Il 4 marzo 2018 sarà ricordato come una data fondamentale per l’Europa. Combinazione più unica che rara ha voluto che domani, nello stesso giorno in cui in Italia avranno luogo le elezioni, si saprà anche se la Germania avrà un governo di larghe intese, la cosiddetta GroKo, ovvero la Grosse Koalition. Il 4 marzo si conosceranno i risultati del referendum con il quale gli iscritti alla SPD daranno o meno il loro assenso alla Grosse Koalition.
Nonostante manchino ormai poche ore, l’uso del futuro è d’obbligo. Al futuro sono legate incertezze e con queste preoccupazioni, paure ma anche speranze. Quali sorprese ci riserveranno le due votazioni? In Italia la campagna elettorale si è conclusa con gli appelli televisivi e di piazza, dei vari leader politici. Non è stata una campagna elettorale entusiasmante, men che meno edificante.
I fatti di Macerata hanno rappresentato una linea di demarcazione tra una prima fase impostata soprattutto sulle promesse economiche, meno tasse e più elargizioni, fatte a pioggia da quasi tutti i partiti senza preoccuparsi delle necessarie coperture finanziarie e una seconda fase in cui i temi della sicurezza e della migrazione hanno preso il sopravvento e sono stati cavalcati a briglie sciolte dai vari leader, in primis da quelli che hanno fatto delle espulsioni e della chiusura delle frontiere, il proprio cavallo di battaglia.
Tra la prima e la seconda fase è mancato la responsabilità (e in alcuni casi la competenza) per effettuare, in seno ai partiti e alle coalizioni, una analisi approfondita, pacata e seria delle esigenze del paese e dei suoi cittadini, a cominciare dai giovani. Una analisi che partendo da queste esigenze portasse poi alla formulazione di programmi dettagliati, concreti e soprattutto realizzabili. E’ stato fatto? Se sì non ce ne siamo accorti.
Le promesse elettorali dovranno fare i conti con la maturità dei cittadini e con il risultato del voto. Il quale dirà che tipo di Italia vogliono gli italiani e in particolare se vogliono una Italia saldamente legata all’Europa e protagonista del processo di integrazione europeo, o se vogliono un’Italia distaccata e marginale. Il voto dirà anche se saranno possibili delle coalizioni in grado di governare per l’intera legislatura.
In Germania è dal 24 settembre che un governo non ce l’hanno. Le paure dei socialdemocratici della SPD hanno impedito una immediata riedizione del governo di larghe intese (la Grosse Koalition, appunto) che aveva governato nella scorsa legislatura. E’ cominciato un balletto di consultazioni che ha coinvolto prima i delegati territoriali del partito, circa seicento persone, poi l’intera popolazione degli iscritti, circa 467.000 persone. Domani sapremo come avranno votato.
Domani sapremo se il sacrificio di Martin Schulz, che si è dimesso subito dopo il raggiunto accordo con i partiti dell’Unione (CDUe CSU), sarà valso a scongiurare il no alla Grosse Koalition della base del partito. Perché il referendum della SPD sia valido basterà che voti il 20% degli iscritti. Ancora poche ore e sapremo. E vedremo se questo risultato, che verrà dato nel corso della giornata, influenzerà il voto in Italia.
Un altro aspetto che che è interessante sottolineare è che il voto tedesco, ancorché limitato a una percentuale minima della nazione (sulla legittimità del voto si è espressa la corte costituzionale affermando che rientra nelle prerogative dei partiti), riguarda un accordo scritto molto preciso e articolato in ben 179 pagine. Lo hanno chiamato contratto di coalizione. Le 179 pagine contengono le linee guida che si trasformeranno, se il governo nascerà, in leggi e riforme. Il titolo del primo paragrafo è “Una nuova partenza per l’Europa”. Al suo interno ci sono affermazioni di principio, e non solo, che riguardano l’Europa e il suo futuro: “Vogliamo un’Europa di democrazia e solidarietà, di giustizia e legalità, di pace e responsabilità, di investimenti e opportunità”.
Poi vengono via via descritti programmi dei vari comparti in primis quelli relativi alla famiglia, alla scuola e alla formazione al lavoro (il modello tedesco di alternanza scuola-lavoro verrà ulteriormente sostenuto), al lavoro e allo stato sociale e non da ultimi i programmi per la sicurezza e la difesa e quelli afferenti alla politica migratoria e all’integrazione.
Sarebbe bello vedere, all’indomani del voto, che anche in Italia ci sono propositi per realizzare un governo che metta l’Europa al primo posto. E ciò per un motivo semplicissimo. I problemi principali che incombono sulla popolazione italiana coincidono con quelli che riguardano i tedeschi o i francesi o gli spagnoli o gli ungheresi. Sono gli stessi che attanagliano l’umanità intera e il pianeta: inquinamento, clima, energia, sicurezza, terrorismo, migrazione, solo per citarne alcuni.
La dimensione di questi problemi è tale da rendere inimmaginabile la pretesa di risolverli da soli, a livello nazionale. Chi fino ad oggi in campagna elettorale ha affermato di volere più Italia, più nazione, più bandiera tricolore, ha parlato alla pancia e non alla testa degli italiani, mortificandone l’intelligenza. L’Europa è il nostro presente ed è il nostro futuro. Un futuro scritto nella storia del vecchio continente. Oggi dipende da noi, da ciascuno non rallentare il corso della storia.
La speranza di chi scrive è che in cabina elettorale questa consapevolezza si tramuti in maturità e saggezza.
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