oltre che ammissibile, è “né superflua né irrilevante”.
In particolare i Pm vogliono chiarimenti sulla lettera ricevuta l’8 giugno del 2012 dal consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, dopo la chiusura dell’indagine sulla trattativa.
In quel periodo D’Ambrosio era amareggiato per le polemiche nate a seguito delle telefonate al Quirinale fatte dall’ex ministro degli Interi Nicola Mancino (accusato di falsa testimonianza nel processo in corso a Palermo).
D’Ambrosio aveva probabilmente intuito di essere stato usato e confidò la sua amarezza in una lettera indirizzata a Napolitano, nella quale spiegava di avere il timore di “essere stato considerato solo un utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo tra il 1989 e il 1993”, ovvero il periodo stragista , quando lavorava presso l’Alto Commissariato antimafia per poi passare al Ministero di Grazia e Giustizia). D’Ambrosio morì improvvisamente dopo poche settimane, lasciando dubbi e aloni circa la sua misteriosa morte.
Napolitano dovrà essere sentito anche sulla lettera inviata nell’aprile 2012 all’allora procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito in cui si esponevano le lamentele dell’ex presidente del Senato.
di Simona Mazza
Foto, infophoto: blogo.it
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